OSSERVAZIONE-CIELONOTTURNO-AVVIO-ALLA-PRATICA
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Cosa aspettarsi dall'osservazione del cielo notturno

Non avere fretta

Generalmente, chi si accosta per la prima volta all’astronomia, tende a pensare, prima di tutto, di dotarsi di un telescopio o di un binocolo, senza sapere, ancora, che il primo passo da fare è imparare a riconoscere il cielo. Esperienza e conoscenza sono, quindi, i due aspetti più importanti per imparare davvero ad osservare il cielo notturno e li si sviluppa, prima di tutto, ad occhio nudo.

Stellarium - programma free

Unico compagno una mappa cartacea od un programma planetario su PC e tablet, null'altro. Il cielo, preferibilmente di montagna ci rivelerà i suoi segreti e ci insegnerà la bellezza della visione del cosmo, così (o quasi) come è apparso ai nostri lontani antenati secoli e millenni fa, con la sua immanenza e la sua poesia. Si tratterà di andare per gradi e per zone, ma alla fine si conosceranno le principali costellazioni ed anche di più, si avrà una prima idea di dove cercare gli oggetti celesti più conosciuti, anche senza sistemi di ricerca automatica.
Questo è il preludio, la condizione necessaria per proseguire lo sviluppo della nostra passione con le varie strumentazioni, dalle più semplici alle più complesse, in tutte le sedi ed i luoghi, da quelli cittadini, a quelli di mare, a quelli tanto desiderati di montagna.

Attenzione però, il più delle volte, chi si accosta all’astronomia “guarda” solamente.
Ma osservare e guardare non sono sinonimi?
Sì, in effetti guardare ed osservare sono due verbi che potremmo considerare semplicemente sinonimi, ma se li analizziamo bene, ci accorgiamo che nascondono, in realtà, notevoli sfumature.
Chi “guarda” il più delle volte vede solamente un oggetto. Chi “osserva”, invece, capisce e sa cosa sia e dove si trovi quell’oggetto, ciò che propriamente alimenta l’interesse di chi si accosta all'astronomia: “osservare” il cielo notturno.
La capacità di riconoscere una costellazione, di capire che quello che si sta osservando non è una stella ma un pianeta, sapere dove cercarlo in cielo e quando cercarlo, si acquista proprio ad occhio nudo.
Molto spesso all'inizio, ci si accontenta solo di “guardare” per vedere una nebulosità, vedere un pianeta, vedere una costellazione. Aspetti, comunque, da non tralasciare e che vanno, in ogni caso, ad alimentare le nostre conoscenze e, prima di tutto, la nostra curiosità.
Vedere la Grande Nebulosa di Orione, o M42, con uno strumento è senz’altro affascinante, ma sapere dove si trovi, di che costellazione faccia parte ed individuare la sua figura nel cielo, rende la sua osservazione al telescopio ancora più appagante.
Chi “osserva” si sofferma, nota i particolari perché conosce l’oggetto che sta osservando. Chi “guarda” vede solo la “superficie”: potrà vedere la nebulosità di M42, ma probabilmente non noterà il Trapezio di Orione, non coglierà, cioè, il fascino di quanto visibile anche al suo interno.    
Naturalmente, con ciò non si vuole sminuire l’importanza dei telescopi e dei binocoli che, come sappiamo, sono fondamentali per l’astronomia. Ciò che si vuole far capire è il fatto che non basta avere uno strumento per dire di osservare il cielo notturno, perché senza la conoscenza, il cielo notturno si “guarda” solamente. E allora, prima di guardare dentro un oculare di uno strumento, alziamo gli occhi al cielo. Il telescopio arriverà solo dopo, a “completamento” del nostro apparato visivo, al termine di un percorso conoscitivo, iniziato e sviluppato, innanzitutto, con i nostri occhi.

COSA ASPETTARSI ALL'INIZIO
Se quando comincerete ad usare un telescopio avrete già qualche conoscenza degli oggetti, questi vi appariranno più chiaramente. Ne potrete anche avere una prova: quando sarete un po’ ferrati sull'argomento, portate con voi un amico quasi all'asciutto di conoscenze astronomiche e giocateci un po'. Ci sono oggetti molto deboli, quasi al limite di visibilità. Puntate il vostro telescopio, o il vostro binocolo, ad esempio su M17, la nebulosa che si trova nel Sagittario, e fate guardare il vostro amico che non la conosce: quasi sicuramente vi dirà che c'è un bellissimo insieme di stelline più o meno brillanti e variamente colorate (forse i colori gli sfuggiranno a dire il vero) un po' qua ed un po' là. Poi fategli notare che al centro dell'oculare c'è una macchia più chiara, un alone molto sfumato, e fatelo riprovare. Probabilmente, solo allora riuscirà a notare la nebulosità di M17, che gli risulterà magicamente evidente. Sapere che un oggetto esiste e che deve stare li aiuta di certo a vederlo.

NON ARRENDETEVI!

Credit Astronomiamo B.M.

La vita dell'astrofilo è davvero complicata... 
Necessita di un'enorme pazienza: si ha a che fare con il meteo, che vuol dire magari viaggiare per due ore verso un cielo scuro, montare il telescopio e vedere l'inesorabile arrivo delle nuvole; si ha a che fare con oggetti poco visibili, spesso difficili da trovare, a volte anche con una montatura computerizzata. Non disperate!

Credit Astronomiamo B.M.

Le nuvole vanno via e, alla fine, anche gli oggetti più difficili si scovano ed è in quel momento che troviamo la soddisfazione più grande. 

Non abbiate fretta: fermatevi, accontentatevi di pochi oggetti alla volta e concentratevi su quelli. Avete perso una notte sotto un cielo completamente nuvoloso?

Non importa, ce ne saranno tante altre limpide e, mal che vada, avrete passato la notte con altri astrofili pazzi come voi a scambiare quattro chiacchiere!

NON ASPETTATEVI LE FOTO DI HUBBLE!
Il nostro occhio non è una macchina fotografica e se per alcuni aspetti è uno strumento fantastico che la macchina non potrà mai eguagliare, per altre è sicuramente carente di determinate sue caratteristiche.
Ad esempio, se guardiamo una falcetta di Luna, ossia quando presenta solo un piccolo spicchio illuminato, al primo o all'ultimo quarto, il nostro occhio riuscirà a distinguere pienamente e nello stesso istante sia la parte illuminata che quella al buio. La fotocamera non potrà mai farlo con uno scatto solo perché per ciascuna parte, quella illuminata e quella buia, avrà bisogno di impostazioni differenti e quindi diversi scatti.

D'altra parte, il nostro occhio non sarà in grado di distinguere, degli oggetti astronomini, particolari e colori che solo una macchina e solo determinate impostazioni possono distinguere.

Peraltro, anche la lontananza dagli oggetti astronomici ci impedisce di vederli, dalla Terra, grandi e definiti con e senza gli strumenti a nostra disposizione.

M42. Credit Nasa Hubble
M42 ripresa da Hubble. NASA

Per questi motivi, al telescopio non vedremo coloratissime nebulose e pianeti giganti, come siamo magari abituati a

vederli su internet o in tv, ma non per questo saranno meno affascinanti.
Se guardiamo una stella, vediamo solo un puntino luminoso. Non ne vedremo mai disco, perché la loro distanza è tale da renderlo impossibile. Ovviamente il discorso non vale per il Sole (da osservare sempre con appositi filtri per non rimanere ciechi all'istante), in quanto la sua vicinanza ci permette di distinguere anche il suo disco, le protuberanze, le macchie e la granulazione.
Se guardiamo un pianeta, non dobbiamo avere l'aspettativa di trovarci una foto di Hubble: il fascino è comunque già vederlo dal vivo con i nostri occhi e non in una immagine. Provate con Saturno e ne avvertirete tutta la magia. Individuatelo prima ad occhio nudo nel cielo: vedrete un piccolo punto un po' più luminoso degli altri, ma senza particolare meraviglia. Una volta individuato, osservatelo con un telescopio che sia quanto meno in grado di farvi vedere la struttura degli anelli: anche se molto piccolo, ne rimarrete certamente affascinati.

M42 al telescopio. Credit AstronomiAmo
M42 al telescopio. Credit AstronomiAmo

Finché non lo farete, non vi renderete mai davvero conto che quel minuscolo puntino luminoso incastonata nel cielo è il secondo pianeta più grande del Sistema Solare dopo Giove.
Stesso discorso per gli altri pianeti. Di Marte, a meno di aperture e serate perfette, potrete a malapena vedere qualche dettaglio scuro. Di Venere intuirete a malapena la fase. Di Giove si potranno forse distinguere a malapena le bande e poco di più la macchia rossa, sempre che sia rivolta verso di voi.
Se osserviamo una nebulosa sarà presumibilmente grigia, piccola e appena accennate, sempre che il cielo sia limpido e buio, tranne che per la nebulosa di Orione che si vede sempre quando la costellazione è visibile.
Ma ogni notte è nuova e diversa e anche quelle storte e poco “produttive” accrescono conoscenze ed esperienza, aiutano lo studio e l'approfondimento e vi portano sicuramente a migliorare.
Non cercate subito risultati immediati ed eccellenti, perché non arriveranno. Non comprate migliaia di euro di attrezzature: prendete un planetario, trovate un prato sotto un cielo buio, portate con voi una lucina rossa per consultare il planetario, sdraiatevi sotto il cielo notturno e iniziate a cercare le costellazioni maggiori e le stelle, unici oggetti che vi permetteranno di orientarvi nel cielo e, seguendone il movimento, vi aiuteranno a capire come si muove la sfera celeste. Una volta fatto ciò, potrete munirvi anche di un bel binocolo ed iniziate da questo. Solo da lì potrete capire se il caso di cominciare a pensare un po' più in grande e cercare il vostro primo telescopio.
 

Ultimo aggiornamento del: 08/06/2021 11:53:37

Un approccio graduale

Il percorso verso l'osservazione astronomica inizia per gradi

Credit AstronomiAmo

Il cielo è a disposizione di tutti, ma all'inizio potrebbe sembrare come un vecchio libro scritto in lingua antica, impossibile da comprendere. La classica domanda in cui ogni astrofilo è incappato è, infatti, proprio "ma come fai a riconoscere le stelle e le costellazioni?". Ad un occhio inesperto appare tutto buttato lì a caso, eppure capire cosa stiamo guardando non è così difficile come sembra. Ci occorrerà, tuttavia, andare per gradi, passando per alcuni passaggi preparatori che, pur forse apparendo inutili e ridicoli, sono assolutamente necessari e fondamentali.

Il nostro percorso, infatti, si compone di tappe ben definite che non possiamo assolutamente saltare:

1. Conoscere noi stessi. I nostri occhi. Come osservare.
2. Riconoscere le costellazioni.  
3. Conoscere il posto da cui osserviamo.  
4. Saper scegliere il posto e la serata.  
5. Prepararsi all'osservazione.  
6. Saper tracciare le osservazioni.  
7. Saper scegliere gli strumenti ottici. 
8. Affinare le osservazioni.

Ultimo aggiornamento del: 06/06/2021 15:08:15

1 - Conoscere noi stessi. I nostri occhi.

Come osservare

Prima di iniziare con il cielo, c’è uno strumento che dobbiamo assolutamente conoscere bene e non tralasciare, ossia l’occhio umano. Conoscere noi stessi ed il funzionamento del nostro occhio incide molto sulla bontà delle osservazioni del cielo notturno. Non è un caso se spostandovi da un luogo illuminato ad uno buio ci vuole un po' di tempo prima che riusciate ad adeguarvi alle nuove condizioni. Fateci caso: subito vi sembra di non vedere niente, poi piano piano tutto diventa più riconoscibile. Conoscere le basi del funzionamento dell'occhio è fondamentale per utilizzarlo al meglio. Tra l'altro, i nostri due occhi non sono del tutto uguali, perché solo uno è più indicato per guardare dentro l'oculare.

L'OCCHIO UMANO

Una delle prime cose che dobbiamo fare per iniziare a ricavare il meglio dall'osservazione è partire da noi stessi, cercando di capire come funzionano i nostri occhi e su quale dei due possiamo fare maggiore affidamento.

OCCHIO UMANO E CERVELLO

Coni e bastoncelli.

coni dell'occio
struttura del cono
Ivo KruusamägiCC BY-SA 3.0,
via Wikimedia Commons

L'occhio umano è già di per sé un oggetto molto complicato, che per funzionare al meglio va preparato e, almeno un po', conosciuto. Il modo di lavorare dell'occhio durante le ore diurne è completamente differente rispetto al modo di lavorare utilizzato nelle ore notturne, dal momento che - all'interno dell'occhio stesso - cambiano proprio gli strumenti utilizzati.
Il nostro apparato visivo fornisce il meglio di sé alla lunghezza d'onda di 550 nanometri, che corrisponde alla massima emissione del Sole. Durante il giorno la pupilla si chiude molto consentendo una visione che permette la visione di colori e dettagli molto piccoli. La visione diurna è detta visione fotopica e sfrutta la parte centrale della retina, dove sono presenti i coni. La massima percezione visiva corrisponde alla zona in cui questi coni sono maggiormente presenti ed è detta fovea centralis. Questa zona è l'asse ottico dell'occhio: se guardiamo un punto fisso, man mano che ci allontaniamo da questo, la nostra vista tende a diminuire. Quando la pupilla è ridotta al minimo, l'aberrazione sferica del nostro occhio è minima ed è per questo che riusciamo a cogliere i dettagli più piccoli (sempre che non abbiamo altri problemi di vista, ovviamente): tutte le lunghezze d'onda finiscono più o meno sullo stesso fuoco.

bastoncelli
struttura del bastoncello
Madhero88CC BY-SA 3.0,
via Wikimedia Commons

La visione notturna è definita visione scotopica e non è più a carico dei coni, ma di altri sensori fotoricettivi chiamati bastoncelli, disposti nella parte periferica della retina, intorno alla fovea centralis. I bastoncelli si attivano quando i coni non riescono più a recepire luce. Il problema dei bastoncelli è che sono molto più ricettivi dei coni (di circa mille volte), ma non percepiscono i colori, ed è così che di notte, o al buio, vediamo tutte tonalità di grigio.
Una volta ricevuto il segnale visivo, diurno o notturno che sia, questo segnale viene fornito al cervello e lì la cosa si complica. L'elaborazione dell'immagine, infatti, dipende molto da pratica e conoscenza. A volte il nostro cervello può impantanarsi nella decodificazione di un segnale soltanto perché non lo ha mai visto prima ma, dopo questa inizializzazione, le successive osservazioni dello stesso oggetto risulteranno molto più veloci dal punto di vista dell'elaborazione. Molti dettagli lunari, ad esempio, possono sfuggire ad una prima osservazione ma, ripetendola oppure studiando prima ciò che si vuole guardare, saranno ben visibili una volta presa consapevolezza maggiore.

L'OCCHIO DOMINANTE

Quando inizierete ad usare un telescopio, avendo a disposizione uno strumento con un solo oculare, noterete che vedrete meglio con uno dei due occhi, quindi, già in automatico, tenderete a posare sull'oculare prevalentemente solo quello. Quindi proviamo a capire quale sia.

Per capire quale è il nostro occhio di forza bastano 5 secondi. Fate un cerchio con pollice ed indice della mano e portate questo cerchio ad una ventina di centimetri dal naso. Usatelo come mirino, con tutti e due gli occhi aperti, per inquadrare qualcosa, un oggetto che preferibilmente riesca a stare tutto nel cerchio oppure un punto particolare di un oggetto più grande.
Chiudete in maniera alternata i due occhi e continuate a guardare all'interno del vostro mirino. Quando chiudete uno dei due occhi, l'oggetto si sposterà notevolmente dal centro del mirino (a volte uscendo addirittura fuori dal campo inquadrato), mentre quando chiudete l'altro occhio l'oggetto si muoverà molto di meno, rimanendo pressoché al centro del campo visivo. L'occhio che sposta di meno l'oggetto è il vostro occhio dominante, quindi è quello che dovrete usare per l'osservazione telescopica al fine di ottimizzare l'osservazione e minimizzare la stanchezza.
Ovviamente questo accorgimento vale soltanto per l'osservazione telescopica, visto che ad occhio nudo e con un binocolo gli occhi da usare sono due.

Ultimo aggiornamento del: 08/06/2021 11:54:23

2 - Riconoscere le costellazioni.

Orientarsi nel cielo notturno

Come trovare la Stella Polare

Per sapersi orientare nel cielo e trovare gli oggetti è necessario saper riconoscere le costellazioni. Voi direte: ma i telescopi moderni hanno il gps e possono trovare da soli l'oggetto di interesse. In realtà no: è vero che i moderni telescopi hanno le montature motorizzate e computerizzate e quindi trovano in automatico gli oggetti, ma per farlo è necessaria una operazione preliminare per la quale è fondamentale una minima conoscenza del cielo e delle costellazioni: l'allineamento alla Stella Polare.

Per far sì, infatti, che il telescopio "vi porti" da solo ad un determinato oggetto, dovrete comunque dargli delle informazioni senza le quali non sarebbe in grado di farlo. Dovrete prima di tutto "indicargli" dove si trovi la Stella Polare ed allineare la montatura perfettamente nella sua direzione: quindi senza sapere quale sia e dove si trovi, non potrete far registrare al telescopio questa informazione.

Orsa Maggiore
Orsa Maggiore - da Stellarium

Dovrete quindi saperla individuare nel cielo e per farlo dovrete essere in grado di riconoscere la Costellazione in cui si trova, l'Orsa Minore, oppure dovrete riconoscere la Costellazione dell'Orsa Maggiore, nella quale dovrete saper individuare i cosiddetti puntatori della Polare, ossia le stelle Dubhe e Merak.

E' proprio per facilitare questo compito, ossia individuare gli oggetti del cielo notturno, che l'uomo ha attribuito agli insiemi di stelle dei nomi che gli ricordassero delle figure. Una volta giunti sotto la volta celeste, infatti, vedremo centinaia o migliaia puntini luminosi tra i quali dovremo riuscire ad orientarci. Senza alcun punto di riferimento, questo sarebbe impossibile.

Orsa Minore
Orsa Minore - da Stellarium
Stagionalità delle costellazioni e
spostamento apparente del Sole.
In base alla posizione della Terra rispetto
al Sole sarà possibile osservare zone
diverse di universo.

Sono nate, allora, le Costellazioni. E', infatti, innata nell'uomo la capacità di vedere figure ovunque, nelle nuvole ma anche tra le stelle, e proprio le costellazioni sono l'aiuto più grande che abbiamo per orientarci sotto il cielo notturno. Ma le costellazioni mutano in base alle stagioni, ripresentandosi ogni anno come le abbiamo viste l'anno precedente. Saper quali costellazioni corrispondono alle stagioni è un altro fondamentale primo passo da fare nel nostro percorso. Una volta in grado di riconoscerle, non sarà più così difficile orientarsi sotto un cielo stellato.

 

Ultimo aggiornamento del: 08/06/2021 12:13:29

3. Conoscere il posto da cui osserviamo.

Dove siamo?

Sfera celeste locale. Software Stellarium

 

Sapere dove siamo ci farà riconoscere più facilmente le costellazioni. Ai fini osservativi, diventa molto importante sapere dove siamo per sapere cosa possiamo guardare. Dobbiamo infatti ricordare che le stelle visibili dall'emisfero boreale sono diverse da quelle visibili in quello australe. E' molto importante anche sapere se siamo orientati a sud, a ovest, a est o a nord, soprattutto quando non abbiamo tutto il cielo a nostra disposizione, ma abbiamo ostacoli che lo limitano. Entrano in gioco, quindi, le coordinate terrestri e celesti.

Ultimo aggiornamento del: 08/06/2021 12:04:49

4. Saper scegliere il posto e la serata.

Non tutti i posti sono adatti alle osservazioni e non tutte le sere sono buone.

Per alcuni tipi di osservazioni, come quelle riguardanti oggetti del Sistema Solare, ad esempio la Luna, può andar bene anche un cielo suburbano o addirittura urbano, ma se vogliamo spingerci verso oggetti più deboli come nebulose o galassie abbiamo bisogno di un livello molto più basso di inquinamento luminoso. Allo stesso modo, una serata caratterizzata da vento è sconsigliabile per chi ha in mente la ricerca dei dettagli planetari. Occorre quindi avere informazioni sulla visibilità e sulle condizioni atmosferiche, ossia sul cosiddetto seeing, per evitare più possibile viaggi a vuoto nel caso decidessimo di allontanarci parecchio dal posto in cui viviamo.

La Luna dalla città. Credit Astronomiamo B.M.

SEEING 

L'illuminazione italiana.
Foto scattata dalla Stazione Spaziale Internazionale.
Credit NASA

Attualmente la sfera celeste non è riconosciuta come un bene da tutelare e le illuminazioni notturne, molto utili sulle strade, creano grandi disagi per le osservazioni del cielo notturno.
Oltretutto il cielo ha una propria luminosità che, data da fattori naturali, non si può eliminare.

In particolare, il crepuscolo astronomico corrisponde al Sole posto 18° sotto l'orizzonte (nel crepuscolo nautico i gradi sono 12 mentre nel crepuscolo civile sono soltanto 6). Quando il Sole raggiunge i -18° rispetto all'orizzonte, quindi, si ha il buio massimo ottenibile per quella notte visto che anche nel caso il Sole andasse più giù il buio non aumenterebbe. Anche in questo caso, ed in un posto ideale in cui non ci sono luci artificiali nel raggio di molti chilometri, il cielo non sarebbe completamente buio e sappiamo il motivo.

Il seeing può essere inteso in due maniere. Il seeing di primo tipo provoca una deformazione temporanea e variabile degli oggetti mantenendone però la visibilità sostanziale e la loro riconoscibilità. Il seeing di secondo grado invece determina la rottura dell'immagine in tanti frame, con il risultato che l'oggetto risulta addirittura indistinguibile o irriconoscibile.
In tutti i casi, gli ingrandimenti ai quali potremo spingerci saranno senza dubbio legati al grado di seeing presente. Nelle nottate peggiori, quindi, ci si accontenterà di ingrandimenti molto bassi.
A volte per seeing si intende la misura in secondi d'arco dei particolari distinguibili, ovvero il valore del potere separatore in determinate condizioni osservative. Ad esempio, un seeing di 1'' vuol dire che le condizioni atmosferiche consentivano di risolvere dettagli di un secondo d'arco. Questo significa che sebbene il nostro strumento riesce a farci vedere dettagli di 0,6'', per quella sera occorre adeguarsi perché non si è in grado di scendere sotto il secondo d'arco. Questo è anche il motivo per il quale spesso strumenti più grandi di 250 mm di apertura sono sprecati: consentono un potere risolutivo che la notte non consente. Resta invece la validità in termini di raccolta di luce. Seeing migliori si avranno vicino al mare, in pianura e su altopiani.
Solitamente, il seeing migliora quando gli astri sono alti rispetto all'orizzonte dal momento che devono attraversare una quantità di atmosfera minore rispetto alle posizioni più basse sull'orizzonte.
In generale, in prossimità di una perturbazione il seeing è pessimo e fa scintillare persino pianeti come Venere o Giove.

Alla luce dei fatti, un cielo perfettamente buio possiede una magnitudine visuale pari a 22 per secondo d'arco quadrato allo zenit (sopra la vostra testa). Con Luna piena, la magnitudine passa a 18-19. Osservare vuol dire staccare gli oggetti dal cielo, quindi tanto più il cielo è brillante e tanto più sarà difficile staccare gli oggetti più difficili.

Il seeing rappresenta la visibilità, che spesso corrisponde al grado di agitazione atmosferica indipendentemente dalla velatezza del cielo. Viene quindi fatto corrispondere al grado di scintillazione dei corpi celesti visibili. Ovviamente, comunque, la visibilità è data da svariati fattori. Per uniformarsi c'è sempre bisogno di una scala di misura, e per il seeing ne sono state proposte svariate.
Trasparenza del cielo e buon seeing sono due fattori che capitano raramente insieme, quindi il massimo che si può fare, spesso, è cercare un buon compromesso anche relativamente al luogo di osservazione. Da alcuni luoghi sarà possibile vedere soltanto una parte di cielo, magari per ostacoli fisici che occludono altre direzioni oppure perché in altre direzioni ci sono città, aeroporti, ecc.
Già uno scintillamento delle stelle più marcato indica che la serata non è buona, dal momento che è presente una forte turbolenza atmosferica. Lo scintillamento deriva dal fatto che l'atmosfera devia alcuni fotoni mentre altri ne passano e visto che la sorgente di radiazione è puntiforme i fotoni deviati significano che la luce di quel punto, in quel momento, non ci giunge. Per i pianeti il discorso non vale, dal momento che la radiazione proviene da un disco non puntiforme quindi la radiazione ci giunge in ogni istante.
E' possibile prendere ad esempio alcune zone di cielo per stimare la magnitudine minima che si riesce a staccare dal fondo. Un esempio su tutti è la sequenza polare, un insieme di stelle a magnitudine nota sempre visibili nel cielo poiché circumpolari.

SEQUENZA POLARE

Date le magnitudini, si può cercare quali stelle sono visibili. Almeno quelle di magnitudine intorno a 5 dovrebbero essere viste per poter dire che la serata è perlomeno discreta. Se si riescono a vedere stelle a magnitudine intorno alla sesta la serata è veramente perfetta. E' possibile fissare alcune stelline di riferimento in ogni zona di cielo: si contano stelline intorno a magnitudine 5,5-6 e poi si vede se sono visibili. Se non sono visibili, meglio cambiar posto o cambiar serata.

Valutare la bontà del cielo attraverso la sequenza polare o qualsiasi altra zona di cielo porta comunque ad un dato molto soggettivo che dipende anche dallo stato psico-fisico di chi effettua la stima.
Sono stati elaborati molti modelli matematici per legare la magnitudine visuale limite alla luminanza del cielo.
In generale può valere la Relazione di Knoll:

mv = 7,93 - 5 log10 (1 + 104,316-L/5)

dove mv è la magnitudine limite visuale e L è la luminanza del cielo espressa al solito in magnitudini su arcosecondo quadrato.
Ad esempio, con una luminanza di 22 si ottiene visibilità per le stelle fino a 6,6 magnitudini.
Ovviamente occorre tener presenti anche altri fattori come ad esempio l'esperienza dell'osservatore. Alcuni modelli lo fanno, prevedendo una variazione sulla magnitudine limite in dipendenza dell'esperienza:

dm = 0,16 (6 - e)

dove dm è l'incremento o decremento di magnitudine ed e è il parametro di esperienza, che varia da -0,8 magnirudini per un osservatore inesperto a +0,5 magnitudini per uno esperto.

LA SCELTA DEL LUOGO DI OSSERVAZIONE
Molte volte il luogo di osservazione è obbligato: durante la settimana spesso non ci si può permettere di passare la notte fuori casa perché il giorno dopo si lavora, e quando si riesce a rubare qualche ora alla notte non è il caso di allontanarsi troppo, altrimenti la maggior parte del tempo viene impiegata per guidare e montare il telescopio.
Spesso, quindi, si rimane dalle parti della città, dove l'inquinamento luminoso rende il cielo molto più chiaro di quel che dovrebbe essere.

L'occhio nudo riesce a vedere fino alla magnitudine 6, ma non è un suo limite. Il problema è che il cielo notturno, anche in condizioni ideali, è comunque dotato di una certa luminosità, quindi il buio non è mai davvero buio.

Alcune indicazioni, tuttavia, possono aiutare a scegliere un posto e renderlo un po' più adatto. Innanzitutto, se si è interessati ai pianeti è bene assicurarsi che non vi sia vento, perchè al contrario l'osservazione non sarà sicuramente buona. I pianeti necessitano di atmosfera tranquilla, a prescindere dalla foschia e dalla Luna Piena. Non importa molto l'inquinamento luminoso, ma la stabilità atmosferica è assolutamente necessaria, visto che l'oggetto che andremo ad osservare sarà molto piccolo: l'inquinamento lo renderà poco dettagliato e limpido. Quindi per i pianeti occorre evitare di posizionarsi, anche in assenza di vento, vicino a fonti di calore oppure di fronte a tetti di altre case. Il motivo è fisico: fonti di calore, case, camini, ecc. di notte restituiscono il calore accumulato di giorno e questo calore sale fino a scontrarsi con l'aria fresca notturna, formando vortici che alterano la stabilità atmosferica. Per lo stesso motivo, se la serata è fredda è inutile tentare l'osservazione dalla finestra di casa dal momento che dall'appartamento fuoriesce aria calda.
Se si va a caccia di comete, è del tutto inutile farlo dalla città dal momento che - a parte fenomeni rari come le esplosioni della McNaught e della 17P Holmes - le comete che passano nei nostri cieli (più di quante possiate immaginare) sono molto deboli. Allo stesso modo, se il cielo è quello cittadino difficilmente riuscirete a vedere galassie e nebulose: basti pensare che da Roma gli unici oggetti del catalogo di Messier che possono essere visti sono, a parte gli ammassi aperti e globulari, in Orione e M45 nel Toro. E' anche ovvio che per vedere questi oggetti, più sfumati e deboli, è preferibile un cielo di Luna Nuova o giù di lì.
Un posto alto rispetto al livello del mare e la presenza di vegetazione migliora la visibilità, quindi potendo scegliere è preferibile spostarsi in un campo d'erba in collina, perlomeno.
Man mano che aumenta l'altezza del posto di osservazione, il cielo diventa più trasparente. L'altezza migliore si aggira tra i 1500 ed i 2800 metri. Più in basso, c'è il peso di tutto lo strato atmosferico mentre più in alto iniziano problemi di rarefazione che possono far perdere lucidità a causa della difficoltà di respirazione.

In pratica, se si ha interesse ad osservazioni di qualità che non siano planetarie, il posto non può prescindere dalla lontananza da luci artificiali quali lampioni, cartelloni pubblicitari, ecc. Occorrerebbe schermare l'obiettivo da queste luci, anche tramite appositi filtri interferenziali.

LA TRASPARENZA ATMOSFERICA
Un cielo buio spesso non basta visto che occorre fare i conti anche con l'assorbimento atmosferico dovuto principalmente alle goccioline di acqua nell'atmosfera, quindi all'acqua allo stato liquido e non vapore acque, più trascurabile. Altre cause minori sono rappresentate da polvere ed inquinamenti vari, che se non rappresentano problemi diretti hanno l'infausto ruolo di condensare il vapore acqueo in goccioline liquide.
In genere questo assorbimento durante le notti limpide sui monti dell'Italia si aggira tra 0,2 e 0,4 magnitudini allo zenit e varia in funzione dell'altezza sull'orizzonte, visto che un raggio di luce deve attraversare una massa d'aria maggiore man mano che si scende in altezza visiva. In condizioni standard, l'assorbimento atmosferico raddoppia dallo zenit a 30° di altezza, triplica a 20° e quadruplica a 15°.

MISURAZIONE DELLA LUMINANZA E SCELTA DEL LUOGO PIU' BUIO
Misurare la luminanza del cielo non è impossibile, ad oggi. Esistono molti modi. Quelli più in voga presso gli osservatori si basano su riprese fotografiche di zone ben conosciute di cielo per verificare fino a quali magnitudini è possibile immortalare le stelle.

Ovviamente si tratta di un metodo che gli astrofili "normali" non possono eseguire visto che richiede un bel po' di tempo che invece potrebbe essere dedicato ad altro.
Attualmente esiste in commercio un apposito strumento che consente la misurazione con un semplice tasto. Si chiama Sky Quality Meter ed ha un prezzo che si aggira intorno ai 135 euro. Viene prodotto dall'azienda Unihedron ed è importato in Italia dalla società Geoptik. Esistono due versioni a dire il vero: la SQM costa 125 euro ed inquadra una zona di 90°, quindi rischia di venire influenzata dalla luce proveniente dalle zone più basse del cielo; la SQM-L invece inquadra soltanto 20° di cielo, quindi puntata verso lo zenit fornisce una misura ottima della luminanza effettiva del cielo.
Misurare la luminanza del cielo è un grande aiuto anche alla comunità scientifica ai fini statistici. Le misurazioni possono essere riportate allo stesso sito della società costruttrice (Unihedron - Registrazione luminescenza) .
Ovviamente non si può girare tutta la notte con SQM in mano alla ricerca del posto migliore, quindi occorre affidarsi a delle mappe che indicano la luminanza media del fondo del cielo in base ai dati di inquinamento luminoso riscontrati da riprese satellitari.

EFFETTI DEL SEEING SULLE OSSERVAZIONI
In alcuni casi il neofita, dopo aver montato sul balcone di casa il suo nuovo telescopio nell'attesa trepidante della prima osservazione, lo punta verso il suo primo oggetto celeste, in genere la Luna, Giove o Saturno per elencare i più facili. Mette l'occhio all'oculare e....delusione: l'immagine appare sfarfallante, ondeggiante, a tratti sfocata, poco nitida.
Si dà allora subito la colpa al telescopio od all'oculare, magari ritornando il mattino dopo dal venditore, senza fare ulteriori prove, lamentando la scarsa qualità dello strumento acquistato. In molti casi, nella maggioranza, anzi, la colpa non è affatto dello strumento, ma di quello che viene chiamato "seeing astronomico" intendendo per tale il grado di turbolenza dell'aria che ci circonda.
Agli effetti pratici, la turbolenza ha infatti la conseguenza di spostare e far oscillare l'oggetto osservato nel termine di millisecondi, sfocandolo. Ognuno di noi ha osservato, nelle noti d'inverno con tramontana, lo scintillio delle stelle, specie di quelle luminose: quello è l'effetto del seeing cattivo e della turbolenza sull'occhio, si può quindi immaginare cosa sia tale effetto su un oggetto ingrandito decine di volte dal telescopio.
Le scale comunemente usate per la valutazione del seeing sono quella di Antoniadi (da 1 a 5) e quella di Pickering (da 1 a 10), il numero più basso indica il seeing peggiore, il più alto quello migliore. E' il caso, quindi, prima di osservare, di dare un'occhiata al meteo ed alle relative previsioni: se è previsto vento a 30 Kmh, è inutile osservare o, tanto meno, fotografare: meglio rimandare ad una serata più tranquilla. Infatti il fronte d'onda della luce proveniente dalle stelle e dagli oggetti celesti sarà sempre più ondulato a seconda delle masse d'aria che attraversa e del loro diverso indice di rifrazione. Il risultato sarà un'immagine ondeggiante e poco definita.

LA SCALA DI ANTONIADI
La scala di Antoniadi, un astronomo greco esperto in osservazioni del pianeta Marte vissuto alla fine dell'800, è stata concepita per descrivere l'effetto della turbolenza sulle immagini planetarie. Questa scala , può essere descritta analiticamente come segue.
I Eccellente. Immagine stellare perfetta e immobile. Disco di Airy ben visibile

II Buono. Lunghi intervalli con immagine ferma, alternati con brevi momenti di leggero tremolio.

III Medio. Immagine disturbata da tremolii, con alcuni momenti di calma.sfocatura dell'immagine

IV Cattivo. Immagine costantemente perturbata da persistenti tremolii, disco di Airy confuso, a tratti frantumato.

V Pessimo. Immagine molto perturbata che a stento permette di eseguire uno schizzo approssimativo. Disco di Airy spappolato

Oltre alla scala di Antoniadi, esiste anche una scala più articolata, la scala di Pickering, suddivisa in 10 fasi, basate sulla qualità delle immagini stellari: peggiore è il seeing maggiore è la “distruzione" della figura di diffrazione di una stella. Questa scala, seppure più precisa, è più difficile da valutare per un neofita.

SCALA DI PICKERING
Seeing 1: immagine circa doppia del diametro del terzo anello di diffrazione;
Seeing 2: immagine a tratti doppia del diametro del terzo anello;
Seeing 3: immagine che ha circa lo stesso diametro del terzo anello;
Seeing 4: disco spesso visibile, archi di anelli a volte visibili su stelle luminose;
Seeing 5: disco sempre visibile, archi degli anelli frequentemente presenti su stelle brillanti;
Seeing 6: disco sempre visibile, brevi archi percepibili continuamente;
Seeing 7: disco talvolta ben definito;
Seeing 8: disco ben definito, anelli completi ma in movimento;
Seeing 9: anello interno fermo, anelli esterni fermi a tratti;
Seeing 10: anelli fermi.

La sensibilità strumentale al seeing è funzione diretta del diametro dell'obiettivo (lente o specchio) del telescopio. Più grande è questo, peggiore sarà l'alterazione del fronte d'onda e la qualità dell'immagine in caso di seeing cattivo: nel grafico che segue è riportata una simulazione delle immagini stellari in funzione dell'apertura dell'obiettivo. Inoltre la turbolenza dell'aria varia in funzione della zona di cielo osservata, essendo massima nelle vicinanze dell'orizzonte e minima allo zenit, in quanto nel primo caso la luce deve effettuare un cammino maggiore attraverso le masse d'aria.

RELAZIONE TRA MAGNITUDINE LIMITE VISUALE E LUMINANZA DEL FONDO CIELO

INQUINAMENTO LUMINOSO 

INQUINAMENTO LUMINOSO NATURALE
Solitamente parlando di inquinamento luminoso si fa riferimento alla sua versione artificiale, dovuto alle illuminazioni pubbliche e ad altri tipi di illuminazione più o meno necessari.
Gran parte delle illuminazioni create dall'uomo è in effetti inutilmente proiettata verso l'alto, ad illuminare la pancia dei gabbiani più che le strade a percorrenza veloce, con il risultato che le particelle atmosferiche diffondono la luce schiarendo notevolmente il cielo.
Anche la luce proiettata verso il basso partecipa all'inquinamento luminoso, ma in misura minore e perlomeno ha un senso.
Senza scendere in polemica con questo tipo di illuminazione, che spesso crea veri e propri "mostri ecologici" totalmente inutili come i fasci di luce sparati in cielo dalle discoteche, si fa riferimento in questo contesto all'inquinamento luminoso naturale, dovuto essenzialmente a tre fattori:

chiaro di Luna;
chiaro di Terra;
luminescenza del cielo.

I fattori portano ad una illuminazione pari a quella prodotta da una lampada di 50W posta a 400 metri di distanza. E' calcolato che, in assenza di questa luce, anche Nettuno e stelle di pari magnitudine potrebbero esere scorti ad occhio nudo. La magnitudine "intrinseca" del cielo è stimata intorno alla 22, quindi il cielo brilla come una stella di magnitudine 22.

Il chiarore del fondo del cielo viene espresso in magnitudine/arcosecondo2, che è una misura della luminanza (ovvero di una intensità luminosa per unità di area), che nel Sistema Internazionale delle unità di misura è espressa in candele per metro quadrato (cd/m2).

Dire che il cielo ha una luminanza di 21,0 mag/arcsec2 vuol dire che è come se il cielo fosse interamente coperto da stelline di magnitudine 21, ciascuna posta in una piccola cella quadrata di un arcosecondo di lato. Con riferimento allo zenit, in genere si hanno i seguenti valori:

Luogo Luminanza del cielo
Grande metropoli fortemente inquinata tra 14 e 16 mag/arsec2
Città di provincia in zona industrializzata(es 40 km da Roma) tra 18 e 19 mag/arcsec2
Città di pianura a ridosso di montagne, lontana da agglomerati urbani 20 mag/arcsec2
Paesino di collina in mezzo alle montagne  21 mag/arcsec2
Osservatori astronomici internazionali  22 mg/arcsec2

CHIARO DI LUNA
Poche parole vanno spese per spiegare questo fenomeno, descritto sempre come positivo e romantico. In realtà, per chi esce in coppia con intenzioni romantiche il chiaro di Luna è una cosa ottima, ma per chi osserva il cielo, e soprattutto con preferenze per il deep-sky, i giorni che vanno dal Primo Quarto in poi sono vere tragedie. Il disco lunare, in fase di plenilunio, ha una magnitudine di -12,8 e toglie ben tre magnitudini al cielo: significa che se normalmente sono visibili stelle fino a magnitudine 6, con la Luna piena questo numero scende a 3. Gli oggetti deep-sky, invece, diventano quasi tutti inosservabili.

CHIARO DI TERRA
Il chiaro di Terra è esattamente uguale al chiaro di Luna, ma 43 volte maggiore. In realtà non ce ne accorgiamo in modo così netto perché a differenza del chiaro di Luna, il chiaro di Terra proviene dal nostro pianeta. E' visibile soprattutto nelle fasi di Luna crescente, quando a ben guardare noterete senza dubbio che, oltre alla sottile falce di Luna illuminata dal Sole, è possibile scorgere anche la parte del disco "oscuro". Si parla in tal caso di luce cinerea, a causa del colore del disco oscuro, simile a quello della cenere.
Se abitassimo sulla Luna, e se la Luna avesse una atmosfera come la nostra in grado di diffondere la luce proveniente dallo spazio, vedremmo un cielo molto chiaro.

LUMINESCENZA DEL CIELO
La parte meno nota di inquinamento luminoso naturale è dovuta ad effetti di varia natura. Il 30% circa del chiarore del cielo, anche in totale assenza di illuminazione artificiale e di Luna, è dato dalla luce delle stelle e delle galassie. Questo è vero nonostante il fatto che concentrare tutta la luce stellare visibile in una stella sola porterebbe ad un astro di sole -6,7 magnitudini.
Altro fenomeno di luminescenza è dovuto alla luce emessa dagli atomi e dalle molecole dell'atmosfera terrestre nella ionosfera (airglow): questa luce ha origine principalmente dalla fluorescenza di atomi e molecole che sono stati eccitati dalla radiazione solare e da interazioni chimiche tra i costituenti atmosferici. In pratica, si tratta di un fenomeno analogo a quello delle aurore polari ma decisamente inferiore.

AIRGLOW E ATTIVITA' SOLARE
Gli atomi eccitati dal Sole durante il giorno, continuano ad emettere luce anche di notte alla lunghezza d'onda di 557,7 nanometri, quindi nella parte verde-gialla dello spettro. E' quindi una radiazione visibile, ma per fortuna il nostro occhio non ha la sua sensibilità a questa lunghezza d'onda.
La quantità di airglow dipende, almeno così sembrerebbe, dall'attività solare ed infatti sembra seguire un ciclo undecennale.

La sua variabilità è anche di una certa entità, visto che modifica la luminanza del cielo da 21,3 magnitudini su arcoseconco quadrato al massimo dell'attività fino a 22,0 magnitudini su arcosecondo quadrato nelle fasi di minimo.

LUMINANZA E ATTIVITA' SOLARE

La luminanza media del fondo del cielo in relazione al tempo mostra un andamento che segue quello del ciclo solare undecennale.

Inoltre, di giorno vediamo il cielo azzurro a causa (o grazie) alla luce solare dispersa dalle particelle atmosferiche e la stessa cosa avviene di notte con la luce delle stelle, anche se in  misura decisamente inferiore e quasi trascurabile. Si parla di luce stellare diffusa ad indicare questo fenomeno.

Anche la luce interplanetaria ha i suoi effetti: si tratta della luce riflesa dalle polveri poste tra i pianeti, le stesse che danno vita alla luce zodiacale (oggi molto difficile da vedere). Questo tipo di luce si può presentare organizzata in sottostrutture legate ad un gran numero di asteroidi con gli stessi parametri orbitali e con frequenti collisioni.
Contributo minore è legato al Gegenschein (lume dell'opposizione): è la luce interplanetaria che appare sull'eclittica sottoforma di "ponti di luce", provocati dalla riflessione della luce solare sulle polveri presenti nei piani orbitali dei pianeti.

INQUINAMENTO LUMINOSO DIRETTO
L'inquinamento luminoso diretto è quello che arriva direttamente sul viso dell'osservatore, con il risultato che non si verificherà mai l'abitudine e l'adeguamento al buio necessario ad una buona osservazione. Questo deriva da luci stradali o luci di sicurezza delle case, ed è eliminabile soltanto spostando il luogo di osservazione verso posti più isolati, oppure munendosi di uno schermo. A proposito, alcuni comuni prevedono per legge lo spegnimento delle luci pubbliche stradali ad una certa ora. Questa è una legge e si può pretendere che venga rispettata.

LUMINOSITÀ ARTIFICIALE DEL CIELO NOTTURNO
Le luci di una grande città  rappresentano un problema per 80 chilometri intorno al centro cittadino, e continuano ad essere visibili fino a 240 chilometri di distanza. Nella fotografia in alto ci sono zone illuminate e zone buie, ma tra queste ci sono molte sfumature che cambiano di molto l'aspetto del cielo notturno. Cambia il numero di stelle visibili: in un centro cittadino possono contarsi una dozzina di stelle, tanto che un cittadino che si sposta in una località suburbana può rimanere incantato da un cielo che un abitante di un paese interno considererebbe scarso.
Il tenore dell'osservazione, quindi, varierà molto in base al luogo osservativo. Pianeti e stelle doppie non avranno problemi ad essere osservati anche dal centro delle città, se le stelle sono abbastanza brillanti da poter essere staccate dal fondo del cielo illuminato dai lampioni.
A questo punto, però, è importante distinguere tra le tipologie di oggetto: stelle e pianeti sono più facilmente osservabili dalle città perché la loro brillantezza è molto elevata e concentrata in un piccolo punto. A questo scopo, la raccolta della luce disponibile è un dato essenziale e le osservazioni migliori saranno a vantaggio di chi possiede strumenti con aperture maggiori. Chi dice che l'apertura non conta dice il falso: una apertura maggiore raccoglie più luce, quindi riesce a mostrare meglio luci provenienti da un oggetto concentrato.
I problemi iniziano con gli ammassi globulari: si tratta di oggetti la cui brillantezza è estesa su una superficie abbastanza grande, quindi dai centri cittadini appariranno come macchioline sfocate e non distinte. Anche in tal caso, una apertura maggiore facilita i compiti sempre per lo stesso motivo: raccoglie più luce e più dettagli.
In tema di galassie, invece, poco si può fare: la più vistosa alle nostre latitudini, M31 in Andromeda, dalle città apparirà sempre e soltanto come una stella brillante e molto sfocata, senza aloni intorno. Anche aumentando l'apertura del telescopio, i bracci della galassia non hanno abbastanza luminosità per staccarsi dal fondo del cielo ed in tal caso, quindi, è vero che l'apertura dello strumento è inutile.

Alcune soluzioni ci sono. Alcuni congegni tecnologici riescono a fornire immagini elettroniche elaborate ed in grado di scendere in dettaglio sulle immagini, ma così facendo si toglie il gusto dell'osservazione diretta. I filtri possono venire incontro al problema, eliminando dall'osservazione le bande tipiche dell'illuminazione pubblica e lasciando passare le bande della luce stellare.
 

Ultimo aggiornamento del: 08/06/2021 12:41:09

5. Prepararsi all'osservazione

Prima di poter osservare, sono necessari alcuni accorgimenti

Quando arriviamo sul posto, non dobbiamo avere fretta di iniziare ad osservare. Intanto, sarebbe bene raggiungere il luogo di osservazione prima che faccia buio, al fine di scegliere bene il posto, controllare che ve ne sia uno adatto per sdraiarsi o sedersi e, se abbiamo un telescopio, effettuare tutte quelle operazioni preparatorie volte allo stazionamento, alla predisposizione di prese e cavi, ecc., che diventano difficoltose con il buio. Non dobbiamo dimenticare che, come i nostri occhi, anche il telescopio avrà bisogno di qualche tempo per potersi adattare alle condizioni ambientali. Questo ci permetterà anche di essere pronti o quasi quando farà buio.

Occorre, quindi, far caso a vari aspetti che possono sembrare stupidi ma che diventano fondamentali per non rinunciare all'osservazione mezz'ora dopo essere arrivati.

PREPARAZIONE FISICA ED ADATTAMENTO AL BUIO
Spesso per la fretta di andare a vedere subito qualcosa si presta poca attenzione alla sistemazione. Invece, se si vuole osservare bene, si deve avere pazienza perché il cielo è lì e non ci scappa, salvo qualche evento crepuscolare, ma in tal caso è bene muoversi per tempo.
Innanzitutto il freddo: durante la stagione fredda è bene uscire di casa sempre ben coperti, con guanti, sciarpa e scarpe molto pesanti. Anche se a primo impatto pensiamo che non ce ne sia bisogno, dobbiamo pensare che per osservare il cielo bisogna star fermi molte ore e le prime conseguenze si sentono proprio sulle estremità come mani e piedi. Sarebbe meglio abbondare anche con i maglioni. Per le mani, è il caso di utilizzare i guanti almeno fino a che i guanti stessi non ci ostacolino la manualità necessaria a muovere la strumentazione.
Se la stagione è calda, invece, occhio alle zanzare: è sempre bene avere con sé uno spry efficacie, perchè ne attirerete di parecchie, soprattutto se avrete bisogno di luci.
Dotatevi di uno sgabello o sediolina. Sarà utile per voi oppure per appoggiarvi sopra qualcosa... 
Una volta arrivati sul posto, se avete degli strumenti, è bene perdere tempo per trovare una sistemazione stabile. Ad esempio, per un treppiedi, deve essere il più stabile possibile, dal momento che anche i semplici passi delle persone che sono con voi possono far vibrare l'immagine. Le gambe, quindi, non vanno allungate più di tanto perché più il treppiedi è alto e meno è stabile. Inoltre, è bene accertarsi che sia parallelo al terreno, e questo può essere fatto con una semplice livella a bolla. Molti telescopi hanno già un simile strumento sul treppiedi
Poggiate il tubo sul treppiedi e liberate obiettivo ed oculare dai relativi coperchi, perché il telescopio ha bisogno di abituarsi un po' al buio come, del resto, anche il vostro occhio.
Quindi, una volta montato il tutto, spegnete ogni luce ed iniziate ad adattarvi al buio, voi ed il vostro eventuale strumento osservativo. All'inizio la zona vi sembrerà molto buia, tanto da farvi credere di aver indovinato la serata. Man mano che la pupilla si abituerà, si aprirà e i bastoncelli entreranno in funzione, facendovi comprendere che ciò che prima era buio, probabilmente avrà assunto una sua luminosità.
Per l'occhio, bastano una decina di minuti, anche se i risultati migliori si ottengono dopo mezz'ora o quarantacinque minuti. Provate a fare un test: spente le luci, cercate di memorizzare il cielo con le stelle che riuscite a vedere. Fate lo stesso dopo una mezz'oretta passata al buio e vedrete un altro cielo. Anche la lucetta rossa (utile per vedere i planetari e comunque per cercare oculari, filtri, ecc.) può dare fastidio all'adattamento al buio quindi sarebbe il caso di guardarla di rado e solo quando necessario. In realtà il tempo di adattamento dell'occhio varia molto in base a ciò che si è fatto di giorno: se si è rimasti a lungo in presenza di forti luci artificiali il tempo di adattamento si allunga. Da evitare assolutamente è l'alternanza tra buio e luce: se osservate da casa, quindi, evitate di rientrare in casa continuamente perché passare da luce a buio non presenta alcun vantaggio, anzi.
Se si vuole evitare la luce rossa per vedere il programma della serata o il planetario, è possibile portarselo dietro in MP3, visto che ormai i lettori MP3 sono alla portata di tutti. Il tempo necessario ad adattarsi al buio può essere impiegato per sistemare i fili, il portatile (se c'è, ma fa luce!), i fogli, il registratore, e per fare quattro chiacchiere tra amici.

L'ADATTAMENTO TERMICO DEL TELESCOPIO
Altrettanto importante è l'adattamento termico del telescopio alla temperatura esterna.
Ogni variazione di temperatura influisce quindi sulle ottiche, alterandone la figura e degradandone le prestazioni. Se, quindi esiste una certa differenza tra la temperatura dell'ambiente dove il telescopio è custodito e l'esterno, occorre far ambientare lo stesso alla temperatura esterna, lasciandolo fuori per un tempo variabile tra un'ora e tre ore circa a seconda del tipo e della configurazione ottica e della massa vetrosa dello specchio e dell'obiettivo, pena immagini turbolente e distorte, per certi versi simili a quelle provocate dal seeing cattivo.
Il telescopio necessita di una mezz'ora di tempo nella stagione fredda, dato lo sbalzo di temperatura. Uno sbalzo di temperatura di 1°,5 determina una perdita di potere risolutivo molto importante, quindi vale la pena fare le cose per bene e lasciare il telescopio a riposo per un po', magari dopo averlo allineato con il cercatore e, nel caso, dopo aver fatto quanto necessario all'allineamento GPS.
Allo stesso modo, quando il telescopio viene riportato al caldo le superfici si appannano ma non bisogna mai asciugarle. L'umidità deve evaporare da sola, se è possibile lasciando il tubo senza coperchi per un po'. Una volta evaporata l'umidità, se è il caso si possono pulire vetro e specchio con un pennellino morbido.
In caso di mancata ambientazione termica si creano all'interno del tubo, specie di quelli chiusi, correnti d'aria e turbolenza accentuata che rendono talvolta difficile qualsiasi forma di osservazione.Alcuni strumenti possiedono quindi delle ventole che aspirano l'aria e l'umidità all'interno, ovvero, nei telescopi aperti, creano un flusso laminare che stabilizza la massa d'aria interna.
In ogni caso da questo punto di vista gli strumenti migliori sono quelli aperti con tubi truss, seguiti dai Newton, mentre quelli più problematici sono i telescopi col tubo chiuso, come rifrattori, Schmidt Cassegrain e Matsukov-Cassegrain: questi ultimi sono i peggiori dal punto di vista della stabilizzazione termica per la notevole massa di vetro del correttore. 

PREPARAZIONE DELLA SCALETTA OSSERVATIVA

All'inizio della serata osservativa, sarebbe meglio partire da oggetti non molto deboli dando la possibilità all'occhio di abituarsi alla "visione notturna". L'occhio, infatti, presenta un pigmento, la rodospina, che impiega circa un'oretta a rendere i bastoncelli adatti al buio. Se l'occhio viene colpito dalla luce, la rodospina deve ricominciare da zero la sua opera. Ne segue che partendo da oggetti non molto deboli, si dà la possibilità a questa sostanza di generarsi al meglio e rendere i bastoncelli più sensibili alla luce.

A metà della serata si potrà così passare all'osservazione degli oggetti più deboli, magari partendo da ammassi globulari per arrivare a nebulose e galassie. Si finirà la serata tornando agli oggetti più luminosi.
Una scaletta ben congegnata, quindi, deve tener conto del posto in cui ci si reca (se è vicino la città è inutile mettere in scaletta galassie con magnitudine elevata, non le vedremo mai) e deve vertere su 6-7 oggetti a notte.
Magari possiamo segnarci il nome, le coordinate equatoriali (e se si conosce già il posto di osservazione anche le coordinate altazimutali), una descrizione dell'oggetto che si vuole vedere.

QUALCHE TRUCCO

Visione distolta

Tra i trucchi noti agli osservatori esperti ce ne è unoa che si impara anche da soli, con l'esperienza appunto. Si chiama visione obliqua (o visione distolta) e consiste nel non fissare direttamente il corpo luminoso all'interno dell'oculare, ma nel fare in modo che la nostra vista gli ruoti intorno. Questo viene fatto per gli oggetti più deboli, come ad esempio le nebulose. Se guardiamo una nebulosa planetaria al centro del nostro oculare, spesso possiamo vedere soltanto la stella centrale ma se spostiamo l'occhio di una quindicina di gradi all'interno dell'oculare e lo facciamo ruotare intorno alla stella centrale possiamo riuscire ad osservare la nebulosità che la circonda. Questo perché la parte più sensibile della retina raccoglie l'immagine quando l'occhio destro è ruotato a sinistra e quando l'occhio sinistro è ruotato a destra. Ovviamente il discorso si lega a quello di prima: se il cielo non è buio o semplicemente se c'è la Luna è inutile cercare le nebulose e le galassie.

Se siamo interessati all'osservazione planetaria, invece, dobbiamo evitare di fissare a lungo all'interno dell'oculare perché i dettagli si possono vedere subito, al primo sguardo e nei momenti di perfetta calma atmosferica. Quindi, se abbiamo puntato un pianeta, lasciamo che il motore della montatura lo segua e, quando l'aria è calma, andiamo ad osservare per brevi istanti. Si ritiene che i dettagli siano più facilmente visibili se il pianeta si muove all'interno dell'oculare: si può quindi spaziare da destra a sinistra e ritorno con l'occhio oppure, una volta posto l'obiettivo del telescopio leggermente spostato rispetto al pianeta, eliminiamo il motore di inseguimento e ci mettiamo a guardare il pianeta mentre transita all'interno del campo visivo. Non bisogna esagerare con gli ingrandimenti, perché questi aumentano anche le oscillazioni e si perde nitidezza nell'immagine. Un'altra tecnica suggerita consiste nell'avvicinare l'occhio all'oculare e guardare il pianeta. Poi si chiudono gli occhi per qualche secondo e si riapre velocemente: in questo modo l'occhio non fa in tempo a compensare i contrasti ed i dettagli appaiono più marcati.

Occhio dominante

Come già accennato, sarebbe opportuno utilizzare il proprio occhio dominante durante le osservazioni telescopiche per ottimizzare la sessione. Purtoppo non è una condizione agevole stare con un occhio chiuso per mezz'ora mentre l'altro si sforza di guardare. Quindi, la cosa migliore sarebbe guardare nell'oculare con l'occhio dominante, mantenendo aperto anche l'altro. All'inizio non sarà facile, ma ci si potrà sicuramente abituare. Se intorno a noi sarà buio non ci saranno problemi e la situazione risulterà senza dubbio più comoda. Se intorno a noi non sarà buio, sarà più problematico perchè anche l'altro occhio si troverà a vedere qualcosa. L'altro occhio, infatti, anche se aperto, non dovrebbe vedere niente se non l'oscurità in modo che l'unica immagine diversa dal buio sia quella vista nell'oculare. Una volta abituari, osservare al telescopio tenendo tutti e due gli occhi aperti sarà molto più riposante e naturale.

L'oculare

Non necessariamente l'occhio va tenuto attaccato all'oculare. Se con l'occhio attaccato non vediamo niente, non dobbiamo preoccuparci: ci basterà spostarci leggermente per trovare la giusta posizione che ci farà vedere il cielo, anche proprio staccando l'occhio dall'oculare.

Ultimo aggiornamento del: 09/06/2021 00:29:29

6. Saper tracciare le osservazioni. 

Tenere traccia delle nostre osservazioni ha diversi vantaggi

Se vogliamo imparare dalle nostre osservazioni, è bene far in modo di tenere traccia degli oggetti osservati.

La cosa migliore che si potrebbe fare durante l'osservazione, sebbene l'uso di webcam astronomiche e CCD vari potrebbe far apparire la cosa un po' superata, sarebbe effettuare dei disegni di ciò che si vede attraverso l'oculare.

Disegnare ciò che vediamo dovrebbe facilitarcene il ricordo successivamente, sempre nell'ottica di voler osservare anziché vedere e basta.

Potremo disegnare i dettagli delle superfici planetarie, oppure il campo stellare inquadrato, per poi assegnare dei nomi a tutto quanto abbiamo visto. Marcare le stelle calcando più o meno il segno in base alla brillantezza che ci appare può darci una scala di magnitudini a partire dalle magnitudini delle stelle note.
Se proprio non si vuole disegnare (comporterebbe lo svantaggio di dover passare costantemente dal buio dell'oculare alla luce necessaria al disegno), si può prendere nota di ciò che si vede registrando la voce in un registratore per poi risentire a casa.
Per ciascuna osservazione andrebbero tracciati alcuni paramentri essenziali quali:
il luogo dell'osservazione;
la qualità del cielo (se possibile espressa come magnitudine di fondo) ed il seeing della serata;
il tipo di strumento utilizzato, gli ingrandimenti ed eventuali filtri applicati;;
la zona di cielo inquadrata o più precisamente il corpo celeste al centro del campo inquadrato;
le modalità di osservazione e il risultato acquisito;
data/ora.

Per ricordare tutto potrebbe venirci incontro un foglio prestampato che ci chieda già tutte queste informazioni e, magari, riporti già un cerchio all'interno del quale andremo a disegnare ciò che vediamo.

In questo modo, oltre ad imparare più velocemente, avremo anche la possibilità di confrontare il nostro disegno con una foto professionale, accorgendoci, magari di aver scoperto una supernova o aver visto per primi un bolide!

Ultimo aggiornamento del: 06/06/2021 19:27:47

7. Gli strumenti ottici

Principi di ottica e generalità sugli strumenti

Una volta acquisite queste prime conoscenze, è essenziale capire quale strumento ottico fa al proprio caso nel momento in cui si decida di acquistarne uno.

Per capire quale acquistare occorre dapprima conoscere alcuni loro aspetti e caratteristiche, se non ci si vuole affidare in toto al venditore, spesso non di fiducia.

Poche nozioni sull'ottica e su strumenti quali binocoli e telescopi saranno quindi necessarie per affrontare al meglio le scelte iniziali e per sapere cosa possiamo davvero aspettarci con la nostra strumentazione. 

Potete trovare queste informazioni nella nostra sezione Guida all'acquisto e all'utilizzo di un telescopio

 

 

Ultimo aggiornamento del: 09/06/2021 00:17:15

8. Affinare le osservazioni

Entrare nei dettagli dei vari corpi celesti, dai pianeti alle galassie.

Una volta che abbiamo acquisito la capacità di orientarci tra le stelle e che abbiamo iniziato ad osservare i primi oggetti, è possibile approfondire i dettagli di ciò che ci interessa.

Se vogliamo studiare i pianeti possiamo approfondire quali filtri usare, a quali ingrandimenti e cosa cercare: un cratere anziché un altro, una particolare configurazione di un satellite con il pianeta o con gli anelli.

Se ci interessiamo di profondo cielo dobbiamo sapere quali galassie e nebulose sono alla portata dei nostri strumenti, quali frequenze tagliare per avere un effetto migliore.

Possiamo invece essere interessati alla Luna oppure al Sole.

Per ciascuno di questi corpi esistono delle regole sperimentali già provate da altri, anche se provare in prima persona è sempre più emozionante.

 

Ultimo aggiornamento del: 06/06/2021 21:38:01