Betelgeuse ripresa dal Telescopio Spaziale Hubble
Betelgeuse è la stella alpha della costellazione di Orione, pur non essendo la più luminosa. E' la seconda per brillantezza dopo Rigel, infatti, ma trovandosi a circa 700 anni luce contro i 900 di Rigel la sua luminosità percepita può essere maggiore.
E' una stella talmente grande che il telescopio spaziale Hubble ha potuto risolverne alcuni dettagli superficiali. Talmente grande da avere un diametro che pulsa tra 750 e 1300 milioni di chilometri: se Betelgeuse fosse al posto del nostro Sole, in pratica, occuperebbe una zona che va ben oltre l'orbita della Terra per ospitarla, spingendosi in alcune stime fino all'orbita di Giove. Il problema, uno dei tanti, è che si tratta di una stima molto dibattuta e nel 2020 uno studio ha giocato al ribasso sia per dimensione sia per distanza: Betelgeuse, quindi si estenderebbe per 750 raggi solari giungendo a due terzi dell'orbita di Giove e questo ridurrebbe la distanza a 530 anni luce, circa il 25% più vicina di quanto pensato fino ad allora (Meridith Joyce et al. Standing on the Shoulders of Giants: New Mass and Distance Estimates for Betelgeuse through Combined Evolutionary, Asteroseismic, and Hydrodynamic Simulations with MESA, The Astrophysical Journal - 2020). Lo stesso studio ha analizzato la variabilità della stella indicandola come legata alla fase che Betelgeuse sta attraversando, ovvero l'inizio delle fusioni di elio nel nucleo. Si tratta di una fase che in genere dura più di centomila anni e che poi sfocia nell'esplosione. Le pulsazioni stellari guidate dal meccanismo kappa sono alla base delle continue variazioni di luminosità della stella, con un periodo di 185 giorni e un altro di circa 400 giorni. Proprio in questo ambito si cala, ad esempio, la diminuzione di luminosità del 2020 che vedremo a breve.
La superficie di Betelgeuse prima e dopo il calo di luce.
Crediti: Eso/M. Montargès et al.
Nonostante queste dimensioni enormi, tuttavia, la massa di Betelgeuse non va oltre le 15 masse solari stimate, quindi si tratta di una stella molto rarefatta. Dato il grande diametro, fu possibile stimare il disco di Betelgeuse tramite interferometria. Il risultato fu di 0,047 arcosecondi, più o meno un capello visto da mezzo chilometro di distanza.
Gigante rossa ma anche variabile irregolare, espelle - come detto - una grande quantità di materia creando nuvole di polvere intorno a sé. Il giorno 8 dicembre 2019 la Villanova University pubblica una curva di luce elaborata dall'American Association of Variable Star Observers (AAVSO) che evidenzia una variazione di magnitudine da +0.5 a +1.5. Un calo di luminosità evidente che per una stella come Betelgeuse è del tutto normale se si pensa che la prima variabilità della stella fu notata da Sir John Herschel nel 1836. Beteleuse è anche una binaria spettroscopica con periodo di 2.08 anni e la variabilità della primaria varia normalmente nell'arco di una magnitudine o più, per periodi che variano da un mese a diversi anni. Nel 1985, ad esempio, la luminosità della stella raggiunse quasi la seconda magnitudine. Normale quindi, ma un ottimo spunto per cercare click parlando di una stella che sta per esplodere. Sul fatto che Betelgeuse esploderà prima o poi come supernova Type II non ci sono dubbi, ma si tratta di una fine annunciata entro un milione di anni o, nei casi più favorevoli, entro centomila anni. Accadesse realmente sarebbe una manna dal cielo per l'astronomia della fisica stellare, per le onde gravitazionali di LIGO e per i neutrini di IceCube, ma più probabilmente la stella sta sperimentando un ciclo di luminosità oppure ha espulso una quantità di polvere superiore alla media (è in ogni caso una stella in fin di vita) tale da estinguerne parzialmente la luminosità apparente. Il Very Large Telescope è stato ampiamento utilizzato per studiare il calo di luce della stella a fine 2019 e tra le tantissime immagini ne spicca una ottenuta dallo strumento SPHERE che ne mostra la superficie stellare (ESO). Proprio durante l'affievolimento del 2020 uno studio ha cercato di modellizzare il modo in cui la pulsazione di una stella vada a influenzare l'esplosione finale (Approfondimento). Fatto sta che l'ipotesi di una nube di polvere sembrava inizialmente avallata anche da uno studio del Lowell Observatory, il quale ha misurato una temperatura superficiale media più calda del previsto. L'espulsione di polvere è fenomeno classico delle stelle supergiganti rosse e proprio i grani di polvere con il tempo si raffreddano e si dissipano, ma prima provvedono a bloccare parte della radiazione stellare, assorbendola. Una alternativa prevedeva enormi cellule convettive all'interno della stella, tali da attrarre materiale bollente sulla superficie con conseguente raffreddamento e ricaduta verso l'interno (su stelle come il Sole, le celle convettive sono tantissime ma su supergiganti rosse come Betelgeuse sono gigantesche e si contano in numero di tre o quattro), ma proprio la misurazione della temperatura sembrava spingere verso la presenza di polvere espulsa. Il 14 febbraio 2020 la temperatura è stata misurata in 3325°C, da 50 a 100°C più fredda della temperatura calcolata nel 2004 ma comunque molto più calda rispetto al caso di una enorme bolla convettiva (Emily M. Levesque, Philip Massey. Betelgeuse Just Isn't That Cool: Effective Temperature Alone Cannot Explain the Recent Dimming of Betelgeuse). A metà 2020 tuttavia sembra prendere piede una nuova teoria basata su misurazioni effettive della temperatura superficiale della stella: si tratterebbe di gigantesche macchie stellari, simili a quelle solari ma in grado di coprire dal 50 al 70% della superficie stellare. I dati sono stati presi dall'archivio di Atacama Pathfinder Experiment (APEX) e del James Clerk Maxwell Telescope (JCMT), in grado di misurare le radiazioni submillimetriche della polvere interstellare. Anche in tale banda la stella ha mostrato una diminuzione del 20%, in controtendenza rispetto a un aumento possibile di polvere in orbita. Le leggi fisiche dicono che la luminosità stellare dipende da diametro e temperatura superficiale: se varia il diametro varia anche la luminosità in tutte le lunghezze d'onda mentre se varia la temperatura le diverse lunghezze d'onda vengono influenzate in modo differente. Questo gioca a favore di una riduzione della temperatura superficiale per Betelgeuse, riduzione misurata in circa 200 K. Più probabile è una riduzione asimmetrica di temperatura, con aree di diversa luminosità che riportano proprio a gigantesche macchie stellari (Thavisha E. Dharmawardena et al. Betelgeuse Fainter in the Submillimeter Too: An Analysis of JCMT and APEX Monitoring during the Recent Optical Minimum, The Astrophysical Journal - 2020). Discorso chiuso? Niente affatto e a riaprirlo ci pensano i dati di Hubble Space Telescope (HST) relativi alla riga del magnesio ionizzato osservato nell'ultravioletto, dati che riesumano la teoria della nube di materiale. Da settembre a novembre 2019, infatti, una massa di plasma potrebbe essersi sollevata dalla superficie stellare muovendo verso l'atmosfera più esterna e oltre. Il raffreddamento del materiale in allontanamento ha trasformato il plasma in polvere e proprio questa sarebbe riuscita a rendere meno brillante la stella. Hubble avrebbe osservato il materiale in allontanamento prima della formazione della polvere (The Astrophysical Journal “Spatially Resolved Ultraviolet Spectroscopy of the Great Dimming of Betelgeuse» - Andrea K. Dupree). Anche una pulsazione, tuttavia, potrebbe giustificare l'andamento della luminosità ed infatti anche questa è una pista battuta da altre filosofie. Le pulsazioni sarebbero opera di onde di pressione - essenzialmente onde sonore. Alcuni studi indicano comunque un tempo di almeno 100 mila anni prima dell'esplosione. La prova definitiva a favore della nube di materia viene nel 2021 dal VLT di ESO, il quale ha consentito di osservare una superficie stellare nettamente più scura soprattutto nell'emisfero meridionale. La stella ha prodotto delle bolle di gas e le ha espulse raffreddando la superficie sottostante e facendo condensare il gas in polvere, con i risultati osservati (Nature - “A dusty veil shading Betelgeuse during its Great Dimming” - M. Montargès et al.). Si tratta di un tema molto in vista e quindi viene battuto in continuazione dagli scienziati, anche al limite della pura speculazione: fatto sta che ciò che sembra certo viene ancora messo in discussione e così Agosto 2021 porta di nuovo alla ribalta la teoria della macchia stellare gigante: dagli spettri ad alta risoluzione e dalle righe del titanio e del cianuro in particolare, un team ha mostrato come spessore e durata delle righe stesse siano giustificabili soltanto con una temperatura decisamente più fredda (3476 kelvin registrati il 31 gennaio 2020 prima di risalire a 3646 il 6 aprile successivo). Centosettanta gradi che basterebbero a far apparire la stella più fioca (Nature Communications - “Spectroscopic evidence for a large spot on the dimming Betelgeuse” - Sofya Alexeeva et al).
Analisi della variabilità della stella Betelgeuse tra 2019 e 2020.Credit: ESO/M. Montargès et al
Proprio il suo colore la rende probabilmente la più bella della costellazione: il rossiccio si presenta già ad occhio nudo, ed un telescopio riesce a fornirne una immagine splendida.
La sua massa, piccola relativamente al diametro ma comunque enorme, porterà probabilmente questa stella a terminare la sua vita in maniera disastrosa, come supernova. Sebbene abbia infatti una età pochi milioni di anni, la stella è già arrivata a fine corsa. Quando esploderà, sarà visibile anche in pieno giorno dalla Terra.
Dall'arabo yad al-jauza (spalla del gigante), Betelgeuse rappresenta la spalla orientale del guerriero, e la sua magnitudine varia di 3 decimi di magnitudine nel giro di cinque anni, secondo gli studi di John Herschel del 1840. Quando la luminosità raggiunge il massimo, Betelgeuse riesce ad eguagliare Rigel o Capella, avvicinandosi ad Aldebaran. Solitamente, invece, brilla più o meno come Procione.
A giugno 2017, l'Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) ottiene l'immagine più dettagliata di sempre del disco di Betelgeuse. La stella è stata osservata in molte lunghezze d'onda, soprattutto in visibile, infrarosso e ultravioletto. Il risultato è una immagine che mostra nitidamente i dettagli del disco avvolto in una enorme bolla di plasma, il tutto avvolto da una nube di gas di forma asimmetrica e grande quanto il Sistema Solare. La nube di plasma è originata dalla emissione di materia, mentre la bolla potrebbe essere il prodotto di un immenso moto convettivo che avviene nell'interno stellare.
La massa verrebbe persa dalle calotte polari, forse a causa della rotazione stellare o in seguito a potenti campi magnetici. Anche sulla superficie è stata rinvenuta una gigante bolla e queste strutture aiuteranno a spiegare come stelle in questa fase di vita possano perdere gas e polvere a ritmi tanto sostenuti.
Nell'immagine, ALMA osserva il gas caldo della bassa cromosfera di Betelgeuse a lunghezze sub-millimetriche, dove gli incrementi di temperatura localizzati riescono a spiegare le asimmetrie rilevate.