M 51 ripresa da Valeriano Antonini (Astronomiamo)
La galassia Vortice occupa lo spazio a Nord della costellazione di Canes Venatici, ed è anche nota come M51 secondo il catalogo di Messier.
Si tratta, infatti, di una doppia galassia a spirale scoperta direttamente da Messier nel 1773.
La sua forma la rende molto attraente per gli osservatori notturni: una doppia spirale con due luminosi nuclei separati e con le rispettive spirali che si congiungono.
Visibile con cieli totalmente bui o quasi, Vortice si trova facilmente a partire dalla costellazione della Ursa Major, dal momento che si trova di poco a Sud Ovest rispetto alla stella più ad Est del Grande Carro. La stella più vicina si trova infatti nella costellazione dell'Orsa Maggiore ed è Alkaid, dalla quale dista circa 3,5°.
La galassia Vortice brilla quanto 15.300.000.000 di Soli. Molti sostengono che sia visibile anche con un binocolo, ma di certo il compito è facilitato da un telescopio. Per vederne la spirale occorre una apertura di almeno 30 centimetri. Proprio M51 fu la prima galassia della quale si sono visti i bracci della spirale: fu Lord Rosse nel 1845 ad osservarla ed a nominarla Vortice. A differenza di Andromeda, infatti, questa galassia si presenta 'di faccia' all'osservatore terrestre ed è tra gli obiettivi preferiti dell'astrofotografia.
LA GALASSIA MINORE, NGC 5195
La galassia satellite, unita ad M51, è NGC5195 ed è molto distante dall'essere soltanto una piccola compagna: una volta ogni duecento milioni di anni circa questa piccola galassia ricade all'interno dei bracci di spirale della sorella maggiore in una danza gravitazionale che darà vita, tra miliardi di anni, a una singola galassia. Nel momento in cui il passaggio avviene, la materia si dirige verso il centro di NGC 5195 a formare un disco di accrescimento le cui dimensioni diventano talmente elevate da costringere il buco nero stesso a privarsi di parte della materia in entrata sparandola fuori verso il mezzo interstellare. Nel 2016 l'evento è stato registrato da Chandra X-ray Observatory, dal Very Large Telescope, dal MERLIN radio array e da Hubble Space Telescope.
Le galassie riprese da Chandra in banda X
Proprio grazie a questa osservazione multifrequenza è stato possibile, nel 2017 in un articolo della Royal Astronomical Society, ripercorrere gli eventi legati al buco nero di NGC 5195, la cui massa è pari a 19 milioni di masse solari.
Quando il processo di accrescimento si spezza per eccesso di materia, le immense forze di pressione creano una onda d'urto che spinge materia verso il mezzo interstellare. Gli elettroni, accelerati fino a velocità prossime a quella della luce, interagiscono con i campi magnetici del mezzo interstellare emettendo energia in banda radio. L'onda d'urto riscalda il mezzo stesso, che inizia a emettere in banda X strappando elettroni dall'idrogeno neutro presente, ionizzandolo e creando gli archi osservati da Chandra.
L'età degli archi osservati da Chandra è di 1-2 milioni di anni, e ne deriva che le prime tracce di materia espulsa risalgono a tempi in cui l'uomo imparava ad accendere il fuoco.
Evoluzione della radiazione osservata in NGC5195
A metà 2018 astronomi della Case Western Reserve University hanno rivelato per la prima volta una nube massiccia di idrogeno ionizzato riversata da una galassia vicina e letteralmente "cotta" dal buco nero centrale di M51. La prima osservazione risale al 2015 e può fornire agli astronomi una nuova visione sul comportamento del buco nero associato a una galassia che consuma e ricicla idrogeno. Sono rari gli esempi a oggi noti ma quello di M51 rappresenta uno dei più vicini a noi, il che fornisce una grande opportunità. Lo scopo iniziale del team di ricerca era osservare il debole flusso stellare tra le due galassie in interazione e con l'occasione il telescopio è stato dotato di un filtro che ad una particolare lunghezza d'onda ha potuto evidenziare la nube oggetto della scoperta. L'associazione della nube di gas con M51 è stata confermata tramite WIYN Observatory, confrontandone la velocità con quella di M51 stessa (Discovery of a Vast Ionized Gas Cloud in the M51 System, The Astrophysical Journal - Aaron E.Watkins et al.).
La mappa a raggi X ottenuta da NuSTAR. Crediti NuSTAR/NASA
Sia la componente a sia la componente b sono in possesso di due buchi neri supermassicci, ciascuno con massa di milioni di masse solari, che riscaldano il materiale circostante e lo divorano, il che dovrebbe rendere le zone centrali delle due componenti le più luminose sorgenti X dell'oggetto eppure le osservazioni di inizio 2019 del Nuclear Spectroscopic Telescope Array (NuSTAR) mostrano un oggetto decisamente più piccolo in competizione di luminosità X.
La fusione in corso tra le due componenti dovrebbe spingere gas e polvere verso le zone centrali, laddove l'intensa gravità dei buchi neri dovrebbe scaldare e accendere il tutto dando vita a brillanti dischi di accrescimento. Le osservazioni di Chandra, da anni, dicono però che tutta questa luminosità, in realtà, non c'è. Si è sempre creduto che una spessa coltre di materiale andasse ad affievolire la radiazione, ma le nuove osservazioni di NuSTAR dicono il contrario: la zona è decisamente meno brillante, intrinsecamente, rispetto alle attese.
Una possibile spiegazione consiste in una luminosità della zona centrale non costante nel tempo, fatta cioè di accensioni e spegnimenti continui: si tratta di una nuova idea, mai accennata finora, ma potrebbe spiegare l'attuale fase di stanca delle zone centrali.
Oltre a questa anomalia, la componente maggiore della coppia di M51 mostra un altro oggetto, milioni di volte più piccolo rispetto ai buchi neri centrali, ma in grado di brillare di eguale intensità in banda X. Si tratta di fenomeni non connessi ma comunque decisamente insoliti. La sorgente di questa emissione è una stella di neutroni, un oggetto decisamente più brillante rispetto alla media della categoria, forse a causa di un violento campo magnetico, e appartenente alla classe delle stelle di neutroni ultraluminose (M. Brightman et al. - "A Long Hard-X-Ray Look at the Dual Active Galactic Nuclei of M51 with NuSTAR", The Astrophysical Journal - 2018).