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Aristarco DI SAMO

La vita

Aristarco di Samo è nato a Samo, una delle isole più grandi della Grecia, nel 310 a.C. ed è morto, sempre a Samo, nel 230 a.C.

In vita é stato astronomo, matematico e fisico, studiò ad Alessandria d'Egitto, dove ebbe come maestro Stratone Lampasco (filosofo, scienziato greco, 335 a.C. - 269 a.C.). Delle opere di Aristarco soltanto il trattato "Sulle dimensioni e distanze del Sole e della Luna" è giunto a noi e anche della sua vita, vista l'epoca in cui è vissuto, non è rimasto molto, ma le fonti sembrano indicare che fu il primo a sostenere la tesi eliocentrica, che vuole il Sole al centro dell'Universo allora conosciuto. Non è difficile credere che le sue opere andarono perdute, visto lo scarso successo che all'epoca riscontrarono: troppo chiuse le menti e troppo innovativo il concetto di un Sole al centro dell'Universo, o meglio di una Terra dislocata in periferia e costretta ad affannarsi in un'orbita eliocentrica. Fu accusato di delitto contro la religione per "avere turbato il riposo di Estia",cioè del fuoco divino racchiuso nella Terra.

La teoria eliocentrica e le stagioni

Statua di Aristarco di Samo
Statua di Aristarco di Samo

Purtroppo, come detto, conosciamo soltanto brevi citazioni della sua opera in cui mostra la sua teoria, perchè non è stata ritrovata.

Aristarco quindi sembrerebbe il primo a introdurre una teoria astronomica nella quale il Sole, al pari delle altre stelle fisse, sia immobile, con la Terra ad orbitargli intorno percorrendo una determinata circonferenza. In realtà lo Schiaparelli sembra dimostrare che prima di Aristarco ci furono altri studiosi a disporre il Sole al centro, a partire da Eraclide, ma sicuramente fu il primo a dare una smossa alla Terra, fino ad allora riconosciuta come centro dell'Universo. 
Se Aristarco si scoprì fautore dell'eliocentrismo non fu per capriccio o per contrarietà alla moda, ma era una teoria che - a suo dire - riusciva a spiegare molto meglio il moto osservato dei pianeti. Contro questa teoria, che fu abbandonata decisamente presto, la risposta dei contemporanei si basava sul concetto di parallasse: il fatto che la Terra giri intorno al Sole, fa "muovere apparentemente" la nostra stella in modo molto evidente nel cielo. Stessa cosa dovrebbe accadere anche per le altre "stelle fisse": se la Terra è in movimento, anche le stelle fisse dovrebbero presentare un movimento indotto da quello del nostro pianeta, il che è intuitivo. Il ragionamento di Aristarco era profondamente corretto, e oggi lo sappiamo, ma sappiamo anche che la parallasse è un concetto altrettanto vero. Mancavano soltanto i mezzi per misurarla visto che lo stesso Aristarco - secondo quanto riportato da Archimede (Siracusa, 287 .C. circa - Siracusa, 212 a.C.) - ribatté con l'elevatissima distanza delle stelle fisse. Se non ne vediamo (a occhio, a quei tempi) il moto di parallasse è perché sono molto più distanti di quanto non lo sia il Sole. A dire il vero, nessun fenomeno di parallasse si rese misurabile fino al XIX secolo. 

La discussione, quindi, ben prima della nascita di Cristo verteva su concetti del tutto veri e, secondo le conoscenze e le strumentazioni dell'epoca, a dir poco geniali.

Aristarco concordava  inoltre con il pensiero già esposto da Eraclide Pontico (Eraclea Pontica, 385 a.C. Atene, 322 a.C. o 310 a.C.), per il quale la Terra subisce anche un moto di rotazione diurna attorno ad un asse inclinato rispetto al piano dell'orbita, e proprio questa inclinazione avrebbe giustificato l'alternarsi delle stagioni. Anche questo si è rivelato un concetto del tutto giusto.

Dimensioni e distanze del Sole e delle Luna

In un breve trattato, l'unico mai ritrovato, chiamato "Sulle dimensioni e distanze del Sole e della Luna", Aristarco calcola le distanze di Sole e Luna dalla Terra e ne stima la dimensione grazie ad un ragionamento di logica che chiama in causa i primi calcoli trigonometrici mai affrontati fino ad allora.

Quando la Luna è illuminata per metà si dice che è in quadratura e il sistema Terra-Sole-Luna dà vita ad un triangolo rettangolo come quello mostrato in figura.

Quadratura Sole-Terra-Luna nei calcoli di Aristarco di Samo
Quadratura Sole-Terra-Luna nei calcoli di Aristarco di Samo

In questa condizione, l'angolo alpha misura 90° e misurando l'angolo beta formato dalla retta Terra-Sole è possibile conoscere tutto quel che serve per stimare le distanze, visto che la somma degli angoli interni è nota. E' possibile calcolare il rapporto tra le distanze di Terra, Luna e Sole mediante ragionamenti geometrici e trigonometrici.

Sulle dimensioni e distanze del Sole e della Luna Aristarco giunse a stimare la distanza del Sole come superiore a quella lunare di un fattore di circa 18-20 volte, mentre oggi sappiamo che il rapporto medio è in realtà di circa 400 volte. L'errore sta tutto nel valore assunto per l'angolo Sole-Terra-Luna nella fase di Primo Quarto lunare o di Ultimo Quarto lunare, quando la Luna è in quadratura e appare illuminata al 50%: l'angolo fu misurato con scarsa precisione ma ovviamente a quel tempo non era molto semplice, per un paio di motivi soprattutto. Terra e Luna sono relativamente molto vicine rispetto a quanto non sia distante il Sole, e l'angolo beta è in realtà prossimo all'angolo retto, condizione per la quale un errore anche piccolo porta ad una stima del cateto (distanza Terra-Sole) decisamente grande. Secondo fattore che remava contro Aristarco era la difficoltà di calcolare con esattezza il preciso momento di quadratura nelle fasi lunari. Due approssimazioni sono troppe per i calcoli astronomici e il risultato è stato una decisa sottostima della distanza del Sole. 

Opera originale di Aristarco
Opera originale di Aristarco di Samo

Per quanto riguarda le dimensioni, invece, Aristarco giunse a stimare il diametro angolare del Sole in 1/720 della circonferenza (rapporto tra quanto osservato nel cielo e dimensione reale del Sole), il che approssima notevolmente il reale valore. 

Sebbene inesatta, l'opera di Aristarco fu d'esempio per tanto tempo come "uno dei più bei monumenti della antica geometria" e il suo metodo venne invocato da Keplero nel 1618 per applicazioni a misure telescopiche mentre Goffredo Wendelin, trent'anni più tardi, lo usava per una nuova determinazione, sempre errata ma più precisa.