Il nome, la storia, il mito
La Chioma di Berenice non è una costellazione antica, ma nonostante questo ha una storia associata.
Il nome della costellazione si riferisce alla regina d'Egitto, Berenice, famosa per la sua capigliatura. Vissuta intorno al III secolo a.C., Berenice, moglie del re Tolomeo III Evergete (dinastia Lagidi), era in apprensione per la sorte di suo marito impegnato in guerra contro Seleuco II di Siria. Fece allora un voto: qualora il marito fosse tornato a casa sano e salvo, avrebbe sacrificato i suoi capelli, massimo simbolo della sua bellezza, all'altare della Vergine. Così fu: Tolomeo tornò dalla guerra e Berenice tagliò i suoi capelli appendendoli nel tempio di Afrodite ed offrendoli così agli dèi, che per manifestare il proprio assenso li trasformarono in brillanti stelle. Secondo una versione una sfumatura è data dal fatto che la chioma appesa all'interno del tempio, dopo pochi giorni scomparve, senza lasciare traccia. Era stata rubata. Un famoso astronomo Conone, riuscì a placare l'ira di Berenice con astuzia: in piena notte cominciò ad urlare come un pazzo, svegliò l'intera città, il re, la regina, e il loro seguito accorsero, e appena si trovò circondato da un pubblico consistente ed ebbe l'attenzione della corte e dei reali, puntando il dito indicò verso il cielo un ammasso di stelle e affermando che il sacrificio della regina era stato così apprezzato dagli dèi e in particolare da Afrodite, che la chioma era stata assurta al cielo, per essere ancora più vicina agli dèi e per essere ammirata quale segno di devozione.
La vita della costellazione è stata dura: introdotta da Eratostene, che fa riferimento prima alla Corona di Arianna e poi ai Riccioli di Berenice, anche la tradizione araba soleva riferirsi a queste stelline con il nome di Al Dafirah (il ricciolo) anche se anticamente erano viste come uno stagno in cui la Gazzella (il nostro Leone Minore) era solito saltare per fuggire al Leone.
La costellazione è anche detta rappresentare il leone della tragica storia di PIramo e Tisbe.
Nelle Metamorfosi di Ovidio (43 a.C.- 17 d.C.) racconta di come i genitori avversassero la loro unione. I due amanti, conversavano segretamente attraverso una fessura nel muro che separava le loro case. Idearono un giorno un piano per incontrarsi fuori città, presso un albero di gelso dalle more bianche. Tisbe arrivò per prima all'appuntamento, ma mentre aspettava Piramo fu minacciata da un leone grondante del sangue di una recente vittima. Nel fuggire il suo velo scivolò ed il leone lo ghermì e lo strappò prima di allontanarsi.
Giunto trafelato, Piramo nel luogo dell'appuntamento, vide a terra il velo di Tisbe, lacerato ed insanguinato, e credette fosse stata divorata dalla belva, che sapeva essere stata avvistata nei dintorni. Incapace di avvisare l'amata, diperato per l'accaduto, sguainò la sua spada e si trafisse a morte. Accorsa sui suoi passi, Tisbe vide il corpo di Piramo giacere a terra morente, si gettò subito sul suo corpo e quando egli spirò, estrasse la spada e si trafisse con la stessa. Il sangue dei due innamorati colorò le more del gelso che da bianche divennero rosse, del colore che hanno ancora oggi. Secondo una versione, per ricordare ai genitori di non ostacolare l'amore dei giovani, Zeus pose in cielo il velo di Tisbe come la Chioma di Berenice, che fluttua presso il Leone.
Nel 1515 un astronomo e matematico, costruttore di globi Jhoannes Schöner, appose il nome "Trica" (in greco "capelli") su un suo globo, senza corredarla di una figurazione. Successivamente, in un altro suo globo (1534) comparvero due diciture accanto al gruppo di stelle, la già utilizzata Trica e Coma Berenices, anche questa volta senza alcuna rappresentazione. Gli esempi simili, legati a globi di diversa fattura, furono diversi, e tutti privi di illustrazione, fino a quando, nel 1551 il cartografo Mercatore, Gerard de Kremer, raffigurò la costellazione in un suo globo: una corona dalla quale calavano leggeri dei ricci fluenti. Era fatta. L'ufficializzazione in un catalogo ci fu nel 1602 con Tycho Brahe, ma solo nel 1700 fu vista davvero come una Chioma visto che ogni tanto si alternavano spighe e rose a rappresentarla.
Osservazione
Posta tra Leone e Bifolco, la costellazione della Chioma di Berenice è rappresentata da deboli stelline poste ad angolo retto, con il vertice posto in alto a sinistra. Più che una costellazione, sembra in effetti un grande e debole ammasso stellare.
Per rintracciarla, si può fare affidamento sulla brillantissima Arturo del Bifolco e spostarsi verso la coda del Leone. Si tratta di una costellazione tipica di Primavera, che passa al meridiano a mezzanotte verso la fine del mese di Aprile.
La costellazione contiene il Polo Nord Galattico.
Una poesia di Catullo facilita il suo ritrovamento: facendo parlare la chioma stessa, le lascia dire 'la dea mi pose nel firmamento, nuova stella fra quelle antiche. Io, sfiorando le costellazioni della Vergine e del furioso Leone, insieme con Callisto volgo a occidente guidando il lento Boote, che solo all'alba s'immerge nel profondo Oceano' (Catullo, Carme 66, v.63.68)
I corpi celesti
La costellazione non è caratterizzata da oggetti celesti che spiccano, basti pensare che le stelle alpha e beta hanno la stessa magnitudine ad occhio nudo e che questa è pari a 4,3.
Si è detto che la costellazione sembra più un ammasso stellare, ed in effetti lo è: molte delle stelle della Coma fanno parte di un ammasso aperto, chiamato Melotte 111. Questo ammasso stellare copre circa 5° di diametro, con una dozzina di stelle oltre la quinta magnitudine.
Anche se invisibili ad occhio nudo, ci sono molti corpi celesti che con un telescopio diventano una bella attrazione: varie galassie appartenenti all'Ammasso della Vergine come M85, M88, M99 ed M100. Notevole è NGC 4565, una bella galassia posta di profilo. Di rilievo è anche un ammasso globulare, catalogato come M53.
In pratica, chi vuole iniziare ad osservare le galassie deve partire da qui, visto che ce ne sono di tutti i tipi per telescopi di media apertura.