I telescopi e il loro uso
I telescopi sono al centro del mondo astrofilo. Spesso ci si chiede da quale telescopio sia giusto cominciare ma esistono diverse configurazioni in grado di adattarsi più o meno bene a ogni preferenza, che sia visuale o astrofotografica
Osservare il cielo è una passione che può conquistare, avvincere chiunque, grandi e piccoli. Scegliere come farlo può rappresentare una decisione difficile, anche per aspetti che esulano dal prezzo.
Nella nostra sezione di avvio alla pratica, abbiamo già parlato di quanto sia importante, prima di tutto, imparare ad osservare il cielo ad occhio nudo, a riconoscere gli oggetti e conoscerne le caratteristiche.
In questa sezione ci occuperemo del passo successivo, ossia della osservazione al telescopio e quindi della scelta di quello giusto.
I telescopi
I telescopi astronomici sono strumenti ottici attraverso i quali è possibile esplorare l’Universo che ci circonda. Sostanzialmente si tratta di strumenti in grado di catturare molta più luce di quanto non possa fare l’occhio umano e quindi rivelarci oggetti altrimenti a noi invisibili o scarsamente visibili. Inoltre, consentono un notevole ingrandimento dell’immagine, fattore determinante nell’osservazione dei pianeti e importante per cogliere dettagli e particolari della Luna e del Sole (con appositi filtri dedicati).
Esistono innumerevoli tipi e configurazioni di telescopi, diversi per schema ottico, montatura, prestazioni e prezzi, e quindi adatti ad un utilizzo sia professionale che amatoriale. La caratteristica più importante di un telescopio è la sua apertura, cioè il diametro della lente principale o dello specchio primario. L'apertura determina la luminosità ed il contrasto di tutto ciò che potete osservare. Un telescopio di 6 centimetri di apertura non potrà mai mostrare stelle deboli o dettagli come un buon telescopio di 15 cm. Un buon telescopio di 15 cm, invece, non potrà mai competere con un buon 25 cm. L'ingrandimento massimo ottenibile è quindi anch'esso in funzione dell'apertura: diffidate quindi di chi vi offre strumenti da 6 cm capaci, a suo dire, di 300 ingrandimenti: sicuramente i 300x saranno raggiungibili, ma a prezzo di un'immagine sfocata, priva di contrasto e dettagli.
Particolare attenzione dovrà anche meritare la montatura: una montatura solida, equatoriale o altazimutale che sia, sarà sempre una garanzia di una visione ferma e priva di tremolii, ma se si parla di astrofotografia, specie a lunga esposizione, allora la qualità della montatura diventa l'elemento più importante, senza il quale non si potranno ottenere risultati accettabili.
Una prima classificazione dei telescopi può essere quella legata ai mezzi ottici utilizzati come obiettivi: lenti o specchi.
L'elencazione dei telescopi di seguito riportata ha tuttavia solo valore riassuntivo, trattando solo delle tipologie di strumenti più diffusi tra gli appassionati, e non certo esaustivo, in quanto esistono decine e decine di configurazioni ottiche, ciascuna con determinate caratteristiche di progetto e di di utilizzo.
I telescopi a lenti o rifrattori
La rifrazione si verifica nel momento in cui un fascio di luce cambia la materia che si trova ad attraversare, passando ad esempio dall'aria al vetro. I telescopi a lenti sono anche detti rifrattori, in quanto sfruttano il principio di rifrazione della luce per portare ad un punto di fuoco l'immagine di un oggetto posto all'infinito. Lo schema ottico è quello illustrato nella figura che segue.
Schema di un telescopio rifrattore. Crediti Ziel.it
La luce raccolta dall’obiettivo viene focalizzata sul punto, ove si trova anche il fuoco dell’oculare, ed ingrandita da questo: è proprio attraverso l’oculare che si osserva quindi l’immagine inquadrata.
L'obiettivo dei rifrattori è in genere formato da due lenti di diverso indice di rifrazione, una frontale di tipo Crown, ed una posteriore di tipo Flint, di densità e peso maggiore, che portano al fuoco due dei colori dello spettro, verde e rosso, mentre il blu-violetto dà luogo a quello che viene chiamato "spettro secondario" e non giace nello stesso identico punto: in conseguenza di ciò, i rifrattori acromatici presentano, agli alti ingrandimenti, un leggero alone blu intorno all'immagine in un difetto chiamato aberrazione cromatica. L'aberrazione cromatica è, tuttavia, inversamente proporzionale al rapporto F/D (focale /diametro) dell'obiettivo: in parole povere, a parità di diametro, più lunga è la focale, meno avvertibile è l'aberrazione cromatica.
Importante è anche la aberrazione sferica da cromatismo o "sferocromatismo" che si aggiunge, negli strumenti commerciali a basso costo, al cromatismo, creando immagini flou e non incise agli alti ingrandimenti. Tali inconvenienti possono essere superati con l'uso di vetri speciali a bassa dispersione (doppietti ED) ovvero di tre lenti, od ancora di entrambe le cose, in modo da portare allo stesso punto di fuoco tutti i colori dello spettro; il costo di tali strumenti, detti "rifrattori apocromatici" è tuttavia molto elevato.
I rifrattori hanno il pregio di mostrare immagini molto nitide e contrastate ed il difetto della aberrazione cromatica, limitatamente, come si è detto, ai cosiddetti "rifrattori acromatici". In proporzione, il loro costo è più elevato degli strumenti a specchio, in quanto occorre lavorare otticamente entrambe le facce di ciascuna lente nell'obiettivo, e quindi 4 superfici in un doppietto, mentre negli obiettivi a specchio ne va lavorata una sola.
Nell'800 e all'inizio del secolo scorso i telescopi dei grandi Osservatori astronomici erano a lenti, con focali molto lunghe per contenere l'aberrazione cromatica. Nell'ambito amatoriale vengono spesso usati rifrattori a corto fuoco (F/D da 5 a 8), ED o APO, per fotografia astronomica con fotocamere digitali e CCD, quelli a lungo fuoco per osservazioni planetarie, lunari e solari (queste ultime con filtri appositi posti davanti all'obiettivo o con speciali prismi detti "prismi di Herschel").
L'aberrazione cromatica e un doppietto apocromatico. Crediti Phis.Uniroma.it
Ma, allora, i rifrattori sono strumenti eccellenti, superiori a tutti gli altri, data anche la loro fama indiscussa di immagini stellari e planetarie secche, puntiformi, contrastate? La risposta è semplice: sì, i rifrattori sono strumenti eccellenti, data anche l'assenza di ostruzione che favorisce il contrasto, tuttavia non credete a coloro che affermano che un rifrattore da 130 mm, magari apo, sia superiore ad uno strumento a specchio da 300 mm, ciò non è vero, ovviamente a parità di buona lavorazione ottica. Semmai il primo, meno sensibile al seeing, offrirà, oltre alle immagini contrastate, anche una migliore gamma di utilizzo, tuttavia nelle serate di seeing stabile, state sicuri che il secondo offrirà immagini notevolmente superiori. L'assioma, infatti, è sempre lo stesso: non c'è sostituto al diametro dell'obiettivo o dello specchio, e sarà sempre questo, a parità di tutti gli altri parametri, a determinare le prestazioni di un telescopio. I rifrattori, come abbiamo visto negli esempi precedenti, vanno bene e sono gestibili sino a diametri contenuti, in genere non oltre 150-160 mm, visto che andando oltre, le loro dimensioni e i loro pesi li rendono utilizzabili solo da una postazione fissa e con una montatura molto robusta; le dimensioni sono quindi il loro vero limite.
I telescopi a specchi o riflettori
I Newtoniani
Il classico telescopio a specchi è il riflettore Newtoniano, che prende il nome dal suo inventore, Isaac Newton. In questi telescopi, l’obiettivo è costituito da uno specchio parabolico (specchio primario) che riflette e focalizza il fascio ottico in ingresso su uno specchietto ellittico posto su un supporto a 45°(specchio secondario) e da questo "piegato" verso l’oculare attraverso un’apertura praticata sul fianco del tubo principale.
Schema ottico di telescopio newtoniano. Crediti Ziel.it
Il riflettore Newton, ed in genere gli strumenti a specchio, hanno il vantaggio di una totale acromaticità, in quanto la riflessione, al contrario della rifrazione, porta allo stesso punto di fuoco tutti i colori dello spettro visibile. Per contro, la lavorazione della superficie degli specchi va effettuata ad un livello superiore a quello delle lenti se si vogliono ottenere buoni risultati; inoltre la presenza sul cammino ottico della ostruzione provocata dallo specchio secondario e dal suo supporto provoca una interferenza al cammino della luce, che si traduce in un contrasto lievemente inferiore a quello degli strumenti a lenti, fermo restando il potere risolutivo, connesso al diametro. La facilità di lavorazione delle ottiche fa comunque sì che i riflettori Newton abbiano un costo che, a parità di apertura, è notevolmente inferiore quello dei rifrattori acromatici. I newton sono considerati strumenti "tuttofare" ed usati per l'osservazione e la fotografia sia di oggetti del profondo cielo che di Luna, Sole (con filtri) e pianeti. Un lato negativo dei Newton è l'ingombro ed il peso, che cresce con l'apertura: sino a 20-25 centimetri questi sono ancora gestibili con supporti equatoriali medi, oltre sono necessari postazioni fisse e montature adeguate. I Newton sono comunque gli strumenti più adatti per il principiante, dato il loro basso costo, la universalità d'uso e la loro robustezza.
I pregi del riflettore Newton sono l'ottima resa e l'incisività delle immagini anche ad ingrandimenti elevati al centro del campo osservato, mentre ai bordi l'immagine risente di aberrazioni come il coma (stelle elongate) al punto che per l'uso fotografico di tali strumenti, specie quelli a basso rapporto F/D è necessario un aggiuntivo ottico detto "correttore di coma". Tale inconveniente è direttamente, come si è detto, proporzionale alla diminuzione del rapporto F/D dello strumento, nel senso che un Newton a F7 ne soffrirà molto meno di uno a F4. Un problema degli strumenti di questo tipo (facilmente superabile con un minimo di pratica) è la necessità di una buona collimazione delle ottiche per ottenere prestazioni elevate. Per collimazione si intende, come si vedrà più avanti, che primario e secondario siano perfettamente in asse tra loro e in squadra col focheggiatore.
Per un uso visuale sono quindi preferibili i newton a f5 e 6, che danno prestazioni migliori rispetto a quelli a f4 e 3,5, sia per il coma ai bordi minore o trascurabile, sia per la maggiore facilità costruttiva, in quanto è molto più facile, anche coi mezzi e le tecniche attuali, la costruzione di uno specchio parabolico a f 6 di uno a f 4. Quanto alla qualità delle ottiche stesse, queste dovranno essere lavorate con una precisione di almeno 1/4 di lambda, ovvero della lunghezza d'onda della luce. Ottiche di tale tipo sono dette "diffraction limited" ossia che la loro risoluzione è limitata esclusivamente dalla diffrazione.
I telescopi a schema misto: i catadiottrici
Esiste una categoria di telescopi che adotta uno schema misto (catadiottrico), nel quale sono presenti sia specchi che lenti. Il più famoso catadiottrico è senz’altro lo Schmidt-Cassegrain (SC), uno degli strumenti più diffusi fra gli amatori evoluti. Lo strumento, il cui progetto è stato perfezionato e diffuso in USA nei primi anni 70 dalla Celestron, si è poi rivelato una carta vincente per la diffusione dell'astronomia amatoriale in USA ed in tutto il resto del mondo, ed è stato realizzato e diffuso anche dalla principale concorrente della Celestron, la Meade, anch'essa americana.
Lo Schmidt-Cassegrain è composto da uno specchio primario concavo sferico e da un secondario convesso sferico inserito in una lastra correttrice posta all’imboccatura del tubo. Per quest’ultima, anche se in realtà si tratta di una lente con potere convergente al centro e divergente ai bordi (superficie di Schmidt), si usa il termine “lastra” perchè essa non modifica la focale complessiva del sistema, ma serve esclusivamente a correggerne le aberrazioni ottiche residue. L’immagine si forma posteriormente al tubo, dietro un foro praticato al centro dello specchio primario. Come si può vedere dallo schema, questo giuoco di specchi riduce notevolmente l’ingombro complessivo dello strumento, rendendolo compatto e facilmente trasportabile.
Schema ottico di uno Schmidt-Cassegrain. Crediti Stargazing Newbie
Le caratteristiche positive che hanno reso celebre tale telescopio possono così riassumersi:
- eccellente correzione delle principali aberrazioni ottiche, pur in un campo leggermente curvo (ma negli ultimi tipi HD e ACF il campo è piano per l'astrofotografia)
- buona nitidezza d'immagine
- tubo ottico chiuso (bassa turbolenza interna e notevole durata delle ottiche)
- assenza di sostegni a crociera sul secondario (migliore qualità dell’immagine)
- grandi aperture a costi ragionevoli e con peso ed ingombro contenutissimi
- tiraggio elevato, ovvero possibilità di far fuoriuscire di molto il punto di fuoco dalla culatta del telescopio, cosa che presenta grandi vantaggi, specie in astrofotografia, per la possibilità di montare ogni tipo di accessorio senza problemi di messa a fuoco: ciò si verifica in quanto il sistema di focheggiatura di questo tipo di telescopi avviene con lo spostamento dello specchio primario.
- grande disponibilità di accessori
- grande versatilità
Tra i contro ci sono:
- Problema del cd. "mirror flop" ovvero microspostamenti dello specchio primario dovuto talvolta ad un gioco eccessivo tra il foro dello specchio primario (che scorre sul paraluce durante la focheggiatura) ed il paraluce stesso;
- Campo leggermente curvo negli SC classici, con coma ai bordi, mentre ora i moderni Celestron HD e Meade ACF hanno un campo sufficientemente piano.Tale punto è tuttavia di interesse per gli astrofotografi, mentre per coloro che si occupano di osservazione visuale non riveste molta importanza.
Gli S.C. sono quindi strumenti universali, atti sia all'osservazione e fotografia di Luna e pianeti che di oggetti del profondo cielo (Nebulose, Galassie, etc). Il segreto delle loro dimensioni contenute è nello specchio primario, di focale molto corta (in genere f2-2.5): lo specchietto secondario convesso fa da moltiplicatore, ad un rapporto di 4-5x, e porta la focale complessiva a f10, facendo ottenere focali elevate da un tubo corto. Per chi si dedica alla fotografia del cielo profondo, e per la quale tali rapporti focali risultano eccessivi, sono previsti riduttori di focale, che riducono il rapporto a f5 o 6,3.
Una curiosità della configurazione SC classica con a messa a fuoco con spostamento del primario è il fatto che il rapporto F/D di 10 (o di 11 nel C14) è mantenuto ad una certa distanza dalla parte finale del paraluce, ovvero della culatta. Se tale distanza aumenta, aumenta anche il rapporto F/D e la focale risultante, che può arrivare anche a f12. Tali strumenti costituiscono un compromesso validissimo ed insostituibile per l'appassionato che non ha preferenze specifiche ed i cui interessi spaziano dall'osservazione visuale generale, all'astrofotografia planetaria, alla astrofotografia deep sky.
La storia degli Schmidt Cassegrain si identifica ormai con quella della astronomia amatoriale: lo straordinario successo di questo tipo di strumenti, dalla fine degli anni 70 ad oggi, è la testimonianza della versatilità, facilità di utilizzo e di trasporto di questa configurazione ottica, di gran lunga vincente su tutte le altre. Dall'epoca dei primi SC marcati "Celestron Pacific" sono passati 50 anni, ma il mito inossidabile degli Schmidt Cassegrain permane tuttora, in tutte le sue infinite varianti e marche (Celestron Pacific, Bausch & Lomb, Celestron, Meade).
I diametri sviluppati e messi in commercio attraverso gli anni sono stati i più svariati: dai 10 cm di un Meade degli anni '80, al famoso 12,7 cm C5 Celestron, agli ancora più famosi Celestron 8 e Meade 8" da 20 cm, per arrivare ai Meade da 25 e 30 cm ed ai Celestron 14 e Meade 14 " da 36 cm, al 40 cm Meade di qualche anno fa.
La Celestron ha commercializzato un 15 cm (C6) dalle ottime caratteristiche, che però, anche sul mercato dell'usato, ha un prezzo che lo pone in diretta concorrenza con lo strumento da 20 cm, ed un 23,5 cm dalle ottime prestazioni in rapporto all'apertura, forse anche dovute al rapporto F/D di 2,5 dello specchio primario, più lungo rispetto agli altri.
Un'altra carta vincente di questa tipologia di strumenti è la possibilità, negli SC "classici" con campo curvo, di poter aggiungere un riduttore-correttore, in genere a f6,3, che riduce la focale a tale rapporto. In parole povere, uno SC 8" con tale aggiuntivo passa da 2000 mm a circa 1260 mm: tale soluzione è veramente utile, direi quasi necessaria, ove si voglia utilizzare questo tipo di telescopi per la fotografia del cielo profondo a campo medio.
Esistono in commercio vari tipi di riduttori di focale: Meade e Celestron a f6,3, entrambi molto buoni, e Optec a f5, che tuttavia ha un costo più elevato e presenta l'inconveniente di una distanza correttore-sensore critica, pur dando prestazioni assolutamente eccellenti. Relativamente a quest'ultimo punto, è bene chiarire che il rapporto F/D dei riduttori e le loro prestazioni ottimali vengono garantite ad una data distanza di progetto tra riduttore e sensore, oltre o prima della quale le prestazioni decadono. Tale distanza è, per i riduttori Celestron e Meade, di 106 mm, e di 55 mm circa per gli Optec.
Sono stati recentemente immessi sul mercato dalle case americane Celestron e Meade, Schmidt Cassegrain aplanatici, a campo piano, dedicati in particolar modo all'astrofotografia, con il nome di Celestron HD e Meade ACF, tuttavia il loro costo è notevolmente superiore agli SC "normali". Dal punto di vista meccanico, tuttavia, tali recenti strumenti presentano alcune interessanti innovazioni, quali un sistema di blocco dello specchio che evita il mirror flop e un dispositivo di ventilazione interna per accelerare la messa in temperatura delle ottiche.
I Maksutov-Cassegrain
Il Matsukov Cassegrain (abb. "Mak") è un telescopio catadiottrico che, come configurazione, dimensioni e peso è simile allo Schmidt Cassegrain, ma ne differisce per la relativa facilità costruttiva, dato che si avvale unicamente di superfici ottiche sferiche: uno specchio sferico ed una lastra concava, anch'essa sferica, all'interno della quale è applicato un cerchio alluminato di opportune dimensioni che funge da specchio secondario: la luce in ingresso attraverso la lastra colpisce infatti lo specchio primario ed è da questo riflessa verso lo spot alluminato all' interno del menisco, che a sua volta la rinvia verso il punto di fuoco, e lì ingrandita da un oculare. Al posto dello spot alluminato sul menisco, in alcuni strumenti del genere è anche ricavato, al centro del correttore, un vero e proprio portasecondario con uno specchietto alluminato convesso, simile a quello degli SC (variante Rutten Matsukov).
Anche in tal caso si verifica quanto detto per gli SC, e il secondario amplifica la focale del primario sino a rapporti tra f10 e 15. I Mak, tuttavia, a differenza degli SC, sono strumenti dedicati più all'uso planetario e lunare, per gli alti ingrandimenti che sono in grado di fornire con una elevata correzione ottica. Il loro costo è tuttavia superiore a quello degli SC classici, anche per la presenza, nei modelli di marca russa Intes o Intes Micro, oltre ad una eccellente lavorazione ottica, di una meccanica più sofisticata, che, nei modelli con messa a fuoco con spostamento del primario, non dà il cd "mirror flop" degli SC.
Punti negativi sono il peso, che diventa un fattore da considerare oltre i 20 cm, e la difficoltà di ambientazione termica delle ottiche, dovuta anche al considerevole spessore del menisco, senz'altro superiore a quello delle lastre asferiche degli SC.
Schema ottico di un Maxkutov-Cassegrain. Crediti Ziel.it
Una sottocategoria dei telescopi Matsukov sono i cd "Matsukov-Newton", in pratica telescopi Newton con un menisco anteriore sferico che corregge le aberrazioni residue di un primario anch'esso sferico e con uno specchio secondario molto piccolo. Questo tipo di telescopi, sviluppato da alcuni produttori russi, ha avuto una diffusione notevole come strumenti planetari e di osservazione ad elevati ingrandimenti, grazie alla notevole qualità ottica ed il ridottissimo fattore di ostruzione, che gli permette di sfoggiare immagini simili a quelle di un rifrattore. Nella figura sottostante un Mak Newton di produzione cinese, offerto ad un prezzo concorrenziale.
I Ritchey-Chrétien
Questa configurazione ottica, essenzialmente fotografica, è costituita da due specchi iperbolici con un rapporto F/D di 8. Si tratta di uno strumento a campo piano e dalla grande ostruzione, sino al 40% ed oltre, che lo rende inadatto per un uso visuale, data la perdita di contrasto dovuta all'ostruzione, anche se tuttavia questa non si nota in fotografia. Questa configurazione ottica è stata sinora comunemente usata solo in osservatori professionali per il costo elevato e la difficoltà di esecuzione delle ottiche In questo ultimo periodo stanno tuttavia avendo una discreta diffusione in campo amatoriale telescopi RC di marche cinesi a costi abbordabili.
La collimazione
Prima di concludere questa breve carrellata sui telescopi, si richiama l'attenzione del lettore su un punto: che tutti i telescopi a specchi hanno in genere bisogno, dopo un certo periodo d'uso, o in occasione di malaugurati urti, di un facile intervento di messa a punto delle ottiche chiamata collimazione.
Questa per alcuni, come i Newton, consiste nell'allineamento reciproco dello specchio primario e secondario agendo sulle viti di regolazione a 120° previste dal fabbricante. In altri, come gli SC, si collima solo lo specchio secondario, in altri ancora, come i rifrattori e i Mak col menisco alluminato come secondario, non è possibile alcuna collimazione, cosa che a prima vista potrebbe sembrare un vantaggio, ma che si traduce in un pesante handicap in caso di piccoli urti, che, per quanto difficili, possono sempre capitare con l'uso.
Nei manuali dei venditori è solitamente dato ampio spazio alle procedure di collimazione, mentre sul web sono rivenibili manuali e tutorial specifici fatti da appassionati.
Negli articoli che seguiranno saranno fornite alcune informazioni di base sulla procedura di collimazione delle ottiche.
I telescopi solari
Una importante avvertenza che si ritiene utile dare è quelle della osservazione solare.
Alcuni ritengono che sia possibile osservare il Sole al tramonto o all'alba: niente di più sbagliato e pericoloso, dato che anche in quelle 16 ore della giornata, grazie anche al fatto dell'amplificazione della luce operata dai telescopi, la radiazione infrarossa ed ultravioletta è sempre presente e dannosa.
L'osservazione solare va quindi effettuata con attenzione e servendosi di appositi filtri da anteporre all'obiettivo del telescopio. MAI, quindi, puntare un telescopio verso il Sole o permettere che un minore od una persona non informata lo usi di giorno: la inosservanza di tale elementare regola può portare a danni permanenti alla vista.
I telescopi solari sono piccoli rifrattori costituiti da un filtro preliminare di selezione di banda e rigetto della radiazione IR e UV (ERF), un filtro di risonanza di banda, detto Etalon, che produce una serie di picchi nel dominio selezionato, ed un ulteriore filtro che opera l'isolamento del picco corrispondente al centro della riga osservata (in genere l'idrogeno alfa). Questi sono prodotti in massima parte dalle ditte americane Coronado, Lunt, e Daystar ed hanno prezzi piuttosto elevati.
Esistono tuttavia alcuni piccoli telescopi solari, prodotti dalle ditte americane Coronado e Lunt, che ad un prezzo particolarmente abbordabile (tra i 650 e 1000 €) danno la possibilità di accostarsi a questa affascinante branca dell'osservazione solare.
Essi sono il Coronado PST ed il Lunt 35 THA.
Il primo, il Coronado PST, quello entrato per primo sul mercato, offre una banda passante non superiore a 1 A, ovvero quella che permette di osservare sia le proturberanze che i particolari sul disco.
Ultimo aggiornamento del: 08/06/2021 23:42:20
Le montature dei telescopi
Per chi fa astrofotografia la montatura riveste un ruolo importante almeno quanto l'ottica, ma anche il visuale necessita di una montatura adeguata. Tra altazimutali e equatoriali, motorizzate e non, cerchiamo di fare un po' di chiarezza
Contrariamente a quello che si può credere, la montatura non è un accessorio dell'ottica, ma un elemento fondamentale del nostro setup astronomico, la cui scelta va effettuata in alcuni casi prima di quella dell'ottica, anzichè il contrario.
Molti neofiti sono istintivamente portati a sottovalutare tale assunto, con la conseguenza che spesso si procurano ottiche buone su montature traballanti ed incerte, che ne vanificano la qualità.
Provate infatti ad osservare ad alti ingrandimenti su una montatura che, se appena sfiorata, cominci a far tremare l'immagine: non c'è ottica che tenga, non potremo osservare.
La scelta della montatura va comunque effettuata sulla base di due livelli: la scelta di primo livello deve essere effettuata in base a quello che vogliamo fare, ossia svolgere una attività soltanto osservativa, oppure anche fotografica.
Nel primo caso, vanno bene sia montature altazimutali (con inseguimento o dobson) che equatoriali.
Nel secondo caso, invece, è necessaria una montatura equatoriale, di precisione, capacità di carico e caratteristiche adeguate al setup fotografico che intendiamo adottare, vale a dire: focale di ripresa e peso complessivo del setup fotografico (telescopio principale, telescopio di guida, camera etc).
La scelta di secondo livello riguarda, invece, il peso e le caratteristiche dell'ottica (o delle ottiche) che intendiamo porre sulla montatura: più l'ottica pesa, ha un braccio di leva elevato, ed un diametro cospicuo, più la montatura dovrà essere robusta. Fondamentale a questo riguardo, è il braccio di leva, collegato alla lunghezza del tubo, a parità di peso delle stesso. Una montatura che regge bene uno Schmidt Cassegrain da 25 cm lungo, diciamo, 50 cm, potrebbe non reggere, o reggere male un Newton da 25 cm lungo 120 cm.
La montatura altazimutale
Una montatura altazimutale è un sistema meccanico che sostiene il telescopio e permette di puntarlo seguendo movimenti paralleli all'orizzonte (azimut) e perpendicolari ad esso (altezza). È in genere realizzata come un singolo braccio o due bracci (forcella).
La montatura altazimutale si presenta assai più robusta e rigida della montatura equatoriale in quanto il centro di gravità corrisponde con il centro dell'asse di rotazione (azimut) ,al contrario dell'equatoriale (l'altro tipo di montaggio usato per i telescopi) che presenta le masse spostate al di fuori del centro di gravità naturale.
La montatura altazimutale viene usata nei modelli più economici. È semplice come progettazione e costruzione, ma non è ideale nell'uso astronomico, perché la volta celeste ruota secondo assi che non sono paralleli né perpendicolari all'orizzonte (a meno che non si stia osservando precisamente dall'equatore terrestre), e l'osservatore è costretto a manovrare continuamente il telescopio su entrambi gli assi, e quindi con due movimenti, per mantenere l'oggetto nel campo di vista fornito dall'oculare. Inoltre, usando questa montatura il campo inquadrato ruota lentamente, (cd. "rotazione di campo"), cosa che impedisce la fotografia degli oggetti celesti, anche con sistemi elettronici di inseguimento sui due assi che la tecnologia mette oggi a disposizione degli amatori.
Nel campo degli strumenti professionali, invece, la situazione è diversa, in quanto la più efficiente distribuzione dei pesi e delle masse permette di realizzare montature meno pesanti, costose e complicate da gestire: il problema della rotazione di campo è bypassato da sofisticati e costosi "derotatori" meccanici ed elettronici: telescopi come il TNG italiano alle Canarie, il VLT dell'ESO in Cile sono a montatura altazimutale.
Le montature altazimutali hanno segnato negli ultimi tempi una grande evoluzione ed un grande successo di pubblico, specie da parte degli osservatori visuali che ne hanno apprezzato la praticità d'uso, la compattezza ed il peso non eccessivo, al punto da farne l'oggetto preferito da portare in siti montani per le osservazioni.
Una serie molto fortunata è stata la "Nexstar" dell'americana Celestron, ora arrivata al suo ultimo modello "Evolution", nella quale i suoi Schmidt Cassegrain da 150, 200 e 235 vengono posti su una robusta forcella monobraccio con corone dentate in bronzo, con una batteria ricaricabile integrata per l'uso sul campo sino a 10 ore senza alimentazione esterna, e con modulo wi-fi integrato per il comando e l'uso con dispositivi portatili Android o iOS.
I telescopi Dobson
Un particolare tipo di montatura altazimutale è detta dobsoniana dal nome del suo ideatore, l'americano John Dobson. Si tratta di una montatura altazimutale costruita con materiali poveri e precari: alluminio leggero, ed assai più spesso, legno, compensato, e talvolta addirittura cartone pressato, in genere a forcella, di estrema semplicità d'uso.
Anche se equipaggia a volte telescopi con specchi di generose dimensioni ed anche se molto in voga nel mondo amatoriale, specie anglosassone, è adatta solo per osservazioni visuali, preferibilmente ad ingrandimenti medio-bassi.
L'innegabile comodità di tale soluzione osservativa ha preso piede negli ultimi tempi anche in Italia, in quanto, a parità di spesa, permette di acquistare strumenti di diametro maggiore rispetto a quelli su montatura equatoriale, inoltre soluzioni collassabili permettono di ridurre l'ingombro e di mettere un 30 cm in una utilitaria, mentre stanno prendendo sempre più piede sistemi di inseguimento e di ricerca automatica che consentono di trovare e mantenere l'oggetto al centro del campo, evitando la seccatura del duplice continuo movimento, specie ad ingrandimenti elevati.
Tuttavia è bene precisare che non è tutt'oro quello che riluce: trovare gli oggetti più elusivi, anche sotto cieli bui non è cosa facile, specie per i novizi, quindi alcuni, dopo aver osservato gli oggetti più luminosi, luna e pianeti, se ne liberano e passano ad un'equatoriale. Tale montatura, come tutte quelle altazimutali, del resto, non consente di effettuare riprese fotografiche e CCD del cielo profondo per la rotazione di campo e rende molto laboriose quelle dei pianeti: c'è inoltre da considerare che, a focali risultanti elevate, l'inseguimento sui due assi crea inevitabilmente un micromosso che nuoce alla qualità delle immagini planetarie: non per nulla i migliori astroimager planetari usano solide montature equatoriali. Gli unici oggetti fotografabili, usando i dobson come grandi teleobiettivi, sono luna e sole (con filtri adatti) a focale nativa. Quanto all'equivalenza dei prezzi, un dobson da 200 mm con sistema go-to equivale ad un 150 mm su montatura equatoriale: il guadagno sembra evidente, e senza dubbio c'è, quindi coloro che intendono dedicarsi esclusivamente all'osservazione visuale potranno trarre vantaggio dal prezzo favorevole dei Dobson.
Quindi , per riassumere:
- Se si intende dedicarsi esclusivamente all'osservazione visuale, il Dobson potrebbe essere la scelta appropriata, a patto di scegliere versioni con inseguimento e puntamento automatico. Non ha molto senso, infatti, dire che tale soluzione è diseducativa perchè impedisce di imparare a conoscere il cielo e la posizione degli oggetti. A nostro avviso il cielo si osserva e si conosce ad occhio nudo (o tutt'al più con un binocolo) da siti montani o con cieli puliti. Meglio, infatti, passare una serata ad osservare piuttosto che a cercare oggetti che non si riesce a trovare, col rischio, per i meno motivati, dell'accumularsi della frustrazione e la conseguente voglia di abbandono.
- Se, invece, si ha in programma di dedicarsi subito o a breve scadenza all' osservazione fotografica del cielo profondo, o di Luna e pianeti, allora è meglio pensare all'acquisto di una montatura equatoriale adeguata alle nostre esigenze, all'ottica, ed al nostro budget.
La montatura equatoriale
Una montatura equatoriale è una montatura o sostegno di un telescopio che consente di "inseguire" il moto apparente di un astro nel cielo con un unico movimento, manuale o motorizzato, ruotando in sincronia col moto di rotazione terrestre.
La caratteristica fisica comune a tutte le montature equatoriali consiste nel fatto che l'asse principale intorno a cui ruota tutta la massa strumentale presenta, rispetto al suolo, un'inclinazione variabile in funzione della latitudine del posto in cui lo strumento si trova: tale asse è quindi puntato verso il Polo Nord celeste. Una volta effettuato con precisione tale puntamento, risulta quindi assente il fenomeno della rotazione del campo intorno all'oggetto inquadrato, che rende inadatte le montature altazimutali per astrofotografia. Al contrario, invece, tale tipo di montatura è adatta specificatamente per astrofoto.
Allineamento polare
A differenza della montatura altazimutale che non richiede alcun allineamento, le montature equatoriali vanno quindi tutte allineate verso il Polo Nord Celeste con il loro asse principale, l'asse cioè attorno al quale il telescopio ruota in 24 ore circa per mantenere l'oggetto osservato al centro del campo. Tale allineamento, mentre non deve necessariamente essere molto preciso nell'osservazione visuale, richiede nel caso dell'astrofotografia particolare precisione, che deve essere tanto più elevata quanto più alta è la focale del telescopio con il quale si fotografa.
Per ottenere tale precisione si ricorre al metodo detto di Bigourdan (o della deriva), che consiste nel posizionare il telescopio mediante successive approssimazioni, osservando la deriva di una stella in una direzione e nell'altra del campo.
Per facilitare l'operazione di allineamento al polo molte montature moderne alla tedesca hanno l'asse polare cavo, nel quale montano un piccolo cannocchiale detto cannocchiale polare che presenta un reticolo che facilita l'allineamento della montatura con il polo nord o sud celeste. In pratica, per fare sì che l'asse polare della montatura punti con esattezza il polo nord celeste si usa come riferimento la Stella Polare (che si trova attualmente a circa 44' dal polo) e, spostando gli assi di altezza e azimut, si traguarda la stella polare attraverso il cannocchialino polare, impostato sulla base dell'angolo orario della polare (basta seguire le istruzioni della montatura) e la si colloca nel cerchietto che segna il punto in cui si trova rispetto al polo in quel dato giorno dell'anno ed a quella data ora.
Esiste comunque un programmino freeware, che chi scrive usa sempre, chiamato "Polar Finder" che dà l'angolo orario della polare in quel dato momento e quindi il punto in cui va posizionata nel cannocchialino delle montature. Tale operazione è relativamente facile e non impegnativa per l'osservazione visuale, mentre, come si è detto, richiede una precisione molto più elevata per la fotografia.
Nelle montature che fossero sprovviste del cannocchialino polare, basta porre l'altezza della montatura alla latitudine del posto di osservazione, mettere l'asse di declinazione parallelo a quello di AR, e traguardare la polare attraverso il cercatore del telescopio, rifinendo il settaggio con i movimenti in azimut ed altezza della montatura. Può sembrare complicato, ma una volta eseguito per la prima volta, lo stazionamento diventa un'operazione routinaria. In alcune montature a forcella il cannocchialino polare è posizionato sulla forcella stessa.
Esistono diversi tipi di montatura equatoriale, quella alla tedesca, a forcella, all'inglese, a ferro di cavallo, etc.
Nel campo dell'astronomia amatoriale quelle che hanno trovato la massima diffusione, per la facilità costruttiva e d'uso, sono essenzialmente due: la montatura a forcella e quella alla tedesca.
Montatura equatoriale a forcella
Indicata solo per tubi ottici che non abbiano una eccessiva lunghezza.
Montatura equatoriale alla tedesca
È stata questa la prima montatura equatoriale ed è tutt'ora usatissima nel campo amatoriale per la semplicità costruttiva e per la sua facile trasportabilità. In questa montatura il telescopio è sempre posizionato da una parte (ora Est ora Ovest del meridiano dell'osservatore) mentre dall'altra parte sono posti dei contrappesi che bilanciano il peso del telescopio e dei suoi accessori. La montatura è validissima ancora oggi e trova il suo unico inconveniente con i telescopi robotizzati in quanto presenta il problema della reversibilità degli assi al meridiano: se si insegue un oggetto da Est ad Ovest, dal sorgere al tramonto, una volta che questo supera il meridiano (il cerchio massimo della sfera celeste passante per i poli celesti e per i poli dell'orizzonte), per poterne proseguire l'osservazione occorre riposizionare il telescopio invertendo la posizione telescopio-contrappesi.
La stragrande maggioranza delle montature equatoriali amatoriali odierne hanno questa configurazione, e l'inseguimento dell'oggetto osservato può essere effettuato a mano, muovendo l'asse di AR (quello diretto verso la Polare) con una manopola, oppure in modo automatico con l'uso di un motorino, accoppiato agli ingranaggi della montatura in modo da garantire la rotazione completa dell'asse della montatura in 24 ore.
Le montature di oggi presentano, oltre a semplici sistemi di motorizzazione sul solo asse AR o su entrambi, anche dei sistemi elettronici computerizzati che, una volta effettuato lo stazionamento, permettono di puntare gli oggetti celesti in modo automatico, senza intervento dell'operatore (cd. sistemi Go-To). Tali sistemi risultano molto utili in caso di astrofotografia di oggetti deboli, ma anche quando si opera visualmente in zone dove il cielo non è particolarmente limpido e sussiste difficoltà nel trovare gli oggetti da osservare.
I principali requisiti per un corretto funzionamento della montatura equatoriale alla tedesca sono:
- un buon stazionamento polare (requisito comune anche agli altri tipi di montature) di cui si è parlato in precedenza;
- il bilanciamento per tramite dei contrappesi, caratteristico di tale montatura.
La prima operazione di bilanciamento è quella dell'asse di AR: occorre quindi preparare il tele per l'osservazione, con puntatore, oculare e quant'altro, avendo cura di montare sempre, prima del tubo, i contrappesi sull'apposita asta, posizionare l'ottica verso l'alto e bloccare l'asse di Declinazione, quindi allentare la manopola (o le manopole, se più di una ) di blocco dell'asse di AR, e lasciare pian piano il tubo, verificando se il sistema è in equilibrio, se no, spostare lievemente i contrappesi in un senso o nell'altro, finchè il tutto è in perfetto equilibrio.
Una volta fatto ciò, serrare l'asse di AR e porre il tubo in posizione parallela al terreno, quindi rilasciare gradualmente il tubo stesso per vedere in che direzione muove. Se non è equilibrato, spostarlo nella sua culla sino a che non sarà in equilibrio.Inutile dire che l'operazione è da fare con attenzione, in quanto, per le montature che hanno un attacco dell'ottica alla stessa con il sistema di innesto a coda di rondine maschio e femmina, uno sblocco troppo repentino senza tenere il tubo con le mani potrebbe, ove non serrato a sufficienza nella slitta femmina farlo, cadere. In ogni caso, prima di fare questa operazione, è bene assicurarsi del serraggio perfetto dell'ottica nella slitta.
Per bilanciare, tuttavia, tubi grossi e pesanti, può essere vantaggioso un sistema di scorrimento di un sistema di contrappesi sulla barra maschio di scorrimento e di innesto del tubo sulla culla della montatura, come si vede nella foto allegata, relativa al C14 di chi scrive. Al contrappeso singolo è stato in seguito aggiunto una piccola barra di acciaio da 1 centimetro, sulla quale è possibile poi aggiungere, ove necessario, ulteriori contrappesi. Ciò facilita e velocizza moltissimo l'equilibratura in declinazione quando si devono aggiungere accessori o camere pesanti sul retro dello strumento e/o si cambia spesso la configurazione degli accessori stessi.
La gamma delle montature equatoriali alla tedesca commerciali varia da soluzioni economiche sui 250 €, come la Skywatcher Eq3 di cui all'immagine sottostante, con una ridotta capacità di carico (ca 4-5 kg) e di gestione dei tubi ottici a soluzioni intermedie come la Skywatcher Eq6 Synscan pro, che ha un sistema di puntamento automatico, e può ospitare pesi sino a 30 Kg, ed ha un buon rapporto qualità/prezzo (il costo si aggira sui 1200 €)
Una soluzione intermedia molto appetibile, per il notevole know how progettuale e di componentistica è la Avalon MZero di produzione italiana, immessa recentemente sul mercato e disegnata per l'astrofilo itinerante. Questa riunisce le caratteristiche di quattro diverse montature: può essere infatti utilizzata come equatoriale per tubi lunghi, mono forcella con fast reverse (evita il flip del meridiano) con tubi corti, altazimutale per astronomia visuale, e piattaforma time-lapse per foto panoramiche e riprese video. La struttura consente di porre inoltre due tubi ottici ai lati opposti dell'asse di declinazione. Il prezzo (3800 €) sembra adeguato alla qualità innovativa del prodotto, nettamente superiore alla media cinese, e delle soluzioni, tra le quali la possibilità di comandare il sistema di ricerca automatica proprietario Star Go anche da smartphone o tablet via connessione bluetooth. Tale montatura appare quindi più definitiva dei prodotti esteri in quanto destinata a durare nel tempo ed è rivolta ai neofiti che intendono iniziare in visuale con possibilità futura di astrofotografia senza perdere nulla quanto ad estetica, funzionalità e qualità.
Un'altra soluzione intermedia della Avalon come capacità di carico, ma di elevata qualità costruttiva, è data dalla Linear, montatura equatoriale classica che offre soluzioni all'avanguardia, sebbene il prezzo sia adeguato alla qualità della componentistica e delle soluzioni.
Una seconda soluzione intermedia della Avalon è la recente M0 Al top di fascia, si inseriscono montature del tipo dell'italiana 10 Micron GM 2000, delle statunitensi Astrophysics 1600 GTO e Paramount ME, con capacità di carico, prestazioni e prezzo elevato, che supera i 10.000 €.
Una 10 Micron GM 2000 HPS, montatura dalle eccellenti prestazioni in termini di capacità di carico, precisione di ricerca degli oggetti e di inseguimento.
L'americana Astrophysics 1600 GTO, anche questa montatura sofisticata e dalle ottime prestazioni.
La montatura robotica Paramount ME II, con soluzioni studiate per il comando a distanza o via web.
Conclusioni
Questa breve carrellata di montature equatoriali ha dato un'idea della situazione sul mercato consumer. Il consiglio per il neofita è tuttavia il seguente: evitare montature minuscole e traballanti, sono soldi, anche se pochi, assolutamente sprecati. Iniziare invece con una montatura di fascia e qualità media, come, ad es. una Skywatcher EQ 6, abbinata a tubi adeguati, a loro volta definiti a seconda che si intenda o meno dedicarsi all'astrofotografia, e quale tipo di astrofotografia.
Per intenderci, se si vuole osservare visualmente e/o fare astrofotografia di luna e pianeti, uno Schmidt Cassegrain da 8"-9 " sarà l'abbinamento ideale alla predetta montatura. Se, invece,ci si vuole dedicare all'astrofotografia del cielo profondo, allora un buon rifrattore apo tra 80 e 100 mm, abbinato ad una altro piccolo rifrattore per la guida, sarà la soluzione migliore.
Successivamente, una volta fatta pratica ed appreso le nozioni basilari sull'osservazione e la fotografia del cielo, si potrà pensare, se si hanno le possibilità economiche a tubi ottici e montature più perfomanti,e dal costo impegnativo.
Non fare mai, comunque, l'errore di pretendere di montare tubi ottici grandi e pesanti su montature inadeguate: ne soffrirà la montatura e l'osservazione sarà problematica ed insoddisfacente.
Un' ulteriore avvertenza riguarda la capacità di carico delle montature, spesso reclamizzata dai produttori in modo assolutamente ottimistico.
Ultimo aggiornamento del: 08/06/2021 23:56:49