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Le stelle variabili

Molte stelle nel cielo non brillano di una luminosità costante ma per una serie molto diversificata di motivi vedono la propria luminosità variare nel tempo, dando vita a una relazione costante o meno tra tempo e magnitudine. Sono le stelle variabili, alcune delle quali si legano alla vita stellare mentre altre assumono un ruolo fondamentale per la determinazione delle distanze nell'universo.

Generalità sulle stelle variabili

Definendo stella variabile ogni stella che vede variare la propria luminosità, non saremmo di fronte ad una classe a parte, visto che tutte le stelle variano la propria luminosità nel corso della propria evoluzione. La vita di una stella è fatta di fasi e ad ogni fase corrisponde una luminosità diversa. Esistono stelle che, tuttavia, modificano la propria luminosità in maniera visibile relativamente ai tempi umani perché la variazione avviene in tempi ridotti o comunque in modo evidente. Se, infatti, per le stelle variabili la luminosità muta in tempi brevi, anche in frazioni di giorni o di secondi, la variazione legata alle fasi evolutive della stella, invece, è lunga milioni di anni.

Una stella variabile è una stella il cui splendore apparente varia visibilmente durante il tempo.

La variabilità di una stella è oggi un evento normale, ma nei tempi antichi esistevano diversi dogmi, tra i quali l'immutabilità del cielo e delle stelle. Tutto era come sempre stato e come sempre avrebbe dovuto essere in futuro e una stella non poteva modificare la propria visibilità. Per questo, nei momenti in cui si verificava qualcosa di diverso, questo era considerato presagio di sventura. Basti pensare alla stella Algol (testa del diavolo) così chiamata proprio in segno di cattivo presagio legato alla sua variabilità.

Curva di luce di stella variabile
Curva di luce di stella variabile

Lo studio dell'andamento di una stella variabile si basa su un grafico che esprime la variazioni di magnitudine della stella in ragione del periodo di tempo preso a riferimento.

La differenza tra le magnitudini, massima e minima, fornisce l'intervallo di variabilità, mentre il tempo che passa tra uno dei punti di massimo o di minimo ed il successivo è il periodo di variabilità. Il grafico che ne risulta, viene detto curva di luce della stella variabile e dal suo studio è possibile, a volte, stabilire di quale tipologia di variabile si stia parlando. 

Il nuovo catalogo VSX (International Variable Star Index), gestito dall'American Association Variable Stars Observatory (AAVSO) presenta dettagli su 1.391.103 stelle variabili, aggiornato a fine 2019. Il catalogo è stato creato nel 2005 dal volontario di AAVSO Christopher L. Watson, in risposta alla necessità condivisa da professionisti e amatori di disporre di un database aggiornato. Iniziato come catalogo on line su oggetti con ampiezza superiore a 0.001 magnitudini, il catalogo si è evoluto fino a assumere il ruolo di risorsa essenziale per tutti, includendo informazioni provenienti da WISE, CoRoT, Kepler/K2, ASAS-SN e OGLE. VSX offre anche l'opportunità a chiunque di inviare proprie segnalazioni e di vedersi accreditata la scoperta dopo attento esame.

Le stelle variabili possono essere intrinseche oppure estrinseche. 

Variabili intrinseche 

Le variabili intrinseche vedono variare la propria magnitudine assoluta e si suddividono in regolari ed irregolari. 

  • Le variabili intrinseche regolari, anche dette pulsanti, sono le variabili la cui variazione è precisa e prevedibile. In poche parole, la variabilità è periodica. Ne sono esempi Cefeidi, RR Lyrae, W Virgins e Mira Ceti.
  • Le variabili intrinseche irregolari, invece, si distinguono ancora in irregolari propriamente dette, la cui variabilità non è dovuta a motivi apparenti (esempi ne sono le variabili di tipo T-Tauri e le stelle a brillamento), e le variabili irregolari cataclismiche, la cui variabilità è dovuta proprio a fenomeni particolari e distruttivi (esempi ne sono le novae e le supernovae).

Variabili estrinseche

Nelle variabili estrinseche, invece, la variabilità è solo apparente: la magnitudine assoluta resta uguale, ma accade qualcosa che fa variare quella apparente. Un esempio classico è dato dal sistema binario : nei momenti in cui una stella eclissa l'altra si ha un calo nella magnitudine apparente. Si parla in questo caso di variabili ad eclisse. Il 90% delle variabili ad eclisse ha periodo di durata inferiore ai 10 giorni, anche se esistono variazioni che arrivano a 9.883 giorni (Epsilon Aurigae) verso l'alto, e 0,2 giorni (SX Phoenicis) verso il basso. Le stelle variabili ad eclisse più importanti sono Algol, b Lyrae e W Ursa Majoris.

Un metodo molto utile consiste nell'accorpare alcune variabili che presentano le stesse caratteristiche di una capostipite che è già stata studiata ed analizzata, la quale assume quindi il ruolo di candela. In tal modo, le Cefeidi rappresentano le stelle variabili i cui comportamenti sono simili alla stella Beta Cephei (86 nuove stelle di tipo beta Cep sono state annunciate, tutte insieme, a metà 2019 in seguito a una survey del Kilodegree Extremely Little Telescope - KELT - "New Beta Cephei stars with KELT", arXiv, seguite poi da altre tre osservate tramite K2 - S. Burssens, et al. "New β Cep pulsators discovered with K2 space photometry"). 

L'appartenenza di una stella a determinate classi di variabili è fondamentale per lo studio delle distanze: analizzando la differenza tra le magnitudine apparenti di due stelle con la stessa (presunta) magnitudine assoluta, è possibile stabilirne la distanza.

Le stelle perse

Una particolare variabilità, anche se il termine viene usato in modo improprio, proviene dal confronto tra mappe ottenute da survey portate avanti in tempi molto distanti, visto che in alcune mappe possono esistere stelle non più osservabili in diverse epoche. Un progetto che si occupa di queste comparazioni è VASCO (Vanishing & Appearing Sources during a Century of Observations) portato avanti dall'Università di Stoccolma e dall'Istituto di Astrofisica delle Canarie. Dal confronto di seicento milioni di sorgenti puntiformi immortalati dal US Naval Observatory Catalog negli anni Cinquanta del secolo scorso con le stesse zone di cielo immortalate nella DR1 (Data Release 1) della survey Pan-STARRS sono risultate "perse" 150 mila stelle, tra le quasi sono state analizzate un centinaio di stelle "rosse transienti", che nell'USNO risultavano in banda rossa. Non è noto sapere quali siano le motivazioni dello "spegnimento" di queste stelle visto che di motivazioni possono essercene diverse: da stelle di più di venti masse solari implose direttamente in buco nero senza rilascio di controparte elettromagnetica significativa a fenomeni transienti come novae, distruzioni mareali, artefatti fotografici, flare di nane rosse (The Astronomical Journal -  “The Vanishing and Appearing Sources during a Century of Observations Project. I. USNO Objects Missing in Modern Sky Surveys and Follow-up Observations of a Missing Star” - Beatriz Villarroel et al.)

NOMENCLATURA E CATALOGAZIONE

Il nome delle variabili è assegnato secondo uno standard particolare. Si assegna una lettera maiuscola dell'alfabeto seguita dal genitivo latino della costellazione in cui la stella si trova. La lettera maiuscola è assegnata partendo da R. Una volta terminato il giro (arrivati cioè alla Q), si usano le lettere doppie come, ad esempio, RR. Si prosegue con RS, RT, ecc. Finite le 334 combinazioni possibili (e non è un caso raro), il prefisso diventa V335, V336, ecc. La lettera J viene sempre omessa. Le stelle variabili alle quali è già stato assegnato un nome, invece, non vengono ribattezzate. Un esempio è Antares.

Il catalogo delle stelle variabili si chiama Combined General Catalog of Variable Stars (GCVS), mentre le stelle ancora poco studiate ed in attesa di classificazione sono racchiuse nel New Catalog of Suspected Variable Stars (NSV).

Una stella che ha destato parecchio stupore, in termini di variabilità è RZ Piscium. Osservazione effettuate dal Rochester Institute of Technology di New York, hanno mostrato come la stella presenti variazioni non predicibili e molto varie, tanto da indurre gli scienziati a ritenere che la variabilità possa essere indotta da una nube di gas e polveri in orbita, quel che resta di uno o più pianeti distrutti. La stella si trova a 550 anni luce da noi, nella  costellazione dei Pesci e durante gli episodi registrati ha mostrato variabilità di un paio di giorni, fino a divenire dieci volte meno brillante nell'ottico per aumentare l'emissione in infrarosso . Proprio questa emissione dimostra la presenza di molte polveri riscaldate. Inizialmente si è pensato alla presenza di una fascia asteroidale intorno alla stella, simile al Sole, ma non si esclude la presenza di pianeti distrutti in seguito all'inizio della fase di gigante rossa

Illustrazione di un pianeta distrutto che lentamente si spezza in una nube di gas e polvere in orbita intorno a RZ Piscium
Illustrazione di un pianeta distrutto che lentamente si spezza in una nube di gas e polvere in orbita intorno a RZ Piscium
Crediti NASA Goddard Space Flight Center

 

Ultimo aggiornamento del: 28/12/2019 13:10:27

Le stelle variabili eruttive

Le variabili eruttive sono stelle la cui luminosità cambia in seguito a brillamenti e fenomeni violenti che avvengono nelle loro cromosfere e nelle loro corone.

Definizione GCVS (General Catalog of Variable Stars) - Le variabili eruttive sono stelle la cui luminosità cambia in seguito a brillamenti e fenomeni violenti che avvengono nelle loro cromosfere e nelle loro corone. Le variazioni sono solitamente associate a eventi che si verificano nel guscio esterno o a perdite di massa sottoforma di venti stellari di intensità variabile, e/o a interazioni con il mezzo interstellare circostante.

La definizione di variabile eruttiva è forse la più ambigua rispetto alle altre categorie esistenti, e non è un caso che più di 500 stelle risultino ancora incerte sulle circa 3900 catalogate all'interno del GCVS. Questa incertezza (espressa dal simbolo : dopo il nome della stella ) è data proprio dal meccanismo che genera la variabilità, non riconducibile ad una causa nettamente individuata, bensì ad un coacervo di cause che non costituiscono una lista ben definita.

Esistono ad oggi varie tipologie di stelle variabili eruttive, qui di seguito riportate:

STELLE B[E]

Le stelle variabili di tipo B[e] sono stelle che emettono generalmente con classe spettrale B, quindi molto calde e di colore tendente al blu. In realtà appartengono alla categoria B[e] stelle che emettono da O6 a B9, con classe di luminosità III nel visibile. Il periodo di variazione è di parecchio minore di un giorno, mentre le variazioni sono più che altro fotometriche, quindi pochi punti percentuali invisibili ad occhio nudo. Sono molto simili alle variabili Gamma Cassiopeiae, meglio definite, quindi, di solito, se una stella non rientra precisamente nella categoria GCAS viene fatta migrare alla categoria B[e]. A volte le righe di emissione possono sparire completamente, per tornare anche parecchi anni dopo. La variabilità è di tipo ciclico, ma non è prevedibile, non essendo costante nel lungo periodo.

VARIABILI BLU LUMINOSE (LBVs)

"Outbursts of luminous blue variable stars from variations in the helium  opacity" - Nature, 2018
"Outbursts of luminous blue variable stars from variations in the helium  opacity" - Nature, 2018

Le variabili blu luminose (LBVs) sono stelle che presentano picchi molto elevati di rilascio energetico in fenomeni chiamati "stellar geysers", ma il processo che alimenta questi fenomeni è sempre stato un mistero. Alcune simulazioni 3D hanno evidenziato, a fine settembre 2018, come il moto turbolento degli strati esterni delle stelle possano creare degli addensamenti di materiale stellare in grado di catturare radiazione fino ad eruttare e sparire, in un fenomeno di natura ciclica. Molte stelle massicce passano un lungo periodo in questa fase di variabilità e scoprirne i processi è dunque un aspetto molto rilevante poiché si tratta di stelle che, anche se poco comuni, influiscono notevolmente sull'evoluzione di una galassia .

Ad oggi ne sono state scoperte una dozzina nella nostra Via Lattea , con masse che possono eccedere le cento masse solari avvicinandosi al limite di massa ritenuto massimo. A fronte della grande gravità, c'è una radiazione estremamente potente e proprio dalla battaglia di questi due aspetti derivano i potenti burst ai quali si assiste saltuariamente. Studi precedenti avevano indicato nell'assorbimento di fotoni da parte dell'elio il giusto meccanismo per acquisire energia e fuggire nello spazio tramite "geyser", ma gli strati esterni non sembravano così densi da poter catturare luce a sufficienza. Fino all'utilizzo di 60 milioni di processori, in grado di fornire una immagine realistica degli strati esterni e, soprattutto, una immagine in tre dimensioni. Convezione e turbolenza creano delle zone a maggior densità, con addensamenti tali da divenire opachi al punto da dar vita a quanto effettivamente teorizzato. 

FU ORIONIS

T-Tauri
T- Tauri - Immagine Atlas ottenuta nella Two Micron All Sky
Survey (2MASS), progetto congiunto
dell'Università del Massachusetts e dell'Infrared
Processing and Analysis Center / California
Institute of Technology, finanziato dalla NASA e
dalla National Science Foundation

Le stelle variabili di tipo FU Orionis sono evoluzioni delle T-Tauri e la loro variabilità è dovuta a variabilità legate al disco di accrescimento . Sono oggetti solitamente deboli, ma soggetti a variazioni di luminosità che arrivano anche a 6 livelli di magnitudine in periodi di vari mesi. La variazione rende queste stelle evidenti anche dal punto di vista visuale. Tutte le variabili di questo tipo sono associate a nebulose a riflessione . Gli spettri vanno da A a G.

GAMMA CASSIOPEAE

Simili alle B[e] ma periodiche, anticamente chiamate Gamma Eridani, sono stelle dalla rapida rotazione , con classi di luminosità III o IV nel visibile e con spettro B. Le variazioni di luminosità raggiungono 1,5 unità di magnitudine visuale ma sono difficilmente percepibili senza uno strumento adatto. La variabilità è legata alla rapida rotazione, che fa perdere massa dalla fascia equatoriale formando dischi o anelli accompagnati da un abbassamento di luminosità. Il disco crea una riga di emissione nello spettro, formata proprio dal gas caldo di un anello o di una nube equatoriale.

VARIABILI IRREGOLARI

Le variabili irregolari sono stelle la cui luminosità varia in modo non regolare.

Si distinguono a loro volta in:

Variabili irregolari I: le stelle variabili irregolari I sono stelle poco studiate e con proprietà non conosciute, sia per variazione sia per periodo. Si distinguono tra due sottoclassi principali: le variabili IA, con uno spettro che può andare da O ad A, e le vabiabili irregolari IB, con uno spettro che può essere medio, da F a G, oppure tardo, da K a M. L'incertezza ed il poco studio lascia molto spazio agli astrofili per poter scoprire qualcosa su queste stelle.

Variabili di Orione IN: (da GCVS) le variabili di Orione sono eruttive irregolari associate a nebulose diffuse oscure o luminose, oppure osservate nei dintorni di tali nebulose. Alcune possono mostrare variazioni cicliche di luce causate dalla rotazione assiale. Nel diagramma HR si trovano nella zona della Sequenza Principale e delle subgiganti. Si tratta probabilmente di oggetti giovani che nel corso dell'evoluzione successiva diventeranno stelle di luminosità stabile di Sequenza Principale di età zero (ZAMS - Zero Age Main Sequence). Le ampiezze di variazione possono raggiungere diverse magnitudini. Nel caso in cui vengano osservati cambiamenti rapidi (fino a 1 magnitudine in 1-10 giorni), al simbolo del tipo viene aggiunta la lettera S (INS). 

Si distingue tra:

  • INA: Sono variabili di Orione di classe spettrale B-A, con sporadici e improvvisi declini di tipo Algol;
  • INB: Variabili di Orione di tipo spettrale medio tardo (F-M). Le stelle variabili di spettro F possono mostrare declini di luce tipo Algol simili a quelle delle variabili INA; le stelle K-M possono produrre brillamenti e variazioni irregolari.
  • INT: Variabili di Orione di tipo T-Tauri;
  • INYY: Variabili che mostrano la presenza di componenti di assorbimento nella zona verso il rosso delle righe di emissione, ad indicare la caduta di materia verso la superficie della stella e quindi la presenza di un disco di accrescimento della stella stessa.

Le variabili di Orione sono presenti, ovviamente, anche nei pressi di altre nebulose, come la nebulosa Cono (NGC 2264), la nebulosa Fiamma (NGC 2024), la Pellicano (IC 5070) e Trifida (M 20).

Variabili irregolari rapide IS: sono variabili irregolari rapide, senza una evidente associazione a nebulose diffuse e con variazioni luminose di circa 0,5-1 magnitudini per diverse ore o giorni. 

Non esiste un confine netto tra variabili di Orione e irregolari rapide. Se una stella irregolare rapida viene osservata nella regione di una nebulosa diffusa, viene considerata una variabile di Orione, e designata con INS. Per la classe IS, è necessario essere sicuri che le variazioni siano non periodiche. Si distingue tra ISA, con stelle dei primi tipi spettrali (B-A) e ISB, con stelle di tipo spettrale medio o tardo (F-M).

R CORONAE BOREALIS 

Poche stelle appartengono a questa categoria (a metà 2017 se ne contavano soltanto 65 in tutto il cielo conosciuto), caratterizzate da picchi di lungo periodo che ad intervalli regolari subiscono cali di brillantezza in grado di arrivare anche a 9 magnitudini. Dopo il calo, serve qualche anno (3 più o meno) per ripristinare la luminosità massima. Si tratta di stelle pulsanti, molto luminose, povere di idrogeno e ricche di elio e carbonio, appartenenti ai tipi spettrali B-R. Le temperature vanno da 5 a 7 mila Kelvin I declini sono lenti e non periodici e variano da 1 a 9 magnitudini in periodi che vanno da un mese a centinaia di giorni. In aggiunta, c'è una pulsazione ciclica di decimi di magnitudine , in periodi tra 30 e 100 giorni (GCVS).
Molto spesso queste stelle sono avvolte da nubi di polveri in grado di oscurarle parzialmente. 

La stella HV 4749 (DY Cen) si affievolì per ben quattro volte tra il 1897 e il 1929 e venne identificata come variabile RCB. Dopo il 1935 la stessa stella smise questo comportamento legato alle nubi di polvere ma la luminosità iniziò a sbiadire finché nel 1980 non ci si rese conto di un aspetto decisamente più blu rispetto alle comuni RC, con temperatura di 10 mila Kelvin. Venne chiamata RCB calda, tanto che nel 1987 la temperatura registrata era di circa 20 mila Kelvin . La polvere circostante è andata totalmente dissolta, data la temperatura, e la stella si è resa evidente per quel che era, con parte della radiazione emessa in ultravioletto anziché nel visibile. Nel 2010 si è ipotizzata anche la natura binaria di DY Cen, con periodo di 40 giorni, cosa poi smentita in seguito. Oggi DY Cen ha raggiunto i 25 mila K per un processo legato a contrazione: nel 1890 il diametro era duecento volte il Sole mentre oggi si è ridotto a appena cinque volte la nostra stella. Al restringimento segue una rotazione più veloce, passata da 20 km/s a 40 km/s: una velocità che potrebbe portare in un futuro non lontano allo sfaldamento stellare. 

Curva di luce di R Coronae Borealis. Crediti AAVSO.org
Curva di luce di R Coronae Borealis. Crediti AAVSO.org

Uno studio di Agosto 2017 a cura della University of Oklahoma indica in due sistemi binari composti da due nane bianche una possibile sorgente di nuove stelle di tipo R Coronae Borealis. Attraverso l'Apache Point Observatory da 3.5 metri, infatti, due coppie di nane bianche sono state caratterizzate al meglio, individuando periodi orbitali rispettivamente di 40 e 46 minuti. Si tratta di sistemi altamente interessanti anche perché fonte di onde gravitazionali, viste le masse in gioco; qualcosa che LISA (Laser Interferometer Space Antenna) potrebbe un giorno captare. Una delle coppie è un sistema binario a eclisse, uno dei soli sette sistemi di questo tipo alla data scoperti. Sarà importante capire cosa accadrà nel momento in cui le stelle tenderanno a unirsi ancora di più: c'è chi scommette su una supernova ma anche chi predice una fusione delle stelle a creare una stella esotica di tipo "R Coronae Borealis".

RS CANUM VENATICORUM (RS CVn)

Le macchie di HD 12545, stella di tipo RS CVn. Crediti
Le macchie di HD 12545, stella di tipo RS CVn.

La classe RS CVn è associata a sistemi binari stretti con spettri che mostrano le righe di emissione H e K del Ca II (calcio ionizzato) e intensa attività cromosferica nelle componenti che causa una variabilità quasi-periodica. Il periodo delle variazioni è vicino a quello orbitale e l'ampiezza è tipicamente dell'ordine di 0,2 magnitudini visuali. Emettono radiazioni X e sono anche variabili rotanti. RS CVn è un sistema ad eclisse (GCVS).
Le scale temporali sono molto differenziate: alcune sono periodiche mentre altre faticano ad essere definite tali. Spesso gli oggetti hanno macchie estese, quindi la luminosità varia con la rotazione della stella. La variazione è detta onda e si aggiunge, nella curva di luce , alla variabilità indotta dal moto di eclisse .

S DORADUS

Nathan Smith (University of California, Berkeley), and NASA
Eta Carinae - Crediti Nathan Smith
(University of California, Berkeley),
and NASA [Public domain]

Sono variabili blu luminose. Il GCVS le definisce come stelle eruttive molto luminose dei tipi B-F, che presentano variazioni irregolari, talvolta cicliche, con ampiezze nell'intervallo 1-7 magnitudini visuali. Sono tra le stelle blu più brillanti delle galassie di appartenenza, e generalmente sono associate a nebulose diffuse e circondate da gusci in espansione.
Sono anche definite come stelle di Hubble-Sandage oppure Variabili Blu Luminose. La più nota è sicuramente Eta Carinae. Non sempre, ovviamente, il loro colore è blu ma tutte sono caratterizzate da copiose perdite di massa seguite da stati di quiete.

UV CETI

Anche dette stelle a brillamento o flaring stars, sono nane di tardo spettro con illuminazioni repentine e regolari come intervallo. Il GCVS le indica come stelle dei tipi K-M, che presentano talvolta attività di brillamento con ampiezze che vanno da alcuni decimi di magnitudine fino a 6 magnitudini in visuale. L'ampiezza è molto maggiore nella regione ultravioletta dello spettro. Il picco si raggiunge alcuni secondi dopo l'inizio del brillamento, e la stella torna alla luminosità normale in alcuni minuti o dozzine di minuti. I brillamenti stellari avvengono in tutto lo spettro elettromagnetico , dai raggi X alle onde radio .

I brillamenti rivelati nella banda dei raggi X hanno molte analogie con i brillamenti osservati sul Sole: la forma della curva di luce , le elevate temperature (sopra i 10 milioni di gradi), i tempi scala caratteristici.
Le stelle che tipicamente presentano questo tipo di brillamento sono le nane, solitamente rosse anche se il colore non è poi così fondamentale, dal momento che lo stesso Sole non è ignaro a questi fenomeni e che alcuni brillamenti si sono avuti anche su nane brune.

Proxima Centauri
Proxima Centauri - Credit The Two
MicronAll Sky Survey at IPAC

Una stella variabile a brillamento che conosciamo molto bene e che ogni tanto si lascia apprezzare proprio per queste sue improvvise appariscenze è Proxima Centauri, la stellina del sistema multiplo di Rigel Kentaurus che sembra essere la più vicina al nostro Sistema Solare .
Non si tratta di brillamenti molto forti, e questo è provato dal fatto che, finora, sono visibili i brillamenti soltanto su stelle entro i 60 anni luce da noi. Non è lecito pensare che in stelle più lontane ciò non accada, soprattutto in un universo uniforme che non ha niente di speciale in un determinato suo quartiere.

Il sottotipo UVN è dato da variabili di Orione a brillamento di spettro Ke-Me. Quasi identiche alle UV Ceti osservate nelle vicinanze del Sole. Sono normalmente caratterizzate dall'appartenenza a tipi spettrali anteriori e dalla maggiore luminosità, con uno sviluppo più lento dei brillamenti.

nebulosa M1-67
Nebulosa M1-67 che circonda
la stella di Wolf-Rayet WR 124

WOLF RAYET

Il GCVS le definisce stelle con larghe bande di emissione di He I e di He II, come pure di C II- C IV, OII-OIV, NII-NV. Presentano variazioni irregolari con ampiezze fino a 0,1 magnitudini visuali, causate probabilmente da processi fisici quali l'espulsione instabile di massa dall'atmosfera .
Sono generalmente stelle supergiganti calde e brillanti, con temperature pari a quelle delle stelle O dalle quali si differenziano per sole righe di emissione, quindi per la mancanza quasi totale dell'idrogeno. Queste stelle perdono massa a grande ritmo e sono dominate dalla presenza di elio. 
Si distinguono in WN e WC: le prime hanno molto azoto e piccole tracce di idrogeno, le seconde invece sono ricche di carbonio.

Ultimo aggiornamento del: 20/05/2020 17:54:02

Variabili pulsanti

Stelle che vanno soggette ad espansioni e contrazioni periodiche degli strati superficiali. Le pulsazioni possono essere radiali o non radiali.

Definizione GCVS (General Catalog of Variable Stars) - Le variabili pulsanti sono stelle che vanno soggette ad espansioni e contrazioni periodiche degli strati superficiali. Le pulsazioni possono essere radiali o non radiali. Una stella che pulsa radialmente rimane di forma sferica, mentre nel caso di pulsazioni non radiali la forma dell'astro devia periodicamente dalla sfera, e persino zone che sono contigue in superficie possono avere fasi di pulsazioni opposte.

Il GCVS contiene almeno 22.000 variabili pulsanti mentre la Via Lattea ne contiene alcuni milioni. La fase di pulsazione di una stella non è una fase lunga se confrontata con la durata della vita stellare. Sappiamo che la maggior parte del tempo, la stella si trova sulla Sequenza Principale , quindi in una fase tranquilla di stabilità. La pulsazione occupa quindi una fase relativamente breve. L'area più grande occupata da queste stelle sul diagramma HR si trova a destra della sequenza principale stessa. La pulsazione può essere, come visto, radiale oppure non radiale.

  • Si ha pulsazione radiale quando l'inizio della pulsazione si ha al centro della stella, il che provoca una espansione ed una contrazione uguali in tutte le direzioni rispetto al centro. La stella sembra in tal modo respirare. Le pulsazioni, in tal caso, sono date da onde sonore interne alla stella ed il loro periodo è inversamente proporzionale alla radice quadrata della densità media della stella. Ne segue che il periodo di pulsazione è minore per le stelle più dense ed è facile intuirlo, se si pensa che la maggior densità facilità la propagazione delle onde. In base al movimento delle onde esistono varie tipologie di pulsazione radiale. Se le onde si muovono tutte nello stesso verso (verso l'interno o verso l'esterno) per qualsiasi punto della stella si parla di modo fondamentale. Si parla invece di prima armonica quando tra il centro stellare e la superficie esiste un unico nodo, punto in cui i gas si muovono in versi opposti.
  • Si ha pulsazione non radiale quando, invece, alcune regioni superficiali della stella si espandono più di altre mentre altre si contraggono addirittura. In tal caso la pressione è responsabile del processo, che viene chiamato modo p. Le onde non si muovono soltanto verso l'interno e verso l'esterno, ma anche in orizzontale provocando oscillazioni di modo g, generate da onde di gravità. Le oscillazioni di modo p sono classiche degli strati superficiali mentre quelle di modo g sono caratteristiche del materiale che compone il nucleo stellare. Un caso particolare è HD 74423, distante 1500 anni luce da noi, con 1.7 masse solari e con una particolare deficienza di metalli: la sua caratteristica principale è quella di pulsare soltanto su un lato, proprio come teorizzato dal Prof. Don Kurtz negli anni Ottanta. La motivazione, scoperta nei dati di TESS, è rincondotta alla presenza di una compagna nana, con periodo orbitale inferiore ai due giorni, che influenza gravitazionalmente la stella donandole una forma a "goccia" (Tidally trapped pulsations in a close binary star system discovered by TESSNature Astronomy - 2020).

Esistono ad oggi varie tipologie di stelle variabili pulsanti, qui di seguito riportate:

53 PERSEI

Stelle pulsanti non radiali, di modo g, con spettri compresi tra O9 e B5 (quindi stelle molto calde) in periodi compresi tra 0,16 e 2,1 giorni. Le ampiezze sono molto piccole per essere osservate senza idonei strumenti, dovute forse a dettagli fini associati ad opacità dei metalli (elementi più pesanti dell'elio).

ALFA CIGNY

Supergiganti luminose con pulsazioni non radiali dei tipi spettrali Bep-AepIa, con variazioni nell'ordine di 0.1 magnitudini e spesso irregolari a causa di sovrapposizioni di molte oscillazioni con periodi ravvicinati. I cicli vanno da alcuni giorni ad alcune settimane.

BETA CEPHEI

Pulsanti, soprattutto radiali ma anche non radiali, di [V]spettro stellare[/V] O8-B6 con periodi di variazione di luce nell'intervallo 0,1-0,6 giorni e ampiezze di 0,01-0,3 magnitudini visuali. Le curve di luce sono sfasate di un quarto di grado rispetto alle curve medie della velocità radiale, cosicché il picco di luminosità corrisponde alla massima contrazione, cioè al minimo raggio stellare. Un sottotipo è dato dalle BCEPS, con tipi spettrali B2-B3, i periodi di 0,02-0,04 giorni e ampiezze di 0,015-0,025 magnitudini rispettivamente.

BL BOOTIS

Anche note come Cefeidi anomale a causa dei periodi tipici delle variabili a periodo lungo, sono però caratterizzate da una luminosità maggiore e non sono riconosciute ufficialmente nel catalogo delle stelle variabili. Sono tipiche nelle galassie sferiche nane, compresa la Piccola Nube di Magellano, la loro massa tipica si aggira su 1.5 masse solari e appaiono molto povere di metalli.

CEFEIDI

Pulsanti radiali molto luminose, con periodi tra 1 e 135 giorni e ampiezze da alcuni centesimi di magnitudine a 2 magnitudini visuali. Al massimo il tipo spettrale è F, al minimo è G-K, con i periodi che si allungano all'avanzare degli spettri. Il massimo della velocità di espansione dello strato superficiale è quasi coincidente con la massima luminosità. Un sottotipo è CEPB: Cefeidi con due o più modi simultanei di pulsazione: in genere sono il tono fondamentale (tra 2 e 7 giorni) e la prima armonica inferiore al primo modo. Fino al rilascio della Data Release 2 (DR2) di Gaia la distanza della stella Polaris era compresa in un range molto alto, tra 322 e 520 anni luce, il che rendeva arduo caratterizzare alcune proprietà fisiche dell'astro. Una volta che Gaia ha fissato la distanza in 447 anni luce, con errore possibile di 1.6 anni luce, è stato possibile determinare al meglio anche luminosità, età e massa della stella del Nord: si tratta della più vicina Cefeide e averne una così vicina e finalmente caratterizzata al meglio consentirà di comprendere ancora di più riguardo questa tipologia stellare così fondamentale per la cosmologia e la misura delle distanze.

Le Cefeidi sono quindi solitamente luminose, gialle e appartenenti al ramo orizzontale del diagramma HR , con variazioni di luminosità risultati da pulsazioni regolari. Periodo e variazione luminosa sono strettamente legati, il che rende le Cefeidi importanti candele standard ai fini della determinazione delle distanze nell'universo.
Una particolare Cefeide è V473 Lyrae, la quale è risultata parte di un sistema binario unitamente a una compagna giovane e di piccola massa. Si trova a 1800 anni luce di distanza e presenta una ampiezza variabile di pulsazioni, con un periodo principale di 1.49 giorni e una ampiezza di 1.205 gioni su tre anni. In corrispondenza della stella è stata scoperta una emissione a raggi X e proprio al fine di determinare l'origine di tale emissione è stato utilizzato il telescopio XMM-Newton. Il flusso X resta costante per un terzo del ciclo di pulsazione e questo indica la probabile presenza di una compagna, scartando le ipotesi relative a mutazioni nel ciclo stesso. Lo spettro fa propendere per una compagna di piccola massa, probabilmente una stella di sequenza principale di tipo G o K, con separazione stimata tra 30 e 300 UA (X-ray Observations of the Peculiar Cepheid V473 Lyr Identify A Low-Mass Companion, arXiv:2001.02253).  

W VIRGINS (CW)

Pulsanti tipiche dell'alone sferico, con periodi che vanno da 0,8 a 35 giorni e ampiezze nell'intervallo 0,3-1,2 magnitudini visuali. Rispetto alle Delta Cep, a parità di periodo le W Vir sono più deboli di 0,7-2 magnitudini. Le variabili W Vir si trovano negli ammassi globulari e ad alte latitudini galattiche.

Si distinguono in:

  • CWA: Variabili di tipo W Vir con periodi superiori ad otto giorni
  • CWB: Variabili di tipo W Vir con periodi inferiori ad otto giorni

Le stelle di questo tipo sono chiamate anche Cefeidi di tipo II.

DELTA CEPHEI

Le Delta Cep sono le comuni Cefeidi, stelle che hanno abbandonato la sequenza principale per passare sul lato destro del diagramma HR e che appartengono alla popolazione del disco galattico, solitamente rintracciabili negli ammassi aperti dando una grande mano nella determinazione delle distanze. Le curva di luce delle Cefeidi presentano una impennata veloce ed una diminuzione più lenta all'interno del periodo. Una delle differenze più marcate con le W Vir è la presenza di righe di emissione dell'idrogeno nelle W Vir e di righe H e K del CaII nelle Cefeidi. Un sottotipo è dato dalle DCEP(S), con ampiezze inferiori a 0,5 magnitudini in visuale e curve di luce quasi simmetriche in periodi che non vanno oltre i sette giorni. Si tratta di Cefeidi Classiche o di Cefeidi di Popolazione I, con pulsazioni molto regolari. Tra queste assumono particolare importanza le DCEPs ricche di litio, dal momento che questo elemento non dovrebbe essere presente dopo la cattura protonica che si verifica dopo i dredge-up all'inizio della fase RGB. A tutto oggi se ne contano appena cinque, con l'ultima scoperta nel 2020 dal Telescopio Nazionale Galileo e battezzata V363 Cas (Catanzaro et al. V363 Cas: a new lithium rich galactic Cepheid, arXiv:2006.03299).

La curva di luce della pulsante Delta Cephei. Crediti Wikimedia Commons
La curva di luce della pulsante Delta Cephei. Crediti Wikimedia Commons

DELTA SCUTI

Pulsanti radiali e non radiali con spettro A0-F5 III-V, ampiezze di variabilità comprese tra 0,003 e 0,09 magnitudini visuali e periodi da 0,01 a 0,2 giorni. Il massimo dell'espansione dello strato superficiale segue quasi precisamente il picco di luminosità. Le stelle di tipo Delta Scuti appartengono al disco galattico. Un sottotipo è dato dalle DSCTC, con ampiezza inferiore a 0,1 magnitudini. Si tratta di stelle più massive del Sole ma non abbastanza grandi da morire come supernova e le pulsazioni derivano principalmente da pressione e gravità. I periodi tipici sono di circa sei ore. I dati di TESS relativi alle pulsazioni e quelli di GAIA relativi alle posizioni di 117 astri di questo tipo hanno consentito di scoprire come la miscelazione dei gas nell'involucro esterno svolga un ruolo molto importante, individuando molti pulsatori ad alta frequenza che saranno sicuramente studiati più in dettaglio nel corso degli anni (Antoci et al. "The first view of δ Scuti and γ Doradus stars with the TESS mission"Monthly Notices of the Royal Astronomical Society - 2019).  Le stelle Delta Scuti hanno da sempre evidenziato una serie di pulsazioni difficilmente identificabili ma le osservazioni di TESS, decisamente precise, hanno consentito di isolare in sessanta stelle di questo tipo delle modalità di pulsazione ad alta frequenza straordinariamente regolari. A partire da queste pulsazioni, finalmente individuate, è possibile fare congetture sulla struttura interna delle stelle (astrosismologia) (Very regular high-frequency pulsation modes in young intermediate-mass starsNature - 2020).

Un esempio di Delta Scuti è dato dalla variabile V2455 Cyg, osservata in particolare dall'osservatorio RIAAM (Research Institute for Astronomy and Astrophysics of Maragha) e distante 700 anni luce. Inizialmente classificata come SX Phoenicis (sottoclasse delle Delta Scuti), dato il periodo di appena 0.09 giorni, il suo tipo spettrale è F2 e la velocità di movimento è di 32 km/s. Il periodo si incrementa al tasso di 0.0000002 giorni ogni anno, in accordo con la variazione della maggior parte delle Delta Scuti. La frequenza fondamentale è valutata in 10.61 giorni mentre la pulsazione costante si stima in 0.033 giorni (pulsazioni in p-mode radiale). Per completezza, la temperatura media è di 7490 K, il raggio è di 2.52 raggi solari e la massa di 1.92 masse solari, con una luminosità 18 volte superiore a quella solare. Tutto questo fa appartenere la stella alla classe delle High-Amplitude Delta Scuti (HADS) (New CCD Photometric Investigation of High Amplitude δ Scuti Star V2455 Cyg)

Curva di luce di una stella di tipo HA Delta Scuti, in particolare della stella V2455 Cyg. Credit: Forozani et al., 2020.
Curva di luce di una stella di tipo HA Delta Scuti, in particolare della stella V2455 Cyg.
Credit: Forozani et al., 2020.

GAMMA DORADUS

Nane pulsanti non radiali appartenenti ai primi tipi spettrali F, con periodi multipli da diverse ore a poco più di un giorno. Le ampiezze solitamente non superano il decimo di magnitudine .

VARIABILI IRREGOLARI LENTE L

Si tratta di stelle variabili che non mostrano periodicità evidente. Spesso è una classe residuale: quando non si riesce ad inquadrare una pulsante in qualche altra classe, si ricorre a questa. Molte variabili L sono semiregolari oppure dovrebbero appartenere, quindi, ad altre classi. Le sottoclassi di tipo LB sono irregolari lente di tardo tipo spettrale (K,M,C,S) solitamente giganti. Quelle di tipo LC sono supergiganti di tardo tipo spettrale con ampiezze di una magnitudine visuale.

LAMBDA BOOTIS

Stelle povere di metalli, di tipo spettrale A e popolazione I.

MIRA

Giganti con variabilità di lungo periodo, con tardi spettri di emissione (Me, Ce, Se) e ampiezze di variabilità da 2,5 a 11 magnitudini in visuale. La periodicità varia tra 80 e 1000 giorni. Il prototipo di queste stelle è la meravigliosa Mira Ceti, nella Balena.

Immagine di Mira Ceti ottenuta in ultravioletto dal telescopio spaziale GALEX. Credit: NASA/JPL-Caltech/C. Martin (Caltech)/M. Seibert(OCIW)
Immagine di Mira Ceti ottenuta in ultravioletto dal telescopio spaziale GALEX.
Credit: NASA/JPL-Caltech/C. Martin (Caltech)/M. Seibert(OCIW)

MAIA

Il prototipo di queste stelle è Maia, una delle più brillanti delle Pleiadi. L'intervallo spettrale è B7-A2, con periodi che vanno da 1 a 4 ore.

MID-B

Stelle di tipologia spettrale B3-B8. I periodi sono di 1-3 giorni con variazioni di magnitudine visuale di pochi centesimi. Le variazioni di colore sono in fase con quelle luminose.

PV TELESCOPII

Stelle supergiganti con spettro Bp con deboli righe dell'idrogeno e intense righe di elio e carbonio. La pulsazione ha periodi di 0,1-1 giorni, oppure la variazione in luminosità di ampiezza di 0,1 magnitudini in visuale in un periodo di un anno circa.

RPHS

L'acronimo vuol dire Rapid Pulsating Hot Subdwarf ed il prototipo è EC 14026-2647, stella in un sistema binario che mostra variazioni di piccola ampiezza, con un periodo principale di 144 secondi e uno secondario di 133 secondi, uno dei più brevi conosciuti.

RR LYRAE

Le RR Lyrae sono stelle variabili simili alle Cefeidi, con differenze nelle variazioni di magnitudine e nel periodo di pulsazione di tipo radiale. La magnitudine può variare tra valori compresi tra 0,2 e 2 in periodi di tempo che vanno da 3 a 24 ore. Ne segue che le RR Lyrae sono caratterizzate da una luminosità leggermente inferiore a quella delle Cefeidi che varia in un periodo di tempo minore. Se i cambiamenti sono periodici, si parla di effetto Blazhko. Le RR Lyrae appartengono a spettri stellari da A ad F, con temperature comprese tra i 6000 ed i 7500 gradi. Le masse sono inferiori a quelle del Sole, comprese tra 0,5 e 0,6 masse solari.

Si tratta di stelle relativamente anziane, di popolazione II, presenti soprattutto in ammassi globulari all'interno dell'alone o del nucleo galattico e per questo sono anche dette variabili di ammasso. La composizione chimica presenta pochi elementi pesanti, anche se il discorso è generalizzato visto che i casi variano da stella a stella.
Come per le Cefeidi, le massime velocità di espansione degli strati superficiali coincidono con i picchi di luce. Si distingue tra:

  • RRB: Variabili RR Lyrae con due modi di pulsazione operanti in contemporanea, prima armonica e fondamentale dove il rapporto tra i due è 0,745.
  • RRAB: Variabili RR Lyrae con curve di luce asimmetriche (salite lente e discese rapide), periodi da 0,3 a 1,2 giorni e ampiezze di 0,5-2 magnitudini nel visuale.
  • RRC: Variabili RR Lyrae con curve di luce quasi simmetriche, periodi da 0,2 a 0,5 giorni e ampiezze minori di 0,8 magnitudini nel visuale
Curva di luce di RR Lyrae. Credit: Michael Richmond (RIT)
Curva di luce di RR Lyrae. Credit: Michael Richmond (RIT)

RV TAURI

Supergiganti con pulsazione radiale, tipi spettrali F-G alla massima luminosità e K.M alla minima. La curva di luce presenta onde doppie con minimi primari e secondari alternati, variabili in profondità, cosicché i minimi primari possono diventare secondari e viceversa.
L'ampiezza di variazione luminosa può raggiungere 3-4 magnitudini nel visuale in periodi tra i due minimi primari adiacenti di 30-150 giorni. Si distinguono in:

  • RVa: Variabili RV Tauri che non variano in magnitudine media
  • RVb: Variabili RV Tauri che periodicamente variano in magnitudine media, con periodi da 600 a 1500 giorni e ampiezze che giungono a 2 magnitudini in visuale

SR (VARIABILI SEMI-REGOLARI)

Stelle giganti o supergiganti di classe spettrale intermedia o avanzata caratterizzate da una notebole periodicità di variazione accompagnata o interrotta da irregolarità. I periodi vanno da 20 a più di 2000 giorni con curve di luce decisamente diversificate e ampiezze che vanno da centesimi di magnitudine a più di due magnitudini in visuale. Si distinguono in: 

  • SRA: giganti semiregolari di classe spettrale evoluta (M, C o S), con persistente periodicità e piccole ampiezze di variazione (in genere inferiori a 2.5 magnitudini, il che le differenzia dalle Mira) in un periodo tra 35 e 1200 giorni. Un esempio è Z Aqr.
  • SRB: giganti semiregolari di tardo tipo spettrale, con cicli tra 20 e 2300 giorni che possono presentare irregolarità o addirittura periodi di stabilità. Il catalogo assegna un valore puramente medio al periodo.
  • SRC: supergiganti semiregolari (un esempio è mu Cep) di tardo tipo spettrale, con ampiezze di una magnitudine circa e periodi tra 30 e migliaia di giorni.
  • SRD: giganti o supergiganti semiregolari di classe F, G o K, talvolta con righe di emissione. Ampiezze tra 0.1 e 4 magnitudini e periodi tra 3 e 1100 giorni.
  • SRS: giganti rosse pulsanti con periodi da pochi giorni a pochi mesi.

SXPHE (SX PHOENICIS)

Simili alle Delta Scuti, sono stelle subnane della componente sferica della Galassia o del disco più vecchio, con classi spettrali A2-F5. I periodi sono diversi e simultanei, generalmente in periodi tra 0.04 e 0.08 giorni e variazioni fino a 0.7 magnitudini. Si ipotizza possano essere blue stragglers nello stadio evolutivo successivo alla sequenza principale.

UU HERCOLIS (UUHER)

Non riconosciute ufficialmente dal catalogo edlle variabili, sono tuttavia studiate fin dal 1928. A volte indicate come sottoclasse delle SRD, alternano la pulsazione fondamentale con quella sulla prima armonica. Nel 1899 e nel 1900 la stella UU Her aveva un periodo prossimo ai 45 giorni e una ampiezza di 1.5 magnitudini. Nel 1901 il periodo è salito a 72 giorni con ampiezza di 0.8 magnitudini mentre nel 905 i valori tornarono a quelli di partenza. Nel 1910 la stella venne dichiarata addirittura costante mentre dal 1961 sono stati registrati periodi di 45.6 giorni saliti a 71.6 nel 1984. La stella dovrebbe quindi alternare periodi di 45 a periodi di 72 giorni. A questa categoria potrebbero appartenere le stelle UU Her, 89 Her e HD 161796.

ZZ CETI

Nane bianche pulsanti in modalità non radiale, con variazione in periodi da 30 secondi a 25 minuti e con ampiezze da 0.001 a 0.2 magnitudini visuali. A volte sono presenti brillamenti di una magnitudine, spiegabili tuttavia dalla presenza di una stella compagna di tipo UV Ceti. Si distinguono in:

  • ZZA: tipo spettrale DA con le sole righe di assorbimento dell'idrogeno
  • ZZB: tipo spettrale DB con sole righe di assorbimento dell'elio
  • ZZO: tipo spettrale DO con sole righe di assorbimento di HII e CIV

Ultimo aggiornamento del: 15/06/2020 17:55:31

Variabili cataclismiche

Le stelle variabili cataclismiche devono le proprie variazioni a fenomeni di esplosione nucleare o superficiale, mentre alcune assumono comportamenti simili pur non andando incontro agli stessi processi.

(General Catalog of Variable Stars) - Le variabili cataclismiche sono stelle in grado di evidenziare degli outbursts (esplosioni) verificatesi a livello superficiale (novae) oppure nucleare (supernovae). Oltre alle stelle che presentano vere e proprie esplosioni, ci sono altre stelle che presentano fenomenologie visuali simili pur in assenza di esplosioni vere e proprie, ed altre che sono caratterizzate da detonazioni minori. Queste stelle vanno sotto il nome di novalike.

Solitamente, le variabili cataclismiche fanno parte di stretti sistemi binari all'interno dei quali le compagne si influenzano in maniera molto significativa, con effetti mareali ma anche scambi fisici di materiale, dimostrati dalla presenza di dischi di accrescimento intorno alla stella più massiccia del sistema binario .

Il GCVS contiene almeno 800 variabili cataclismiche, fino a qualche anno fa scoperte spessp da astronomi amatoriali che battono il cielo proprio alla ricerca di luci che la sera prima non c'erano oppure erano meno evidenti. Oggi anche queste stelle sono scoperte per lo più da survey automatizzate che scansionano il cielo a intervalli regolari accorgendosi di variazioni tramite algoritmi di intelligenza artificiale. Esistono ad oggi varie tipologie di stelle variabili cataclismiche, qui di seguito riportate:

AM CANUM VENATICORUM

Stelle cataclismiche il cui spettro presenta abbondanti righe di elio ed il cui periodo è brevissimo. Probabilmente sono composte da un sistema binario le cui compagne sono due nane bianche.

AM HERCULIS

Stelle cataclismiche, anche dette polar. Si tratta di sistemi binari con un forte campo magnetico in grado di influenzare il disco di accrescimento della nana bianca , impedendogli di formarsi e lasciando che il materiale si accumuli in corrispondenza dei poli magnetici (da qui il nome polar). Il campo magnetico, inoltre, è responsabile della caratteristica principale del tipo di stelle: nana bianca e compagna (solitamente stella fredda vicina alla sequenza principale ) sono in rotazione sincrona, si danno quindi sempre la stella faccia. Non sono riconosciute dal catalogo generale.

DQ HERCULIS

Note come polar intermedie, hanno le stesse caratteristiche delle precedenti in quanto a composizione: una nana bianca più una stella fredda vicina alla sequenza principale. Tuttavia non c'è la rotazione sincrona che caratterizza le AM HER. Il disco stavolta si forma, ma trovandosi molto vicino alla nana bianca si spezza a causa del forte campo magnetico e ricade sulla nana sottoforma di colonne di materiale in prossimità dei poli magnetici. Non sono riconosciute dal catalogo generale.

ER URSAE MAJORIS

Stelle caratterizzate da brevi esplosioni di brillantezza seguite da rapidi declini di luce. La variabilità di magnitudine della capostipite passa da 12,3 a 15,2 in visuale in periodi di circa 10 giorni. Non sono riconosciute dal catalogo generale.

NOVAE

Le Novae sono stelle variabili appartenenti alla classe delle cataclismiche: sono stelle la cui magnitudine varia in seguito ad un evento di esplosione. In effetti è strano che una stella si chiami nova quando invece la sua luminosità è dovuta ad una esplosione distruttiva, ma il motivo è legato ai tempi antichi. Si tratta di stelle che in realtà sono sempre esistite ma non erano visibili, almeno non ad una osservazione poco attenta o priva di strumentazione adeguata. Nel momento in cui si verifica l'esplosione, però, la magnitudine scende in maniera notevole e la stella diventa molto più visibile. In pratica, vedendo una stella laddove la sera prima non si vedeva nulla, si pensava ad una stella nuova, ad una stella nova

Nova in M31 ripresa tra il 2009 e il 2010. Crediti Rafael Ferrando
Nova in M31 ripresa tra il 2009 e il 2010. Crediti Rafael Ferrando

Cosa sia una nova e cosa determini questo aumento di luminosità è ormai un dato certo. Si tratta di sistemi binari con periodi orbitali tra 0,05 e 230 giorni, all'interno dei quali una stella è una nana bianca mentre l'altra è solitamente una stella di sequenza principale oppure una gigante rossa , una subgigante o nane di tipo K-M. L'orbita delle due stelle è molto stretta e si conclude in poche ore. L'evoluzione della stella compagna la porta ad aumentare le proprie dimensioni, il che assottiglia la distanza dalla nana bianca durante le rivoluzioni . Questo accrescimento fa si che la distanza tra le compagne scenda sotto il Limite di Roche  e la forza di attrazione della nana bianca (che ha una massa notevole e quindi una grande forza di attrazione) fa si che il materiale della gigante rossa inizi a prendere la strada della compagna, spiraleggiando nel suo disco di accrescimento fino a terminare la sua corsa sulla superficie della nana. Già nella fase di minimo, il disco di accrescimento instabile provoca variabilità fotometrica nella stella. Il materiale si accumula sulla nana, ad una temperatura già altissima di per sé, e quando questa nuova massa raggiunge temperature e pressioni adatte, si innescano reazioni nucleari esplosive che comportano ovviamente un aumento di luminosità molto ampio in termini di magnitudine . Le esplosioni avvengono a livello superficiale, nello strato caratterizzato da idrogeno, nuclei di carbonio e ossigeno. La brillantezza varia da 7 a 19 magnitudini in visuale nel giro di giorni (fino a centinaia di giorni) e poi scende di nuovo al punto di partenza impiegando anche anni o decenni. 

Le novae possono essere classificate in tipologie:

1 - Novae classiche: l'analisi della curva di luce di una nova classica mostra come la magnitudine raggiunta dipenda dal tempo impiegato per la variazione di luminosità. Se il tempo impiegato per aumentare la luminosità è elevato, la magnitudine varia di poco (relativamente poco). La variazione di magnitudine arriva fino a 12 livelli, arrivando a magnitudine assolute comprese tra i -6 ed i -9, raggiunti più o meno in poche ore. La Nova resta al suo culmine per un periodo che va da qualche giorno a qualche mese e poi inizia a spegnersi, tornando alla sua visibilità iniziale nel giro di pochi anni. Raggiungendo più o meno le stesse magnitudini assolute (il -6 ed il -9 dipendono dal tempo che ci vuole a raggiungere il massimo, come spiegato), l'analisi delle Novae può essere utile per determinare le distanze di altre galassie: basterà confrontare il valore della magnitudine assoluta, dato per noto, con la magnitudine apparente per avere la distanza. Appartengono a questa categoria:  

  • Novae veloci NA: mostrano rapidi aumenti di velocità per poi calare di circa 3 magnitudini in visuale nell'arco massimo di 100 giorni. Le magnitudini raggiunte sono più alte, a confermare che minore è il tempo impiegato dalla variazione e più la variazione stessa è ampia.
  • Novae lente NB: caratterizzate da un abbassamento della luminosità di circa 3 magnitudini in un periodo di 150 giorni. La magnitudine raggiunta è minore rispetto alle NA.
  • Completano il quadro le tipologie che seguono: 
  • Novae molto lente NC: Lo sviluppo delle novae molto lente è caratterizzato da una stasi al punto di massima brillantezza che dura più di dieci anni per poi calare molto lentamente. Il preallarme all'esplosione è dato da una variazione di magnitudine visuale del tipo di 1-2 unità, per poi passare ad ampiezze di 10 magnitudini nel momento di massima luminosità.
  • Novae ricorrenti NR: Come lo stesso nome dice, le novae ricorrenti sono caratterizzate dal ripetersi di due outbursts nel raggio di periodi che vanno dai 10 agli 80 anni. Di solito sono novae veloci in cui la nana bianca è vicina al  Limite di Chandrasekhar .

Le novae classiche sono le responsabili della maggior parte del litio galattico e del Sistema Solare , elemento importante per usi comuni come vetro e ceramica resistenti al calore, batterie e sostanze chimica. A dirlo è uno studio che ha utilizzato diversi metodi per determinare la quantità di litio prodotta in una nova, combinando previsioni computerizzate su creazione ed espulsione del litio e osservazioni pratiche per misurarne effettivamente la composizione. Una piccola frazione di polvere di stelle presente nelle meteoriti ha avuto origine nelle novae, quindi queste esplosioni hanno contribuito molto alla nube molecolare che ha dato origine al Sistema Solare (Carbon–Oxygen Classical Novae Are Galactic 7Li Producers as well as Potential Supernova Ia ProgenitorsAstrophysical Journal - 2020). 

2 - Novae superluminose - Ogni anno si registrano circa 50 novae, alcune delle quali sono molto più potenti della media tanto da indurre a chiedersi quali processi siano alla base di simili anomalie. Tramite due potenti telescopi, astronomi della Michigan State University riportano una teoria in un articolo di settembre 2017 apparso su Nature Astronomy: non è la nana bianca in sé a dominare la luminosità dell'evento ma lo shock sul materiale circostante. Questo apre la strada a una sorgente di energia totalmente diversa da quella creduta a oggi come dominatrice dell'esplosione. All'inizio dell'esplosione vengono espulse onde più lente seguite poi da onde più veloci e quindi da materiale più caldo. La collisione dei due step di espulsione produce una onda d'urto che dà vita a una spettacolare esplosione di calore e luce. Maggiore è questa onda d'urto e più luminosa sarà la nova: è la velocità della seconda onda a dominare la luminosità dell'esplosione. La prova proverrebbe dalle osservazioni altamente energetiche di Fermi relativamente all'esplosione di ottobre 2016 chiamata ASASSN-16ma: è stata evidenziata una correlazione nettissima tra luce ottica e raggi gamma , mostrando in maniera inequivocabile il ruolo dominante legato alla radiazione più energetica e quindi alla seconda onda. 

A lungo si è ritenuto che la luminosità delle novae dipendesse soltanto e direttamente dall'esplosione mentre recentemente si è fatta strada l'ipotesi di shock in grado di aumentarne la brillantezza, qualcosa che può essere provato nelle novae più luminose. Si tratta di un nuovo modo per comprendere l'origine di questi oggetti e di altre esplosioni stellari che parte da una evidenza osservativa centrata sulla nova V906 Carinae: quando il materiale viene lanciato dalla nana bianca, ci sono diverse fasi e diverse velocità e proprio questo crea collisioni tra flussi creando shock che riscaldano il materiale espulso producendo maggiore luce visibile ma anche raggi gamma . Proprio i raggi gamma sono stati osservati in V906 Car dal telescopio Fermi e si tratta della prima evidenza di energia così alta in un fenomeno di nova, ma non solo: osservazioni congiunte in luce visibile hanno evidenziato un legame tra le fluttuazioni di radiazione nelle due bande. Proprio le fluttuazioni testimoniano l'esistenza di onde d'urto (Direct evidence for shock-powered optical emission in a novaNature Astronomy - 2020).

V906 Carinae da Onjala Observatory in Africa. V906 è parte di un sistema binario troppo stretto per essere risolto. Credit: Franz Hofmann and Wolfgang Paech.
V906 Carinae da Onjala Observatory in Africa. V906 è parte di un sistema binario troppo stretto per essere risolto. Credit: Franz Hofmann and Wolfgang Paech.

NOVALIKE

Si tratta di una categoria un po' ambigua, che spesso raccoglie elementi che, studiati più a fondo, possono essere dirottati verso altre categorie. Le novalike sono stelle che si comportano come novae ma che non presentano detonazioni superficiali. L'inquadramento in novalike è dovuto al fatto che gli spettri sono simili a quelli delle novae.

Non è semplice affatto inquadrare un astro in una categoria di variabile: ad esempio, e variabili CVs sono sistemi binari composti da una nana bianca e da una stella di sequenza principale , con la prima componente che acquisisce materiale dalla seconda con possibile creazione di un disco di accrescimento . A volte si registrano aumenti di luminosità molto ampi irregolari a precedere cadute che portano a uno stato di quiete. I sistemi CVs con elevata inclinazione orbitale (superiore a 60°) evidenziano generalmente delle eclissi, le quali possono fornire importanti indicazioni sui periodi orbitali, sulle inclinazioni stesse e sulla massa delle componenti. Un esempio è fornito dalla variabile J0130, la quale ha evidenziato profonde eclissi a fine 2019, con misurazioni di profondità fino a 1.88 magnitudini, con un pattern asimmetrico e con una durata media di 40 minuti. Il periodo orbitale è stato misurato in 0.149 giorni, il che ha consentito di elaborare effemeridi delle eclissi per i prossimi trecento anni. La variazione ha consentito di catalogare l'oggetto nella sottoclasse delle CV indicate come variabili nova-like (Discovery of deep eclipses in the cataclysmic variable IPHAS J013031.89+622132.3, arXiv:1912.07978).

Già nell'ultimo ventennio del secolo scorso gli scienziati proposero una teoria per la quale le nova-like dovrebbero essere inquadrate come "fase" di vita di una nova, ma all'epoca non esistevano né osservazioni sufficienti né sufficiente potenza di calcolo per le simulazioni e così si è dovuto attendere il 2020 prima di poter effettuare delle simulazioni ai supercomputer in grado di dar forza a questa teoria. In base a ciò, le novae che vediamo sarebbero soltanto la punta dell'iceberg di una intera popolazione di sistemi binari in grado di dar vita a fenomeni di tipo nova e che stanno attraversando un'altra fase, quella di nova-like o di nova-nana. Il lavoro di decenni fa propose che dopo una eruzione come nova il sistem binario passi in fase di di nova-like, poi in nova-nana e, dopo un periodo di ibernazione, torni a essere una nova-nana, poi di nuovo una nova-like e infine detoni come una nova, con un ciclo che si ripete fino a centomila volte in miliardi di anni.  Proprio come una farfalla è uno stadio diverso di un bruco, così questi oggetti astrofisici apparterrebbero allo stesso ciclo, ma in fasi differenti. Ancora più precisamente, i sistemi binari appena nati alternano le fasi tra nova e nova-like mentre soltanto dopo il 10% della vita espandono le fasi anche a quello di nova-nana. Per il rimanente periodo di vita, il sistema si alterna tra i quattro stati, compreso quello di ibernazione (sistema binario staccato) (Yael Hillman et al, A unified theory of cataclysmic variable evolution from feedback-dominated numerical simulationsNature Astronomy - 2020).

Nella classe delle Novalike, quelle di tipo SW hanno velocità di trasferimento di massa molto elevate e una struttura del disco di accrescimento particolarmente stabile, mantenendo una luminosità costante nel tempo. Osservazioni della Digital Access to a Sky Century di Harvard (DASCH) e dati di AAVSO hanno consentito di misurare una oscillazione di lungo termine (dieci anni) con ampiezza di 0.6 magnitudini nella novalike SW Sex, alla base della quale potrebbe esserci l'interazione tra campo magnetico della nana bianca a rapida rotazione e il disco interno. Il periodo orbitale mostra una oscillazione dal 1980 al 2015 prima di diminuire drasticamente nel 2020, il che può essere influenzato da una terza componente di massa minima di 0,014 masse solari e separazione di 10.52 UA (un pianeta gigante, quindi) (Xiaohui Fang et al. Long-term Period Changes and Brightness Variations for the Deeply Eclipsing Cataclysmic Variable SW SexThe Astrophysical Journal - 2020).

TOAD (Tremendous Outburst Amplitude Dwarf Novae)

Si tratta di novae nane con outbursts di grande ampiezza, da 6 a 10 magnitudini, in periodi di tempo molto lunghi, estesi da mesi a decenni. Potrebbero sembrare simili ad oggetti di tipo SU UMA, ma i TOAD presentano soltanto superoutbursts e proprio per questo vengono indicati con l'acronimo di Tremendous Outburst Amplitude Dwarf Novae. I periodi orbitali delle compagne caratterizzanti i sistemi binari di tipo TOAD vanno da 1 a 2,5 ore ed il sistema si caratterizza per la piccola quantità di materiale scambiato tra le compagne (meno di 10-11masse solari) e dalla bassa viscosità del disco di accrescimento (fino a cento volte meno viscoso).

VY SCULPTORIS

Variabili cataclismiche note come anti-novae nane, caratterizzate da una curva di luce influenzate da bassi trasferimenti di massa tra le due compagne. In realtà il sistema potrebbe essere composto da tre elementi. La curva di luce è composta da cali sporadici, con stati stazionari alti e bassi della durata di alcuni giorni.

SUPERNOVAE

La supernova è la fine catastrofica di una stella di grande massa, il suo atto conclusivo, nel quale la stella morente esplode una energia paragonabile a quella che ha emesso in tutta la sua lunga vita. Le curve di luce vedono un aumento fino a venti magnitudini, con uno spettro arricchito da bande di emissione molto ampie e una velocità di espansione nell'ordine delle migliaia di chilometri al secondo. Per i dettagli sulle tipologie si rimanda alla morte delle stelle di grande massa per le supernovae di tipo II e ai sistemi binari per le supernovae di Tipo I.

La supernova PSN J09554214+6940260 in M82. Credit: E. Guido, N. Howes, M. Nicolini
La supernova PSN J09554214+6940260 in M82.
Credit: E. Guido, N. Howes, M. Nicolini

U GEMINORUM

Le U Gem sono note come nove nane composte da una nana bianca che ruba materia alla compagna, spesso nana K-M o subgigante in periodo orbitale di 1 o 2 ore. Durante il periodo di calma, l'instabilità del disco crea leggere fluttuazioni visuali mentre saltuariamente si verificano incrementi di varie magnitudini che durano fino a più di un mese. Il "saltuariamente" varia da stella a stella ma è rintracciabile solitamente in un dato valore medio e più il tempo tra le esplosioni è alto e più la variazione di magnitudine è ampia. Si tratta di sistemi caratterizzati da una forte emissione di raggi X .

Ci sono tre tipologie:

  • UGSS: Sono variabili di tipo SS Cygni, con ampiezze di magnitudine di 2-6 magnitudini in periodi di 1-2 giorni per salire e qualche giorno per tornare al minimo. Il ciclo si ripete in periodi da 10 a migliaia di giorni.
  • UGSU: Variabili di tipo SU UMA, con esplosioni brevi (dette normali) e esplosioni massime (supermassimi) di 2 magnitudini più luminose e 5 volte più lunghe delle prime.
  • UGZ: Variabili di tipo Z Camelopardalis, in cicli da 10 a 40 giorni, presentano ampiezze luminose di 2-5 magnitudini ma spesso non ritornano al valore di partenza, attestandosi invece su valori medi tra il precedente minimo ed il massimo raggiunto.

WZ SAGITTAE

Classe di novae nane caratterizzata da sporadici, rari aumenti di luminosità che arrivano a 6-9 magnitudini in visuale e che durano di più rispetto alle normali novae. Ad esempio, proprio la WZ Sagittae ha presentato outbursts nel 1913, 1946, 1978 e 2001 con periodi di più di ottanta minuti. I dati del telescopio Kepler hanno consentito di scoprire un altro oggetto di questo tipo a inizio 2020 grazie a un insolito outburst molto potente che ha comportato un aumento di luminosità di 1600 volte in un periodo inferiore al giorno. Il sistema (sistema di nova nana) consiste di una nana bianca accompagnata da una nana bruna , con la seconda in orbita compiuta in 83 minuti alla distanza di 400 mila chilometri. La distanza è talmente ridotta da consentire un trasferimento di massa e la formazione di un disco di accrescimento . Il rapido aumento di luminosità è stato anticipato da una salita lenta attualmente di difficile spiegazione. La teoria dice che il super-outburst potrebbe essere stato innescato dal raggiungimento di un punto limite da parte del disco di accrescimento, il cui bordo esterno dovrebbe aver sperimentato una risonanza gravitazionale con la nana bruna e una conseguente instabilità termica (R Ridden-Harper et al. Discovery of a new WZ Sagittae-type cataclysmic variable in the Kepler/K2 dataMonthly Notices of the Royal Astronomical Society - 2019). Ulteriore esempio è stato scoperto dalla Campaign 11 (C11) della missione estesa K2: si chiama KSN:BS-C11 e si è presentata come un brillante elemento transitorio con impennata di magnitudine pari a 0.8 nell'arco di un giorno e successivo declino superiore a un mese Ridden-Harper et al., Discovery of a New WZ Sagittae Type Cataclysmic Variable in the Kepler/K2 Data, arXiv)

V SAGITTAE

Categoria poco conosciuta, e non riconosciuta dal catalogo ufficiale, sembrerebbero sistemi binari con una delle componenti evoluta sebbene di categoria non definita. Potrebbe essere una subnana, una nana bianca, una stella di neutroni , un buco nero o una stella all'elio di Sequenza principale .

Z ANDROMEDAE

Il sistema binario rappresentato dalle variabili cataclismiche di tipo Z AND, noto anche come variabile simbiotica, è rappresentato da una nana o da una stella di Sequenza Principale, e da una stella di tardo spettro (M o C) e da un inviluppo esteso che spesso le fa scambiare per nebulose planetarie con lo spettro un po' particolare. Le variazioni raggiungono le 4 magnitudini visuali in periodi molto vari.

TIDAL DISRUPTION EVENTS (TDE)

Rappresentazione di un TDE. Crediti NASA/JPL-Caltech
Rappresentazione di un TDE. Crediti NASA/JPL-Caltech

Un discorso a parte meritano, da qualche anno, gli eventi di distruzione mareale di stella a opera di buchi neri nei casi in cui i malcapitati astri si avvicinino troppo al potente campo gravitazionale dell'oggetto compatto. In genere questi fenomeni possono produrre luce visibile o raggi X , ma le due radiazioni non sono mai state osservate insieme per lo stesso fenomeno lasciando immaginare due processi differenti di distruzione mareale. In realtà l'osservazione posticipata a raggi X di una serie di distruzioni mareali osservate in luce visibile ha rilevato una emissione: i TDE quindi dovrebbero - tutti quanti - emettere inizialmente in luce visibile e successivamente in raggi X, il che renderebbe i fenomeni omogenei per processo.  Si cercano tuttavia conferme da osservazioni future con i nuovi telescopi. La luce visibile dovrebbe essere originata dall'energia rilasciata durante la collisione mentre i raggi X dovrebbero dipendere dall'energia potenziale persa durante la caduta della stella verso il buco nero . In alternativa, sarebbe la stessa collisione a provocare emissione X, con emissione contemporanea di una nube di materiale in grado di assorbire inizialmente i raggi X e riemetterli come luce visibile. Quando la nube si dirada, allora i raggi X emergono nuovamente (P.G. Jonker, N.C. Stone, A. Generozov, S. van Velzen and B. Metzger, ' implications from late-time x-ray detections of optically selected tidal disruption events: state changes, unification, and detection rates', The Astrophysical Journal). Dipende quindi dal comportamento del buco nero: nella teoria classica, un TDE produce un flare alimentato da un disco di accrescimento in grado di produrre raggi X dalla regione centrale, dove il gas caldo spiraleggia verso il buco nero, eppure in molti eventi non risulta visibile la radiazione X ma soltanto quella ottica e ultravioletta. Per questo l'idea del disco ha lasciato spazio molto spesso a quella di collisione tra gli stream di gas.  Nel 2020, però, gli astronomi della UC Santa Cruz fornisono la chiara evidenza della formazione di un disco di accrescimento in rotazione intorno al buco nero. I raggi X, quindi, si formano sempre in un evento TDE, anche se a volte non sono visibili. L'evento che ha mostrato la chiara indicazione del disco di accrescimento è nominato AT 2018hyz ed è stato scoperto nel Novembre 2018 dalla ASAS-SN (All Sky Automated Survey for SuperNovae) tramite il telescopio da tre metri al Lick Observatory. Lo spettro dell'evento ha evidenziato un doppio picco, causato dall'effetto Doppler del materiale in rapido avvicinamento e di quello in rapido allontanamento, in un comportamento tipico di un disco di accrescimento. Un disco che si crea nel giro di poche settimane dall'evento di distruzione stellare ("Prompt Accretion Disk Formation in an X-Ray Faint Tidal Disruption Event," Tiara Hung et al., to appear in The Astrophysical Journal).  Il video di seguito (Credit: Jamie Law-Smith and Enrico Ramirez-Ruiz) mostra la formazione di un disco di accrescimento eccentrico in seguito a fenomeno TDE.

Informazioni aggiuntive sui TDE possono derivare dai neutrini, il primo dei quali - legato a un evento simile - è stato captato da IceCube nel 2019 (Nature Astronomy - “A tidal disruption event coincident with a high-energy neutrino” - Robert Stein) mentre un comportamento inatteso è giunto nel 2021, sotto forma di un lampo radio emesso a distanza di anni dall'evento distruttivo. Non è strano il rilascio di un flare in onde radio, visto che si tratta di una caratteristica nota da tempo, ma il momento di questa emissione. In particolare si tratta di due picchi di emissione radio giunti a distanza di mesi e di anni dal TDE vero e proprio. I flares dovrebbero essere causati dai getti lanciati al momento della distruzione e risucchiati dal buco nero oppure dai resti dell'esplosione stessa (A. Horesh et al. Delayed radio flares from a tidal disruption eventNature Astronomy - 2021). 

Emissioni radio dall'evento di distruzione mareale. Credit: Hebrew University of Jerusalem
Emissioni radio dall'evento di distruzione mareale. Credit: Hebrew University of Jerusalem

Il più vicino TDE si è verificato, a oggi, ad appena 215 milioni di anni luce di distanza dalla Terra ed è stato studiato per comprendere al meglio cosa accade durante la "spaghettificazione", quando il materiale cade nel buco nero rilasciando luce. Il Very Large Telescope e il New Technology Telescope di ESO, nonché Swift della NASA, hanno consentito di monitorare l'evento AT2019qiz per sei mesi durante tutta la curva di luce , riuscendo a ottenere dettagli nonostante la cortina di materiale che viene proiettata verso l'esterno e che in genere ostruisce la vista. Osservazioni in ultravioletto , a raggi X e onde radio hanno mostrato una connessione diretta tra il materiale in uscita dalla stella e il bagliore luminoso emesso durante il pasto. La stella aveva una massa simile alla massa solare ed ha perso metà di questa materia a causa del buco nero , un milione di volte più massivo. Il materiale è stato lanciato a velocità superiori ai 10 mila chilometri al secondo (An outflow powers the optical rise of the nearby, fast-evolving tidal disruption event AT2019qizMonthly Notices of the Royal Astronomical Society - 2020). Dettagli del genere possono aiutare nella comprensione di ulteriori eventi, rappresentando una sorta di stele di Rosetta per gli studi futuri. 

Per decenni, tuttavia, le esplosioni elettromagnetiche dai buchi neri sono state ricondotte a TDE senza tuttavia osservare mai i materiali reali coinvolti: questo digiuno è stato spezzato nel 2021 con l'osservazione delle righe di assorbimento causate da una stella spaghettificata. Questi "spaghetti" vanno a cadere sempre più vicini al buco nero emettendo una scarica di radiazioni creando righe di assorbimento sopra un polo del buco nero, a testimonianza di una sorta di lungo filo avvolto molte volte intorno al buco nero stesso, a formare una sorta di gomitolo. E' questo il legamento di materia derivante dalla morte stellare per TDE (G Cannizzaro et al. Accretion disc cooling and narrow absorption lines in the tidal disruption event AT 2019dsgMonthly Notices of the Royal Astronomical Society - 2021).

Un evento di distruzione mareale è stato anche utilizzato per determinare massa e spin del buco nero coinvolto attraverso l'analisi delle emissioni a raggi X : la sorgente X è nota come J2150 e si trova in un ammasso stellare di una galassia distante osservata da Hubble Space Telescope. Confrontando l'emissione con i modelli, la massa del buco nero è stata stimata in diecimila masse solari (buco nero di massa intermedia) mentre lo spin mostra una rotazione veloce ma non troppo, il che apre la domanda su cosa possa aver stabilizzato la velocità a un livello più basso rispetto a quanto atteso (The Astrophysical Journal - “Mass, Spin, and Ultralight Boson Constraints from the Intermediate Mass Black Hole in the Tidal Disruption Event 3XMM J215022.4-055108” - Sixiang Wen)

FAST BLUE OPTICAL TRANSIENTS (FBOT)

Il 17 giugno del 2018 la coppia di telescopi Atlas presente alle Hawaii ha segnalato la comparsa di una nuova sorgente di luce che, a primo impatto, ha fatto pensare a una supernova , quindi alla morte di una stella esattamente come ogni tanto capita di vedere. L'analisi successiva, tuttavia, ha evidenziato delle peculiarità mai osservate prima nella curva di luce : un picco raggiunto in appena 16 ore e una curva di salita e discesa molto più netta e ripida, in grado di raggiungere un livello da 10 a 100 volte quello di una supernova normale. La sede dell'evento è stata individuata nella galassia nana CGCG 137-068 posta in direzione di Ercole a 200 milioni di anni luce da noi, un evento che dovrebbe aver partorito un buco nero o una stella di neutroni evidenziando per la prima volta la radiazione collegata alla nascita di un oggetto compatto, in genere tenuta nascosta da una spessa coltre di materiale rilasciato dalla stella prima di morire. L'evento e l'oggetto che ne è risultato, distante 215 milioni di anni luce, sono stati battezzati AT2018cowcon le ultime tre lettere che hanno portato al nomignolo "la mucca" (cow in inglese). Oggi sappiamo che l'ambiente che circonda AT 2018cow è estremamente irregolare e ha dato vita a une emissione altamente disomogenea, la prima mai osservata per fenomeni simili. FBOT radio sono decisamente rari mentre "la mucca" ha consentito osservazioni in questa banda per molto tempo, il che vuol dire che la distanza percorsa dal materiale espulso è maggiore della media e proprio questo aspetto ha reso possibile lo studio dell'ambiente circostante.Questo materiale è stato allontanato a partire da 23 anni prima dell'esplosione finale a una velocità che si è incrementata nel tempo di cento volte (Nayana A. J. et al, uGMRT Observations of a Fast and Blue Optical Transient—AT 2018cowThe Astrophysical Journal Letters - 2021).

Non una supernova "normale", quindi, per luminosità e velocità, con particelle espulse fino a 30 mila chilometri al secondo. Osservazioni sono state portate avanti da diversi telescopi (tra i quali NuSTAR, XMM-Newton e Integral) in diverse frequenze, fino ad arrivare alla composizione chimica e al rilevamento di chiari segni di idrogeno e elio, segni che hanno consentito di scartare la possibilità di merge tra oggetti compatti, i quali perdono idrogeno unitamente agli strati più esterni prima della detonazione finale. (The Astrophysical Journal - “An embedded X-ray source shines through the aspherical AT2018cow: revealing the inner workings of the most luminous fast-evolving optical transients”, di R. Margutti et al. - 2019) 

Rappresentazione di un FBOT confrontato con altri fenomeni esplosivi. Crediti Northwestern University
Rappresentazione di un FBOT confrontato con altri fenomeni esplosivi. Crediti Northwestern University

Non si tratta dell'unico evento di questo tipo visto che tramite il WM Keck Observatory alle Hawaii sono stati osservati altri due fenomeni simili, tanto da dichiarare aperta una nuova categoria di oggetti transienti: il primo segnale in ordine di tempo - ancor prima della "Mucca" ma con dati non interpretati nel modo corretto - è chiamato CSS161010 mentre l'ultimo è chiamato ufficialmente ZTF18abvkwla (anche in questo caso le ultime lettere hanno spinto a una familiarizzazione con il nome "Koala"). 

Lampi di energia estrema ed estremamente veloci nell'apparire e nello sparire, compiendo il tutto in poche notti, ed emissioni radio dieci volte superiori alla media, raggiungendo la luminosità di un lampo gamma. CSS161010, in particolare, ha evidenziato un rilascio di materiale nello spazio a una velocità pari a 0.55 volte la velocità della luce, il che rappresenta un fattore a oggi inspiegabile data la massa espulsa: ci sono esplosioni (come i GRB ) che spingono materiale a velocità molto prossime a quella della luce, ma in tal caso la quantità di massa espulsa si aggira sul milionesimo della massa solare. Nel caso di CSS161010, invece, la massa espulsa è misurata da 1 a 10% della massa solare. 

Questi fenomeni vanno a rappresentare un sottotipo dei Fast Blue Optical Transients (FBOT). FBOT sono eventi transitori nello spettro di luce visibile ma è andando ad analizzare le altre frequenze che è stato possibile scoprire le caratteristiche del tutto nuove di questi fenomeni. Fenomeni tanto energetici e potenti da assumere una colorazione più blu rispetto alle supernovae classiche e caratterizzati da una curva di luce molto più veloce, ma non solo: le firme spettrali - come detto - evidenziano la presenza di idrogeno.

Le galassie che ospitano questi tre casi sono tutte galassie nane di massa ridotta ma con formazione stellare intensa, il che potrebbe aprire scenari rari in termini di evoluzione stellare in base al grado di metallicità presente. 

L'origine di questi fenomeni viene ricondotta alle esplosioni di stelle massive, come detto, ma non si escludono ulteriori filoni come stelle divorate da buchi neri e in tal caso la scoperta di questa classe di FBOT sarebbe una chiave per la ricerca di buchi neri intermedi, che potrebbero essere tipici di galassie nane. L'emissione radio successiva deriverebbe dall'onda d'urto del materiale che sbatte contro il mezzo circostante a una velocità pari al 55% della velocità della luce mentre la radiazione X potrebbe derivare dall'osservazione diretta del motore centrale. La radiazione X osservata, quindi, dovrebbe provenire direttamente dal centro dell'evento dove è presente la stella di neutroni o il buco nero stellare, il che aprirebbe comunque un dibattito sul perché la radiazione, stavolta, sia riuscita a uscire dal bozzolo che solitamente avvolge i nuclei. L'analisi dei dati ha confermato come la stella, prima di morire, abbia rilasciato materiale in misura dieci volte inferiore a quanto ci si aspetti da una esplosione stellare, con i detriti disposti anche in modo asimmetrico consentendo zone di vuoto nelle quali la radiazione si è infilata. Giungendo fino a noi. La mancata interazione con la polvere giustificherebbe anche la velocità della curva di luce, in mancanza di assorbimento da parte di un mezzo intermedio. Un evento tipico, quindi, caratterizzato però da una fase "pre-morte" stellare anomala

La velocità di questi eventi li rende difficili da scoprire ma i miglioramenti delle survey ottiche stanno ampliando le possibilità (Anna Y. Q. Ho et al. The Koala: A Fast Blue Optical Transient with Luminous Radio Emission from a Starburst Dwarf Galaxy at z = 0.27, The Astrophysical Journal - 2020)

Ultimo aggiornamento del: 03/10/2021 11:09:08

Variabili rotanti

Stelle la cui variabilità deriva da aspetti superficiali, come differenze di luminosità oppure forma ellissoidale. Tra le variabili rotanti assumono una importanza fondamentale le pulsar, resti di stelle esplose come supernovae.

(General Catalog of Variable Stars) - Le variabili rotanti sono stelle la cui variabilità deriva da aspetti superficiali, come differenze di luminosità oppure forma ellissoidale. La variazione in tali casi non è indotta da fenomeni esplosivi o pulsanti ma a caratteristiche superficiali quali macchie o disomogeneità termiche o chimiche dell'atmosfera , dovutamente a campi magnetici non coincidenti con la rotazione.

Il GCVS contiene almeno 900 variabili rotanti. Sono stelle caratterizzate da ampiezze davvero molto piccole - al massimo si parla di decimi di magnitudine - in tempi spesso molto ristretti, a volte di ore altre volte di millisecondi. Nel caso di variazioni di temperatura superficiale, è noto che la luminosità varia con la quarta potenza rispetto alla variazione di temperatura (Legge di Stefan-Boltzmann) quindi gli effetti sono evidenti se la stella è osservata con gli giusti strumenti.

Esistono ad oggi varie tipologie di stelle variabili rotanti, qui di seguito riportate:

ALFA-2 CANUM VENATICORUM

Sono stelle di Sequenza Principale con spettri compresi tra B8 e A7 caratterizzate da intensi campi magnetici. Lo spettro è atipico, data la presenza di righe di Silicio, Ferro e Cromo (nonché dalla scarsità di Elio) che variano con la rotazione della stella stessa. Le variazioni in magnitudine vanno da 0,01 a 0,1 in periodi che vanno da 0,5 a 160 giorni. Un sottotipo è dato dalle ACVO, rapidamente oscillanti che pulsano in modo non radiale, con spettro Ap (la p sta per peculiare).

BY DRACONIS

Si tratta di stelle nane di spettro tipicamente K-M, con righe di emissione dell'idrogeno tipiche del loro spettro e variazioni luminose quasi periodiche. I periodi vanno da meno di un giorno a 120 giorni, con variazioni di magnitudine fino a 0,5. La variabilità è dovuta a macchie sulla superficie solare e ad attività della cromosfera. Alcune stelle sono anche eruttive, presentando dei brillamenti.

VARIABILI ELLISSOIDALI ELL

Le variabili ellissoidali sono sistemi binari stretti con spettri stellari vari, e la cui variabilità è pari al periodo orbitale delle compagne. Contrariamente a quanto si possa pensare, la variazione non è dovuta ad eclisse tra le compagne ma alla vicinanza delle stesse, dal momento che la gravità ne deforma le atmosfere in maniera sufficiente a determinare la variazione di luminosità che, comunque, non va oltre il decimo di magnitudine.

FK COMAE

Sono stelle giganti in rapida rotazione dotate di luminosità superficiale differente da area ad area. Lo spettro tipico è G-K, con righe di emissione H e K del CaII e, talvolta, di H-alfa. A volte si tratta anche di sistemi binari spettroscopici. Le variazioni in visuale sono di alcuni decimi di magnitudine, percorse in periodi pari ai periodi di rotazione, quindi anche di giorni.

PULSAR PSR

Le pulsar sono ciò che resta di una stella esplosa come supernova. Se ne parla in dettaglio in sede di morte stellare.

Pulsar J1826-1256. Copyright: ESA/XMM-Newton/J. Li, DESY, Germany
Pulsar J1826-1256.
Copyright: ESA/XMM-Newton/J. Li, DESY, Germany

SX ARIETIS

Sono stelle di sequenza principale di spettro B0-B9, con campi magnetici e righe di He I e Si III. Sono note anche come variabili di elio. Sono caratterizzate da periodi pari ai periodi di rotazione, con ampiezze in magnitudine di 0,1 unità al massimo.

Ultimo aggiornamento del: 28/12/2019 14:01:24

Sistemi binari stretti a eclisse

Le stelle variabili ad eclisse rappresentano coppie di stelle le cui orbite si presentano di taglio ai nostri occhi, in modo che ad ogni passaggio o quasi le due stelle si eclissino in maniera alternata

Sappiamo che esistono sistemi binari di stelle, composti da coppie di astri che orbitano intorno ad un baricentro comune.

Si parla di stella variabile ad eclisse quando le orbite delle due componenti si presentano di taglio ai nostri occhi, in modo che ad ogni passaggio o quasi le due stelle si eclissino in maniera alternata.

Proprio per questa caratteristica, contrariamente ai gruppi visti finora dotati di variazione di luminosità intrinseca, le variabili ad eclisse sono dette variabili estrinseche: non è la luminosità assoluta dell'astro a variare ma soltanto quella percepita in seguito alle ripetute eclissi. Le binarie ad eclisse si caratterizzano per la morfologia della curva di luce , per lo stato evolutivo delle componenti e per le proprietà fisiche degli astri. Il GCVS identifica circa 6000 variabili ad eclisse, anche se molte sono poste nella categoria generica delle stelle in attesa di dati certi (E:).

I sistemi possono essere staccati quando le compagne hanno ampia separazione, semistaccati se la separazione è minore ma una delle componenti riempie il proprio lobo di Roche , a contatto se le due componenti riempiono il lobo di Roche, ed over contact se il gas delle stelle fuoriesce dai lobi di Roche a formare un inviluppo comune che sembra unire le due stelle. Il massimo della curva di luce si avrà quando le due stelle sono visibili entrambi. Se la stella più calda viene eclissata da quella più fredda, si avrà il minimo della curva mentre in caso contrario si registra una diminuzione minore della luminosità. Esistono varie tipologie di stelle variabili ad eclisse, riportate di seguito.

E:

E' la classe generica nella quale vengono inseriti i sistemi binari ancora da decifrare e che quindi verranno inseriti in seguito in una delle altre categorie. Sono sistemi i cui piani orbitali sono di taglio alla nostra visuale, con le componenti che si eclissano a vicenda periodicamente. Le variazioni luminose coincidono con il periodo orbitale del sistema binario .

EA BETA PERSEI

Binarie ad eclisse le cui componenti sono sferiche o leggermente ellissoidali, con luminosità pressoché costante tra le eclissi a causa di fenomeni di riflessione della luce o di variazioni fisiche. I periodi variano tra 0,2 e 10000 giorni mentre le variazioni di luminosità variano tra 0,01 e qualche magnitudine . Le curve di luce presentano precisi momenti di inizio e di fine ciclo. Le componenti possono essere di vario stato evolutivo. I sistemi di questo tipo in cui le cui componenti, semistaccate, si compongono di un astro subgigante evoluto di tipo F-G-K e uno in sequenza principale di classe B-A-F, con trasferimento di materia tra le stesse, vengono detti binarie di tipo Algol. Affinché si abbia un sistema di questo tipo, il raggio delle stelle deve essere piccolo rispetto al semiasse maggiore dell'orbita del sistema. Secondo la spiegazione del paradosso di Algol, la componente inizialmente più massiva evolve fino a riempire i Lobi di Roche e a trasferire materiale alla secondaria, il che dà vita a una inversione del tasso di massa e alla formazione del sistema di tipo Algol. Il campo magnetico riveste un ruolo importante, analizzato a fine 2020 nel sistema KIC 06852488 la cui componente primaria è una delta scuti pulsante mentre la secondaria è una late-type con forte attività magnetica. I due massimi nella curva di luce del sistema sono risultati correlati allo stesso ciclo di circa duemila giorni, a evidenziare un hot spot in evoluzione nella componente primaria e un cool spot nella secondaria, con posizioni quasi simmetriche all'interno del punto lagrangiano L1 (Xiang-dong Shi et al. Flaring and Spot Activities on the Semi-detached Binary System KIC 06852488The Astronomical Journal - 2020).

Curva di luce di Algol. Crediti AAVSO
Curva di luce di Algol. Crediti AAVSO

EA BETA LYRAE

Si tratta di binarie ad eclisse con forma ellissoidale per le quali non è possibile stabilire con precisione le epoche di inizio e di fine delle eclissi proprio a causa della variazione continua di luminosità combinata apparente del sistema. I periodi sono spesso superiori al giorno e le componenti sono di tipo spettrale B ed A. Le variazioni di luminosità sono di solito inferiori a 2 magnitudini visuali. Gli stati evolutivi delle compagne possono essere i più diversi. A volte non c'è alcuna eclisse e le variazioni sono dovute essenzialmente all'ellitticità.

EP SISTEMI CON TRANSITO PLANETARIO

Si tratta di stelle la cui variabilità è dovuta al transito di pianeti sul disco stellare. La stella prototipo è V376 Pegasi (HD209458). In pratica lo studio di queste stelle è quello che porta alla scoperta di esopianeti attraverso il metodo dei transiti, in grado di svelare anche anelli planetari e satelliti.

EW W URSAE MAJORIS

Sistemi ad eclisse il cui periodo non arriva al giorno le cui componenti sono ellissoidali e quasi a contatto, con variazioni luminose di 0,8 magnitudini circa. La curva di luce non consente di stabilire le epoche di inizio e di fine. Solitamente le componenti hanno spettro di tipo F-G. La variabilità è molto accentuata proprio in virtù degli effetti mareali provocati dalla notevole vicinanza delle compagne. La variazione dei periodi riscontrate in vari sistemi lascia pensare ad uno scambio di materia tra le due stelle.

A metà 2018 la costellazione del Drago è stata casa di una nuova scoperta: una eclisse binaria di tipo EW ovvero una variabile di tipo W Ursae Majoris con periodo più breve di un giorno. In genere questi sistemi consistono di due nane ellissoidali e in contatto con spettri F, G o K , condividendo un involucro gassoso. Si contano 40 mila stella di questo tipo ma ogni nuova scoperta è interessante visto che l'evoluzione di questi oggetti non è ancora ben compresa. Secondo alcuni potrebbe esserci un terzo corpo a creare effetti importanti sul sistema, rimuovendo momento angolare dalla binaria centrale e portandola all'interazione. Ls scoperta è avvenuta tramite una survey su 200 arcosecondi intorno alla stella TYC 3905-2030-1 condotta tramite i telescopi di ASAS-SN.  Il periodo di rotazione è di 0.43 giorni con variazione di 0.34 magnitudini.

RS CANUM VENATICORUM

I sistemi di questo tipo sono caratterizzati da righe di emissione H e K del Ca II molto forti, ad indicare una attività cromosferica di tipo solare, oltre che da emissioni di raggi X . La variabilità raggiunge le 0,2 magnitudini visuali ed è legata alle macchie solari della stella. La stella più calda è di tipo F o G.

Il caso di HS Hyd 

A inizio 2021 un team di University of Washington, Western Washington University e University of California ha analizzato più di 125 anni di registrazioni astronomiche per tracciare la storia del sistema binario a eclisse di HS Hydra, caratterizzato da una variabilità legata al mutuo moto delle stelle componenti intorno al baricentro gravitazionale. Le due stelle, dal nostro punto di vista, hanno iniziato a eclissarsi in lieve entità circa un secolo fa per incrementare la percentuale eclissata negli anni Sessanta del secolo scorso. I gradi  sono poi tornati a diminuire fino a cessare intorno a Febbraio 2021. Un ciclo completo, quindi, influenzato probabilmente dalla presenza di un terzo astro che va a modificare l'angolo orbitale rispetto alla Terra. Il sistema si trova a 342 anni luce di distanza e gli astri hanno un periodo di mutua rivoluzione di 1.5 giorni. Le ultime rilevazione di TESS parlano di un caldo di 0.0075 magnitudini.

Registrazioni di HS Hydrae del 1945,  Digital Access to a Sky Century at Harvard, DASCH, catalog. Credit: DASCH/Harvard University
Registrazioni di HS Hydrae del 1945,  Digital Access to a Sky Century at Harvard, DASCH, catalog. Credit: DASCH/Harvard University

Il caso di VVV-WIT-08

Discorso a parte merita VVV-WIT-08, stella gigante distante più di 25 mila anni luce in direzione del centro galattico la cui luminosità è diminuita di un fattore 30, determinando quasi la scomparsa dal cielo per diversi mesi prima di apparire di nuovo. Si tratta di un fenomeno particolarmente strano con queste tempistiche. Potrebbe essere, secondo i ricercatori, un nuovo tipo di sistema binario in cui una stella grande più di cento volte il Sole viene eclissata ogni pochi decenni da una compagna ancora invisibile, che potrebbe essere una seconda stella o un pianeta circondato da un disco opaco tale da coprire del tutto la stella primaria. L'oggetto appare infatti scuro e allungato, ma finora si tratta soltanto di ipotesi. Si tratta di un comportamento simile a quello di Epsilon Aurigae, la cui eclisse è parziale (50%) e dovuta a un disco di polvere in orbita con periodo di 27 anni. Un terzo oggetto potrebbe essere TYC-2505-682-1, il cui periodo è di ben 69 anni a segnare un record nel genere.

VVV-WIT-08 è stato scoperto dal VISTA Variables in Via Lactea survey (VVV), un progetto che utilizza il telescopio britannico VISTA in Cile, gestito da ESO e in grado di osservare un miliardo di stelle, sempre le stesse, da quasi un decennio. L'oscuramento è stato invece osservato anche da OGLE (Optical Gravitational Lensing Experiment), campagna osservativa dell'Università di Varsavia (Monthly Notices of the Royal Astronomical Society - 2021). 

Credit: Leigh Smith, Sergey Koposov

Ultimo aggiornamento del: 14/06/2021 14:49:31

Binarie strette otticamente variabili e sorgenti X

Le sorgenti X sono sistemi binari stretti con emissioni intense e variabili nello spettro X che non sono stati inquadrati nelle categorie precedenti.

Le binarie strette sorgenti di emissione X intensa e variabile sono sistemi binari stretti con emissioni intense e variabili di raggi X e che non sono stati inquadrati nelle categorie precedenti.

Solitamente una delle componenti è una stella compatta come una nana bianca , una stella di neutroni o un buco nero dal momento che l'emissione di raggi X è dovuta al materiale che viene sottratto dalla stella meno massiccia e che va ad arricchire la massa della stella compatta. La radiazione X incide sull'atmosfera della compagna più fredda sottoforma di radiazione visibile ad alta temperatura (riflessione), conferendo alla superficie interessata la proprietà di un tipo spettrale anteriore. Il risultato finale è una variabilità ottica complessa. Solitamente le stelle di questo tipo hanno magnitudini inaccessibili, 18 o 19.
Anche in questo caso ci sono vari tipi di sorgenti X, riepilogati di seguito.

XB

Sistemi binari stretti con eventi esplosivi a frequenza ottica ed X, con durata da alcuni secondi a 10 minuti ed ampiezze di 0,1 magnitudini visuali. Sono detti X-Ray burst. Un esempio  è il sistema con transiente GRS 1716-249, composto da una stella normale o una nana bianca accompagnata da un oggetto compatto come una stella di neutroni o un buco nero. In molti sistemi, lo stato "duro" è dominato da una potente emissione continua mentre nello stato "soft" domina una emissione di corpo nero dal disco. Alcuni XRBs esibiscono invece uno stato intermedio con gli stessi contributi delle due componenti. GRS 1716-249 è stato scoperto nel 1993 e dista 7800 anni luce e appartiene proprio ai sistemi con stadio intermedio (A NuSTAR View of GRS 1716−249 in the Hard and Intermediate States, arXiv). I sistemi che contengono un buco nero vengono battezzato BHXB (Black Hole X Binary) e sono costituiti da una stella normale che trasferisce propria massa all'oggetto compatto. La variabilità del sistema è in genere breve e casuale.

XF

Sistemi ad emissione X fluttuante, con rapide variazioni nella banda X e nella banda ottica su periodi nell'ordine della dozzina di millisecondi.

XI

Sorgenti X irregolari, sistemi binari stretti composti da un oggetto compatto caldo con disco di accrescimento ed una nana di tipo A-M. I periodi sono misurabili in minuti od ore e le ampiezze di magnitudine sono irregolari e si aggirano sulla magnitudine .

XJ

Binarie X caratterizzate da getti relativistici a lunghezze radio ed X oltre che nello spettro ottico.

XND

Sistemi X Novalike formate da un oggetto compatto caldo e da una nana o subgigante con spettro G-M. Le variazioni di luminisità arrivano anche a 4-9 magnitudini nel visibile ed in banda X ma senza l'espulsione di materiale. Può durare vari mesi.

XNG

Sistemi X novalike con una primaria supergigante o gigante dei primi tipi spettrali e un oggetto compatto caldo. Dopo l'esplosione sulla principale, il materiale che questa espelle cade sulla compagna compatta e produce emissione X. Le ampiezze sono di 1-2 magnitudini visuali.

XP

Sistemi con pulsar ad emissione X, dove la primaria è di solito una supergigante ellissoidale dei primi tipi spettrali. La variabilità in genere è legata proprio alla rotazione della stella ellissoidale. I periodi variano da 1 a 10 giorni con variazioni in termini di decimi di magnitudine.

XPR

Sistemi con pulsar ad emissione X con fenomeni di riflessione . Consistono di una primaria di tipo B-F ed una pulsar ad emissione X, anche ottica. L'ampiezza di variazione luminosa raggiunge le 2-3 magnitudini.

XPRM

Sistemi X formati da una nana di tardo tipo spettrale e una pulsar con intenso campo magnetico . L'accrescimento di materia sui poli magnetici si accompagna a polarizzazione lineare e circolare variabile e per questo si parla di polar. Le ampiezze si aggirano intorno a una magnitudine ma possono arrivare a 3 se la componente primaria viene irradiata da emissione X.
 

Ultimo aggiornamento del: 14/01/2020 19:43:48

Variabili misteriose: la stella di Tabby KIC 846852

Nel 2016 una stella è salita alla ribalta per la propria variabilità, una ribalta mediatica che ha tirato in ballo anche gli alieni. La stella di Tabby presenta variazioni inspiegabili ancora a distanza di anni.

Rappresentazione della stella di Tabby. Crediti NASA/JPL/Caltech
Rappresentazione della stella di Tabby. Crediti NASA/JPL/Caltech

La stella di Tabby deve il nome comune a Tabetha Boyaijan, astrofisica della Louisiana che ha scoperto, nel 2015, la variabilità dell'astro.

La stella di Tabby, ufficialmente nota come KIC 846852, si trova nel Cigno e dista da noi 1276 anni luce.  Molti la ricorderanno come quello strano astro con cadute di luminosità difficilmente spiegabili che, nel 2016, fecero parlare addirittura di strutture aliene (in realtà la frase era "Per quanto ne sappiamo potrebbero essere anche strutture aliene", a voler esprimere il fatto che nulla era noto. Poi la macchina mediatica ha galoppato come sempre). A rendere strano il tutto è un calo di luminosità del 20% subito dalla stella negli ultimi cento anni. Sono state, così, analizzate lastre fotografiche a partire da fine Ottocento fino ai nostri giorni, notando come dal 1960 in poi un po' tutte le stelle abbiano mostrato lo stesso trend di variabilità. Motivo? Cambiata la strumentazione, quindi nessuna forma aliena ma soltanto camere di ripresa differenti.  Eliminata la variabilità strumentale, tuttavia, restano i cali repentini e randomici di luminosità di breve periodo.   

La tesi più accreditata a oggi per spiegare certe variazioni è una famiglia di comete in passaggio sul disco stellare, in grado di coprirlo in parte, ma per comprendere al meglio cosa accade sarebbe opportuno assistere a un calo di luminosità e le curve di luce attuali indicano proprio che la magnitudine della stella sia costantemente alle prese con variazioni.  A fine 2016, uno studio della University of Illinois guidato da Mohammed Sheikh, presenta una soluzione del tutto diversa: la fonte della variabilità non sarebbe da ricercare in fattori esterni come le occultazioni o i transiti ma in fattori interni. In poche parole, sarebbe la stella a variare intrinsecamente la propria luminosità.  Non si tratta di una soluzione che esclude le altre, ma solo di una possibilità. Possibilità che però ha importanti implicazioni. La variabilità stellare vede delle riduzioni di luminosità minori accompagnate da cali molto più profondi. Secondo la teoria di Sheikh, il tutto può essere riportato a un modello matematico, limitandosi ad analizzare le variazioni più deboli.  Fissata una soglia, queste variazioni non sembrano essere del tutto casuali ma seguono un pattern abbastanza preciso che si ripete a piccola e grande scala con eventi autosomiglianti: le variazioni, in termini di percentuale e di durata, iniziano al di sotto di questa soglia e via via che passa il tempo iniziano a salire fino a superarla. Al termine, c'è un calo di luminosità più profondo.  Un po' come gli sciami sismici, che da piccole scosse giungono a quelle più violente per poi riprendere con scosse di assestamento.  Questo metodo matematico "a valanga" sembra ripercorrere molto fedelmente quanto avviene sulla stella di Tabby, il che somiglia a qualcosa che viene già riscontrato nei cristalli, nelle rocce, nei materiali granulari e, appunto, nei terremoti ma anche in tanti altri sistemi: la stella si troverebbe all'inizio di una transizione di fase, ma ancora non è chiaro questa transizione a cosa porterà né in quanto tempo. Come detto, si tratta di uno dei modelli a disposizione e restano ancora in piedi le ipotesi di sciami cometari o di occultazioni in genere, ma la soluzione proposta è di natura totalmente diverse. 

Ad Agosto 2017 viene puntato l'indice contro un eventuale sistema di anelli. Universe Today pubblica una nuova ipotesi avanzata da Mario Sucerquia della University of Antioquia's Department of Astronomy, basato su simulazioni numeriche e calcoli semi-analitici finalizzati a determinare se un transito di un pianeta con un sistema di anelli possa essere la causa delle osservazioni. Secondo il team, la presenza di un pianeta in stile Saturno potrebbe fornire le rispooste ai quesiti posti in merito alla esotica stella.  Nel modello ipotizzato, gli anelli dovrebbero essere la prima componente a far calare la luminosità dell'astro, con un calo di lieve entità. Un calo significante si verificherebbe al transito del pianeta vero e proprio per poi passare a una riprese con il passaggio della seconda parte dell'anello. Le differenze di luminosità sarebbero legate a angolazioni sempre differenti. E' stata simulata una curva di luce proveniente dal transito di un pianeta con anelli a distanza di 0.1 UA dalla stella, scoprendo che un sistema di anelli inclinato in un certo modo potrebbe spiegare quanto osservato in passato. L'inclinazione , a questa distanza, non sarebbe neanche stabile il che potrebbe condurre a variazioni in grado di portare giustificazione alla curva di luce sempre diversa per tempi e profondità. 

Il Carnegie ha osservato indietro nel tempo scoprendo che la stella era molto brillante anche nel 2007 e nel 2014, il che ha complicato ancora di più la spiegazione per il comportamento anomalo della stella. Tra il 2009 e il 2012, invece, la stella si è affievolita dell'1% prima di cadere di un 2% nei sei mesi successivi, livello al quale si è poi attestata per gli ultimi sei mesi della campagna osservativa di Kepler.  Serviva un periodo più lungo e così è stata utilizzata la All Automaded Sky Survey (ASAS), ripescando i dati di undici anni ai quali si sono aggiunti due anni della innovativa ASAS-SN destinata alle supernovae. La diminuzione è continuata quindi fino al 2015 e a fine 2017 la stella è dell'1.5% più debole rispetto a inizio 2015. Dal 2009 al 2013 e dal 2015 al 2017, però, la stella ha visto anche delle impennate di luminosità quindi la variazione di luminosità non va in una sola direzione ma presenta picchi, il che rende ancora più complessa l'analisi (arXiv, ottobre 2017).

Una variazione nel "colore" potrebbe creare indizi ed è per questo che sono stati utilizzati anche Spitzer e Swift, giungendo all'ipotesi che possa trattarsi di una nube di polvere intorno alla stella a creare le variazioni di lungo periodo (Astrophysical Journal, Ottobre 2017). La "prova", non definitiva, starebbe in un calo di luminosità inferiore in infrarosso rispetto al calo ultravioletto mentre qualsiasi oggetto più grande della polvere provocherebbe un calo in tutta la banda elettromagnetica. La nube orbiterebbe la stella in circa 700 giorni. 

A marzo 2018, ad esempio, la stella di Tabby è tornata a calare in luminosità in modo decisamente drammatico: il 16 marzo la stella è scesa di luminosità come mai aveva fatto finora da quando è oggetto di studio per tornare alla "normalità" il 22 marzo. 

A Settembre 2019 gli astronomi della Columbia University forniscono una ulteriore spiegazione: l'affievolimento di luminosità di lungo periodo sarebbe il risultato di un disco di detriti di una esoluna distrutta. Il disco, passando tra stella e Terra, andrebbe a variare la luminosità stellare. L'esoluna dovrebbe essere totalmente evaporata ma la fusione sarebbe durata milioni di anni, quindi saremmo anche fortunati a poter assistere a questo evento. La variabilità a breve termine potrebbe essere spiegata con la radiazione stellare che colpisce l'esoluna creando polveri soffiate via dal sistema stellare. La variazione a lungo termine, invece, richiede spiegazioni più ardue e proprio qui entra in gioco un disco di detriti dell'esoluna stessa. 

Ultimo aggiornamento del: 28/12/2019 14:14:54