Galassia M87
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M87, anche nota come galassia Virgo A, è la galassia ellittica gigante che domina l'ammasso della Vergine, tra le più grandi conosciute e la più massiccia della costellazione di appartenenza. La sua massa dovrebbe aggirarsi intorno alle 10 masse della Via Lattea.
Venne schedata da Charles Messier nel 1781 come una "nebulosa senza stelle".
E' tra le galassie più studiate anche per la sua relativa vicinanza alla Terra, ma soprattutto per le sue caratteristiche: presenta fenomeni altamente energetici nel suo nucleo, che dovrebbe ospitare un buco nero supermassiccio con una massa pari a quella di 3 miliardi di Soli.
La sua distanza è stata calcolata anche grazie all'elevatissimo numero di ammassi globulari presenti nella galassia: alcuni ne stimano almeno 13 000 (sono almeno 4 000) a fronte dei 200 presenti nella Via Lattea.
Nel 1918 fu scoperto un getto di materia fuoriuscente dal nucleo galattico, esteso per almeno 5000 anni luce. La luce del getto è polarizzata, quindi si tratta di radiazione di sincrotrone. La materia viene espulsa da un buco nero, dedotto dapprima grazie alla scoperta un disco di gas in rapida rotazione intorno al nucleo galattico e poi tramite interferometria del progetto Event Horizon Telescope, in grado di fornire la prima immagine mai ottenuta dell'ambiente che circonda un buco nero supermassivo. Il buco nero ha una massa di circa 6.5 miliardi di masse solari. E' stato battezzato M87* e ha ricevuto il nome hawaiiano di Powehi.
La prima immagine degli immediati dintorni di un buco nero. Crediti Event Horizon Telescope
Il diametro angolare della galassia corrisponde ad una estensione lineare di 120 000 anni luce, più della Via Lattea ma essendo di tipo ellittico occupa un volume molto più esteso e contiene molte stelle in più.
Posizione dei punti osservati da Chandra tra il 2012 e il 2017.
Credit: NASA/CXC/SAO/B. Snios et al.
Lungo il getto, di 20x3 secondi d'arco, proveniente da M87 esistono degli addensamenti di materia denominati HST. Il telescopio spaziale Hubble è riuscito a catturare l'immagine di un brillamento proveniente da HST-1 in grado di rendere il getto di materia più brillante del nucleo galattico stesso, con un aumento di luminosità pari a 90 volte la luminosità ritenuta normale. La prima osservazione di HST-1 è datata 1999, con un punto luminoso posto a circa 214 anni luce da M87. Il primo aumento di luminosità fu scoperto però da Chandra nel 2000, il che indusse gli astronomi a seguire con coerenza l'andamento di HST-1. Dopo un primo incremento dal 2000 al 2001, la luminosità di HST-1 ha continuato ad aumentare stabilmente fino al 2005, arrivando a superare quella del nucleo galattico nel 2003. Proprio nel 2005 HST-1 è divenuto più brillante di 90 volte rispetto al solito prima di calare di nuovo. Stessa cosa è avvenuta con l'emissione X, aumentata fino a 50 volte rispetto al normale. Una possibile spiegazione vede HST-1 come una regione compressa dal getto di materia, il che provoca un aumento dell'energia delle particelle e dell'intensità del campo magnetico. Altra spiegazione vede il brillamento legato ad una riconfigurazione del campo magnetico, le cui linee verrebbero strizzate liberando energia come nei brillamenti solari.
I getti di M87 sono tra le cose più interessanti dell'universo più o meno vicino e così vengono studiati in modo continuo tanto che a metà 2019 un altro studio di astronomi della University of Amsterdam e focalizzato sui dati di Chandra e Fermi ha riprodotto la forma osservata e la distribuzione di energia a multi-frequenza trovando range più stretti sul valore di alcuni parametri di base, come la posizione dell'accelerazione delle particelle e la potenza cinetica. Le particelle vengono accelerate in una zona molto prossima a quella del buco nero. Il principale contributo al flusso di raggi gamma sembra dovuto alla dispersione inversa di Compton della luce stellare della galassia, piuttosto che al sincrotrone come ritenuto fino ad allora (Matteo Lucchini, et al. "The unique case of the AGN core of M87: a misaligned low power blazar?"). I getti appaiono decisamente deformati e disomogenei, cambiando forma da parabolica a conica lungo l'estensione totale, un effetto che poi è stato osservato in diverse altre galassie. Proprio dalla forma, gli scienziati sono riusciti a sfruttare il confine del getto composto di due distinte curve e hanno utilizzato la distanza tra nucleo e rottura del getto per misurare al meglio la massa del buco nero centrale e il suo spin, applicando un modello teorico, calcoli al supercomputer e osservazioni del telescopio. Gli scienziati descrivono il getto come un flusso di fluido magnetizzato, con forma determinata dal campo magnetico interno dipendente, a sua volta, da vari fattori come velocità e carica delle particelle, come corrente elettrica nel getto e come velocità di accrescimento di materia da parte del buco nero. Proprio l'interazione tra queste forza porta alla rottura del getto. Uno dei modelli teorici prevede proprio questa rottura e potrebbe quindi essere utilizzato per pesare il buco nero centrale. La stima alla quale si giunge è del tutto simile a quella già nota, ma il modello ha il vantaggio di giungere alla massa a partire da forze osservate che descrivono perfettamente i parametro del motore centrale (E E Nokhrina et al, M87 black hole mass and spin estimate through the position of the jet boundary shape break, Monthly Notices of the Royal Astronomical Society - 2019). Alcune zone del getto si muovono a velocità prossime a quelle della luce, secondo le osservazioni a raggi X di Chandra X-ray Observatory: le osservazioni - portate avanti tra il 2012 e il 2017 - hanno tracciato due "grumi" posti nel getto a 900 e 2500 anni luce di distanza dal centro, evidenziando una velocità apparente di 6.3 e 2.4 volte la velocità della luce all'insegna di un classico moto superluminale. In pratica, il moto superluminale si verifica quando oggetti viaggiano a velocità prossime a quelle della luce lungo una direzione molto prossima alla nostra linea di vista: i getti generano una luce che dà illusione di una velocità superiore a quella della luce. I punti di luce studiati si sono anche affievoliti del 70% durante il periodo 2012-2017 a causa della perdita di energia da parte delle particelle, il tutto legato allo spiraleggiamento intorno al campo magnetico (Bradford Snios et al. Detection of Superluminal Motion in the X-Ray Jet of M87, The Astrophysical Journal - 2019).
Ancora per i getti, uno studio di fine 2021 ha mostrato come il campo magnetico si estenda fino a 3300 annu luce dal buco nero centrale, più lontano di qualsiasi altro campo magnetico mai osservato in precedenza per un getto galattico. L'osservazione è dovuta al karl G. Jansky Very Large Array, il quale ha fornito immagini a diverse lunghezze consentendo informazioni tridimensionali del campo stesso, che costringe il getto a una forma a elica. L'intensità del campo dovrebbe diminuire, secondo i modelli teorici, con la distanza ma l'instabilità fluidodinamica del flusso di materia del getto (instabilità di Kelvin-Helmholtz) produce regioni a maggior pressione in grado di comprimere le linee magnetiche fino a grandissima distanza (The Astrophysical Journal Letters - “Reading M87’s DNA: A Double Helix revealing a large scale Helical Magnetic Field” - Alice Pasetto et al)
Immagine di radio-interferometria della galassia M87 alla lunghezza di 2 centimetri. Crediti Yuri Kovalev