Cosa è lo spettro elettromagnetico
La luce che siamo abituati a vedere è il risultato di diverse radiazioni monocromatiche ed è proprio l'analisi di questa scomposizione che ci consente di sfogliare il libro dell'universo alla ricerca di informazioni nascoste
Prisma per la scomposizione della luce
Se prendiamo un prisma e lo poniamo tra noi e una sorgente di luce, quel che vedremo sarà una sorta di arcobaleno il che vorrà dire che la luce bianca si compone di sette colori principali che vanno dal rosso all'arancio al giallo al verde al blu all'indaco fino al violetto, in modo ordinato e sempre ripetibile. All'interno di ciascuna colorazione esistono diverse gradazioni che il nostro occhio riesce a distinguere, il che è verificabile notando come un arcobaleno non sia un insieme di sette colorazioni nette ma ogni singola fascia vada sfumando in quella successiva.
Allo stesso modo esistono piccoli esperimenti (tra i quali il Disco di Newton) che mostrano come ricombinando l'arcobaleno si possa tornare alla luce bianca, che è quindi evidentemente composta da più colori.
Se mettiamo un secondo prisma in uscita al primo, in direzione di una ben precisa fascia colorata, scopriamo che le bande di diverso colore sono pure: se mettiamo il prisma, ad esempio, per intercettare la fascia verde otteniamo una fascia più larga ma sempre completamente verde. La scomposizione che abbiamo posto in essere ci ha mostrato lo spettro elettromagnetico.
Lo spettro elettromagnetico è l'insieme ordinato delle radiazioni emesse da un corpo, o meglio l'insieme di radiazioni monocromatiche risultanti dalla scomposizione della luce o comunque di un irraggiamento complesso.
La luce bianca del Sole o di altre sorgenti è quindi un mix di radiazioni elettromagnetiche ciascuna caratterizzata da un singolo colore, o meglio da una ben determinata lunghezza d'onda. Il nostro occhio riesce a vedere esclusivamente le lunghezze d'onda che vanno dai 400 nanometri ai 700 nanometri che corrispondono, non a caso, ai colori violetto e rosso, cioè proprio ai colori che rappresentano i bordi esterni del nostro arcobaleno.
Spettro elettromagnetico, lunghezza d'onda e temperatura
Rifrazione, un esempio
Il fenomeno che genera la scomposizione della luce è chiamato dispersione o rifrazione e si verifica in natura in maniera molto comune, con l'arcobaleno che segue i temporali alimentato dalle goccioline di acqua in sospensione atmosferica, che agiscono esattamente come dei prismi. Dispersione si ottiene ogni volta che la luce è costretta a viaggiare attraverso un mezzo a densità differente da quella che l'ha accompagnata fino all'incontro con la nuova. Per l'arcobaleno, la luce viaggia nel gas dell'atmosfera terrestre fino a incontrare la gocciolina di acqua, ad esempio. Con un prisma, la radiazione passa dal gas al vetro.
Un piccolo arcobaleno può essere osservato anche guardando una stella al telescopio , e in tal caso si parla di difetto dell'ottica chiamato aberrazione cromatica .
Cosa accade alla radiazione nel momento in cui varia il mezzo in cui si muove? Le diverse bande colorate risultanti dalla scomposizione sono il risultato di una diversa deviazione che ogni singola radiazione subisce in base alla propria lunghezza d'onda. Ciascun materiale, infatti, presenta un indice di rifrazione (grado di deviazione) che può variare in base all'energia della radiazione singola, in base cioè alla lunghezza d'onda. La luce bianca incidente, quindi, non viene deviata come corpo unico ma ogni singola sua componente viene deviata con angoli diversi dando vita al ventaglio colorato che possiamo osservare.
E' necessario, però, capire come la materia possa emettere energia, come funziona un atomo dal punto di vista energetico ed attraverso quali processi atomici si sviluppi energia in forma di radiazioni.
Ultimo aggiornamento del: 10/09/2018 22:15:32
Radiazione e fotoni
La radiazione prodotta da una sorgente si diffonde in tutte le direzioni in modo uniforme, secondo una superficie sferica di raggio crescente. Più l'osservatore è lontano dal punto di irraggiamento e minore è la quantità di radiazione che lo raggiunge, e quindi è minore anche la brillantezza apparente della sorgente (approfondimento). Ma non solo la luminosità "visibile a occhio": anche le radiazioni di altro tipo giungono in modo minore. Lo spettro elettromagnetico, già dal nome, è formato da campo elettrico e campo magnetico , le cui intensità variano nel tempo. Questa radiazione si propaga in maniera radiale rispetto alla sorgente alla velocità della luce. Maxwell, nel 1865, introdusse quindi due concetti che rappresentano due proprietà della radiazione: lunghezza d'onda e frequenza. Per definire i concetti, occorre tener presente che la radiazione può esser vista come una onda. La radiazione si compone in effetti di onde elettromagnetiche consistenti nell'oscillazione combinata di un campo elettrico e di un campo magnetico. La propagazione delle onde avviene in direzione ortogonale a quella di oscillazione, come accade per le onde del mare che si propagano in orizzontale mentre l'oscillazione dell'acqua, in realtà, è verticale.
La lunghezza d'onda (λ) è la distanza tra punti ripetitivi di una forma d'onda.
Ipotizzando un'onda classica di tipo sinusoidale, la lunghezza d'onda è la distanza tra due punti uguali dell'onda stessa, solitamente intendendo le creste dell'onda.
Lunghezza d'onda
La lunghezza d'onda λ si ottiene dividendo la velocità della luce c per la frequenza f:
λ = c / f
La frequenza rappresenta il numero di volte in cui un evento ripetitivo si verifica in un determinato periodo di tempo, si esprime in Hertz (1 Hertz è il verificarsi di un evento in un secondo)
Le due proprietà sono inversamente proporzionali: una maggior lunghezza d'onda implica la presenza di un minor numero di creste (frequenza) in un intervallo di tempo, mentre diminuendo la lunghezza d'onda ci sarà un numero maggiore di creste d'onda nello stesso intervallo.
In base a frequenza e lunghezza d'onda derivano differenti tipologie di radiazione quindi si è soliti scomporre l'insieme dello spettro elettromagnetico dai raggi gamma, con frequenza maggiore e lunghezza d'onda minore, alle onde radio, con parametri opposti. In mezzo, raggi X, ultravioletto, spettro visibile ed infrarossi.
Spettro elettromagnetico
Tipologia |
Frequenza |
Lunghezza d'onda |
Onde radio |
3 GHz |
> 10 cm |
Microonde |
3 GHz - 300 GHz |
10 cm - 1 mm |
Infrarossi |
300 GHz - 428 GHz |
1 mm - 700 nm |
Visibile |
428 GHz - 749 GHz |
700 nm - 400 nm |
Ultravioletto |
749 GHz - 30 PHz |
400 nm - 10 nm |
Raggi X |
30 PHz - 300 EHz |
10 nm - 1 pm |
Raggi Gamma |
> 300 EH |
1 pm |
L'occhio umano riesce a captare le radiazioni di luce visibile, da 700 nanometri a 400 nanometri di lunghezza d'onda. A maggiori frequenze corrispondono i colori che danno sul violetto, mentre a frequenze minori (lunghezze d'onda maggiori) corrispondono i colori che danno sul rosso. L'occhio umano è più sensibile ai colori giallo-verde (si tratta di evoluzione darwiniana, visto che il nostro Sole è più efficiente in questa fascia di radiazione), mentre gli strumenti ottici sono più sensibili al blu e al rosso.
A fine 2021 è stato presentato uno strumento ottico in grado di trasformare la frequenza infrarossa in oscillazioni visibili all'occhio umano, il che consente indirettamente di "osservare" a occhio la radiazione infrarossa (Science - “Continuous-Wave Frequency Upconversion with a Molecular Optomechanical Nanocavity” - Wen Chen et al.)
I corpi celesti emettono su tutta la banda elettromagnetica quindi l'occhio umano è limitato in ricezione. Se potessimo osservare il cielo con occhi sensibili, ad esempio, ai raggi X vedremmo tutto un altro cielo. A microonde un altro cielo ancora, completamente invaso da una radiazione cosmica che è il residuo del Big Bang .
L'atmosfera terrestre blocca i raggi gamma, X, ultravioletti e non solo. Per comprendere le emissioni nel loro totale, quindi, c'è stata l'esigenza di spostare l'occhio umano al di sopra dell'atmosfera stessa. Proprio per questo sono nati i telescopi spaziali come Hubble e Spitzer.
Quando prendiamo la luce stellare e la facciamo passare in un prisma, la luce bianca si scompone in tutti i suoi colori componenti, dal violetto al rosso, ma non solo. Parte della radiazione finisce infatti nella parte di spettro che non possiamo vedere senza altri strumenti ottici. Attraverso l'analisi di questo spettro è possibile conoscere molte cose riguardanti il corpo che ha emesso la radiazione. L'osservazione astronomica si ferma allo spettro visibile prescindendo anche dalla sua scomposizione, l'astrofisica abbraccia tutto lo spettro e lo analizza.
Il fenomeno è molto più complesso rispetto ai semplici concetti di onda e di lunghezza. Einstein, 50 anni dopo Maxwell, iniziò a considerare la luce come flusso di corpuscoli privi di massa , detti fotoni, che si muovono alla velocità della luce trasportando energia in quantità inversamente proporzionale alla propria lunghezza d'onda: maggiore è la lunghezza d'onda (minore è la frequenza) e minore è l'energia trasportata. I fotoni rossi, quindi, trasportano quantità minore di energia rispetto ai loro colleghi violetti. I fotoni, tuttavia, essendo corpuscoli si comportano esattamente come la materia stessa: sono assorbiti, deviati, respinti, attraversano la materia trasparente. Oppure si comportano come pacchetti producendo interferenze. La radiazione quindi è duale: è un'onda ed è anche un flusso di particelle chiamate fotoni.
Ultimo aggiornamento del: 08/12/2021 20:38:03
Come i corpi celesti emettono radiazione
Per poter studiare lo spettro occorre che qualcosa lo generi e quel qualcosa è rappresentato dai corpi celesti. Come fanno i corpi celesti a emettere radiazione? Quale è il processo che consente di illuminare?
La materia è costituita, come noto, da atomi, ognuno dei quali si compone di protoni, neutroni ed elettroni.
I protoni hanno uguale massa e carica elettrica positiva, i neutroni hanno carica neutra e massa soltanto leggermente diversa da quella dei protoni mentre gli elettroni hanno massa trascurabile (circa 2000 volte minore di quella dei protoni) e carica elettrica negativa. Il protone ha un raggio di 0.833 femtometri, con un femtometro pari a un milionesimo di miliardesimo di metro. La stima è venuta dalla University of Toronto a Settembre 2019 dopo otto anni di lavoro attraverso l’analisi di una transizione energetica tra i due stati eccitati dell’atomo di idrogeno (spostamento di Lamb) - (Science - “A measurement of the atomic hydrogen Lamb shift and the proton charge radius” - N. Bezginov et al.)
L'atomo ha una composizione planetaria: un nucleo formato da protoni e neutroni intorno al quale orbitano gli elettroni. Fu Rutherford a proporre questo modello nel 1911 indicando un nucleo carico positivamente e grande 10-13 centimetri orbitato da uno sciame di elettroni carichi negativamente a distanza di 10-8 centimetri.
Struttura atomica: un nucleo composto di neutroni e protoni mentre gli elettroni
percorrono orbite esterne.
Il numero atomico è rappresentato dal numero di protoni nel nucleo, mentre il numero di massa è dato dal numero di protoni più il numero di neutroni, quindi dal totale degli elementi presenti nel nucleo atomico.
Nel nucleo, quindi, si trova quasi tutta la massa atomica e tutta l'energia positiva.
Il numero di elettroni è pari al numero di protoni, in condizioni normali, quindi le cariche positive e negative si annullano e l'atomo nel suo insieme risulta neutro, privo di carica elettrica. Le similitudini con il sistema planetario terminano qui, perché mentre i pianeti hanno orbite di qualsiasi forma, più o meno eccentrica, e si trovano a distanze variabili e quasi casuali, gli elettroni cambiano continuamente la propria orbita, saltando da una all'altra ma sempre a distanze ben precise, le uniche consentite e previste dalla teoria quantistica di Planck.
Più l'orbita è interna e più l'elettrone è legato al nucleo. Lo spostamento verso le orbite più esterne da parte di un elettrone molto vicino al nucleo, quindi, richiede più energia perché è maggiore la forza che lo attrae verso il nucleo stesso. L'elettrone, per far questo salto verso l'esterno, deve essere eccitato da un assorbimento di energia dall'esterno dovuto, ad esempio, ad un urto oppure ad una radiazione incidente, magari proveniente da una stella vicina. In tali casi, l'atomo assume una energia maggiore rispetto a quella normale e gli elettroni, forti di questa eccitazione, possono saltare verso orbite più esterne.
Il passaggio non è duraturo: subito dopo il salto l'elettrone perde energia e ricade nell'orbita interna. Così come l'elettrone utilizza energia per saltare verso l'esterno, così rilascia energia quando ricade verso l'interno e questa energia liberata si disperde con la conseguenza ultime chee dall'atomo fuoriesce un corpuscolo di radiazione detto fotone o quanto di luce.
La quantità di energia del fotone dipende dalla dimensione del salto effettuato dall'elettrone. Il fotone viaggia nello spazio ad una precisa lunghezza d'onda lambda (λ), la cui energia è data dalla formula:
E = hc/λ
dove E è l'energia, h è la costante di Planck e c è la velocità della luce. Ne segue che maggiore è l'energia rilasciata (maggiore è il salto dell'elettrone) e più piccola è la lunghezza d'onda della radiazione emessa. Le energie maggiori corrispondono a lunghezze d'onda minori come quelle dei raggi gamma, seguono gli ultravioletti, poi la luce visibile e così via secondo lo schema precedente.
Come si nota non è la velocità del moto dell'elettrone a produrre radiazione ma sono le variazioni alla velocità, in accelerazione o in decelerazione.
L'energia che può assorbire un atomo non è casuale: è quella che serve precisamente a far si che un elettrone possa passare da un'orbita all'altra. Alcuni fotoni, quindi, non possono essere assorbiti perché non consentono precisamente il cambio di orbita. Si parla quindi di livelli di energia o livelli di eccitazione anziché di orbite, e di salti di energia anziché di salti tra orbite.
L'atomo di idrogeno, il più semplice, ha un solo elettrone. Nella fase 1 l'atomo riceve energia e l'elettrone ha la forza per passare all'orbita più esterna (fase 2), assorbendo l'energia incidente. La stessa viene persa nel ritorno al livello più basso (fase 3) e la perdita si concretizza in un rilascio di energia sottoforma di radiazione. Nella fase 4 l'atomo si trova di nuovo nello stato fondamentale, e nulla cambia fino ad un nuovo eccesso di energia.
La linea più esterna raggiungibile da un elettrone è detta energia di ionizzazione, oltre la quale il legame tra atomo ed elettrone si spezza. La particella che rimane dopo che l'elettrone ha raggiunto una energia superiore a quella di ionizzazione è detto ione e viene ad avere carica positiva, avendo perso un elemento con carica negativa. Ad esempio, per saltare all'orbita 2 serve una quantità di energia pari a 10,19 elettronvolt (eV). Se all'elettrone viene data energia pari a 13.595 eV, questo si stacca dal nucleo che risulta così ionizzato dal momento che viene ad avere carica positiva (resta solo il protone mentre l'elettrone se ne è andato).
L'atomo ionizzato (ione) appartiene sempre allo stesso elemento chimico ma possiede livelli di energia diversi. Un atomo di carbonio può essere ionizzato una volta, se perde un elettrone, o due volte se ne perde due. Quando uno ione cattura un elettrone libero, questo va ad occupare uno dei livelli liberi emettendo uno o più quanti di energia (fotoni).
Emissione termica
Le stelle brillano di luce propria, si dice, quindi l'energia adatta a ionizzare il gas di una stella viene fornita dalle reazioni nucleari interne alla stella stessa. Diverso è invece il caso di semplice gas di una nebulosa , visto che il gas in sé non produce radiazione ionizzante. Se il gas emette radiazione, tuttavia, il discorso è sempre riconducibile alla temperatura elevatissima (alcuni milioni di gradi): tale temperatura aumenta notevolmente la violenza con la quale gli atomi del gas urtano tra di loro e questo riesce a strappare elettroni. Il gas assume lo stato di plasma (gas carico elettricamente), uno stato che vede nuclei atomici con carica positiva e elettroni con carica negativa muoversi senza mai unirsi. Ciò che genera radiazione, in tal caso, è il moto degli elettroni che - pur veloce - risente comunque della presenza in zona di ioni positivi: la forza attrattiva degli ioni è inversamente proporzionale al quadrato della distanza che separa lo ione dall'elettrone di passaggio e questa forza, anche se insufficiente a catturare l'elettrone e ricreare l'atomo neutro, ha il potere di deflettere il moto dell'elettrone, che quindi decelera e perde energia emettendo - di conseguenza - radiazione. Si tratta di una radiazione termica (o radiazione di frenamento, o di "bremstrahlung", poiché dipende dall'agitazione termica degli elettroni. Esempi sono le Regioni HII, composte da ioni di idrogeno che hanno perso il proprio, unico, elettrone, e quindi da idrogeno ionizzato. Quando leggiamo dell'esistenza di filtri in OIII (Ossigeno Terzo), ad esempio, siamo in presenza di un filtro che raccoglie soltanto i fotoni provenienti da un processo di doppia ionizzazione dell'atomo di ossigeno.
Emissione di sincrotrone
Radiazione di sincrotrone, rappresentazione
Durante alcuni esperimenti portati avanti tramite macchine chiamate sincrotroni venne scoperto un comportamento allora anomalo: l'accelerazione circolare di particelle produceva una diminuzione dell'energia rispetto a quanto avveniva, invece, in acceleratori "normali". In linea generale, una particella carica che si muove lungo un campo magnetico segue una traiettoria a spirale lungo le linee del campo stesso. Se la velocità è ortogonale al campo, allora la particella si dispone in orbita circolare il cui raggio è direttamente proporzionale alla velocità e inversamente proporzionale all'intensità del campo, il che è intuitivo. Il fatto che il moto sia rotatorio fa sì che il moto stesso sia anche accelerato visto che cambia sempre la direzione della velocità. In questo caso viene emessa una radiazione in ogni direzione ad una frequenza data dalla frequenza con cui la particella orbita intorno al campo magnetico. Se la velocità della particella raggiunge una quota non banale della velocità della luce (raggio più ampio), la radiazione cessa di essere emessa in tutte le direzioni ma viene emessa in un cono il cui vertice si trova sulla particella e il cui asse è tangente all'orbita percorsa. L'apertura del fascio di radiazione è tanto minore quanto maggiore è la velocità della particella e la frequenza diventa molto maggiore rispetto alla frequenza orbitale. Si parla di radiazione di sincrotrone ogni volta in cui ci troviamo di fronte a un campo magnetico con una energia superiore all'energia termica del plasma, tanto superiore quindi da dominare il moto degli elettroni liberi (è il caso di una supernova , una pulsar o di una radiosorgente).
Si potrebbe obiettare qualcosa: un elettrone, durante la rivoluzione intorno al nucleo atomico, accelera continuamente quindi dovrebbe irradiare proprio come avviene nella radiazione di sincrotrone in seguito a accelerazione circolare. Invece un atomo non emette radiazione poiché se così fosse gli elettroni perderebbero costantemente energia andando a spiraleggiare verso una collisione con il nucleo stesso.
Emissione di riga
Un atomo ionizzato non restituisce l'energia attraverso un'onda continua ma attraverso delle righe a frequenze ben definite. Atomi di diversi elementi chimici danno vita a righe di diversa frequenza e osservare una riga a una determinata frequenza consente di risalire all'elemento chimico presente, del quale la riga è impronta digitale univoca. L'univocità è legata al fatto che gli elettroni possono percorrere soltanto orbite di raggio particolare, come detto in precedenza (atomo di Bohr, 1913).
Righe presenti nello spettro elettromagnetico, ciascuna collegata a un determinato elemento chimico
Ultimo aggiornamento del: 06/09/2019 18:34:14
L'universo multi-frequenza
L'astrofisica nasce con l'era spaziale visto che soltanto elevandosi al di sopra dell'atmosfera terrestre è stato possibile ottenere una visione totale di tutta la radiazione emessa dai corpi celesti, osservati e studiati a più frequenze
Le scoperte legate all'universo si sono succedute a ritmo incessante negli ultimi cinquanta anni, e tutto è legato allo sviluppo della strumentazione astronomica che è stata in grado non solo di approfondire il nostro sguardo, consentendogli di arrivare più lontano, ma anche e soprattutto di estenderne il campo di azione all'interno dello spettro di radiazione, all'insegna del multiwavelength (lunghezza d'onda multipla) consistente nell'osservare uno stesso oggetto celeste a diverse lunghezze d'onda al fine di ottenere una informazione sempre più completa.
Diversi modi di apparire della galassia M 31 in base alla parte dello spettro elettromagnetico utilizzata.
La nostra atmosfera è totalmente opaca (non lascia passare) alle radiazioni di maggior frequenza (lunghezza d'onda più corta) come quella gamma, X e ultravioletta, e parzialmente opaca alla radiazione con frequenza minore e lunghezza d'onda maggiore, come quella infrarossa, delle microonde e quella radio. Per l'essere umano è un bene: l'opacità alle radiazioni gamma, X e UV ci evita problemi di salute visto che si tratta di radiazioni letali per il nostro organismo.
L'opacità alla radiazione infrarossa consente di trattenere sulla Terra il calore necessario alla vita, sottoforma di effetto-serra.
Questi due motivi congiunti, quali l'esigenza di espandere le conoscenze guardando a lunghezze d'onda diverse da quelle visibili e l'opacità dell'atmosfera a queste radiazioni, hanno spinto all'uso di strumentazione satellitare, tramite telescopi orbitanti.
L'astrofisica è quindi figlia dell'era spaziale.
Ultimo aggiornamento del: 11/09/2018 10:45:49