EVOLUZIONE-STELLARE-DIAGRAMMA-HR
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Evoluzione stellare e diagramma HR

Le stelle, raggiunta la sequenza principale, hanno una vita tranquilla ma prima o dopo la loro esistenza è segnata dalla massa. Le scorte nucleari che mantengono l'equilibrio terminano e le stelle vanno incontro a periodi di variabilità più o meno intensi. Il loro destino è legato a doppio filo all'evoluzione. Il diagramma HR mostra il cammino delle stelle durante tutta la loro vita, evidenziando variazioni di dimensione e di colore.

Dalla sequenza principale all'evoluzione stellare

Le stelle che bruciano idrogeno in elio attraversano la fase più lunga e tranquilla della propria vita, quella che viene definita Sequenza Principale. Una introduzione al diagramma di Hertzsprung e Russell, tra i più importanti in astronomia

Una stella è nata, ed è nata grazie a una  massa in grado di donarle la possibilità di raggiungere temperature nucleari di circa dieci milioni di gradi tali da innescare la fusione dell'idrogeno in elio. La possibilità, quindi, di brillare di luce propria. Inizia quindi la fase più lunga e stabile di una stella, fase che viene chiamata sequenza principale (main sequence) facendo riferimento a uno dei diagrammi più famosi dell'astronomia, il diagramma HR

La sequenza principale si caratterizza per la fusione nucleare che converte idrogeno in elio, una fase che arriva ad abbracciare il 90% della vita di una stella e che, in termini di durata assoluta, dipenda dalla massa stellare e dalle caratteristiche interne che, in derivazione dalla massa, determinano le condizioni del nucleo stellare. 

Reazione termonucleare e catena protone-protone

Le alte temperature presenti nel nucleo della stella e l'altissima pressione aiutano a produrre, quindi, la reazione termonucleare alla base del concetto di stella. La reazione più comune e quella chiamata “catena protone-protone” ma ci sono anche reazioni nucleari che sono contemporaneamente in azione. Sono state studiate in profondità quelle reazioni che producono la maggior parte dell’energia e quelle che producono elementi importanti per altre reazioni, anche se non danno un contributo apprezzabile. La reazione protone-protone è la più importante ed avviene quando due nuclei di idrogeno si uniscono per formare un isotopo dell'idrogeno chiamato deuterio e poi l'elio. A questo punto un protone si trasforma in un neutrone liberando un [V]positrone[/V] e+ e un neutrino v che porta un' energia da 0 a 0,42 MeV :

1H + 1H = 2H + e+ + ve

I protoni si trasformano in neutroni attraverso l'interazione debole, trasformando un quark “up” in “down”. Questo processo consuma energia (il neutrone ha leggermente più massa del protone) e libera un positrone e un elettroneutrino. Questo primo passaggio è estremamente lento, perché è un interazione debole che converte un protone in un neutrone. Il protone deve aspettare circa 109 anni prima di fondersi in deuterio. 

Il positrone si annichila immediatamente con un elettrone, e le loro energie di massa sono trasformate in due raggi gamma con una energia totale di almeno 1,022 MeV.

e+ + e -

Dopo la produzione di deuterio nel primo passaggio esso si può fondere con un altro idrogeno per produrre un isotopo leggero dell'elio, 3He:
 
2H + 1H 3He + γ + 5,49 MeV 

Da qui tre differenti rami portano alla formazione dell'isotopo dell'elio 4He.
L'elio-4 può infatti derivare dalla fusione di due nuclei di elio-3 (ramo pp I) ma questo elio-4 può essere l'input per altri differenti percorsi (ramo pp II e ramo pp III) a disposizione del Berilio-7.

RAMO PP I

 3He +3He → 4He+ 1H + 1H + 12,86 MeV

con rilascio di un'energia netta di 26,7 MeV. Il ramo pp I è dominante a temperatura tra 10 e 14 milioni di gradi mentre al di sotto dei 10 milioni di gradi la catena pp non produce più He4. Data la temperatura si tratta del ramo che domina nel Sole (91%). 

RAMO PP II

3He + 4He 7Be + γ
7Be + e-
7Li+ ve
7Li + 1H
H4e + 4He

Il ramo pp II è dominante a temperature tra 14 e 23 MK. Il 90% dei neutrini prodotti nella reazione 7Be(e-,ve)7 Li portano un'energia di 0,861 MeV, mentre il rimanente 10% un'energia di 0,383 MeV.

RAMO PP III 

3He + 4He 7Be + γ
7Be + 1H
8B + γ
8B
8Be + e+ + ve
8Be
4He + 4He

Il ramo pp III è dominante a temperature maggiori di 23 milioni di gradi. Il ramo pp III genera i neutrini a più alta energia (=14,06 MeV).

RAMO PP IV

In questo caso l'elio-3 reagisce direttamente con un protone per dare elio-4

3He + 1H 4He + ve + e+

La fase di tranquillità è garantita da un equilibrio tra la gravità, che fino all'innescarsi delle fusioni ha portato la proto-stella a contrarsi sempre di più, e la spinta che, una volta nata la stella, proviene dalle reazioni nucleari e che si oppone al collasso gravitazionale. Il punto di equilibrio tra queste due forze rappresenta l'equilibrio idrostatico della stella.

L'equilibrio idrostatico è la condizione di un fluido le cui singole parti si trovano in una condizione di inerzia, con tutte le forze che si annullano tra di loro.

Come accennato, la durata della sequenza principale è data dalla massa in una relazione molto semplice: le stelle con minor massa durano molto di più e il paragone migliore può essere operato confrontando una stella con un atleta. Chi corre i cento metri produce uno sforzo massimo in poco tempo, poiché se la corsa durasse di più - come una maratona - occorrerebbe bruciare energie più lentamente per riuscire ad arrivare in fondo. Le stelle di piccola massa consumano la propria energia in modo molto lento mentre le stelle più massicce producono energia a tassi elevatissimi, pagando questo sprint in termini di una minor durata in sequenza principale. Molto intuitivamente, l'energia maggiore si concretizza in un tasso di conversione idrogeno-elio molto superiore rispetto al tasso che si presenta nelle stelle di minor massa, con la conseguenza finale che le stelle di grande massa tendono a esaurire molto presto la scorta di idrogeno nel nucleo, alterando il proprio l'equilibrio idrostatico. In finale, dipende tutto dalla presenza di idrogeno da bruciare e più si va avanti e più le fusioni intaccano la scorta di questo idrogeno dipendentemente dal tasso di conversione. 

Le stelle appena nate vengono chiamate ZAMS (Zero Aging Main Sequence) proprio per evidenziare la differenza tra una stella di sequenza principale che oramai ha bruciato quasi tutto il proprio idrogeno e una stella che, invece, si è recentemente affacciata alla ribalta del firmamento e il cui idrogeno è ancora tutto da bruciare. 

Inizialmente, la composizione del Sole rispecchiava quella media dell'universo con un 74% di idrogeno, un 25% di elio e un 1% circa di metalli. Oggi, a distanza di 5 miliardi di anni, la situazione è notevolmente cambiata e il Sole ha bruciato la metà del proprio idrogeno nel nucleo, tanto che la sua vita residua è di altri 5 miliardi di anni. In tutto questo tempo, la produzione di energia si è tradotta in una variazione di diametro e di luminosità. Il numero totale di nuclei atomici nel cuore della stella  diminuisce nel tempo e resta un numero sempre minore di particelle a determinare la pressione interna. Ciò significa che il nucleo della stella tende a comprimersi sotto la spinta ed il peso degli strati più esterni e che di conseguenza la stella tende ad apparire più grande e più brillante. Può sembrare una contraddizione ma se il cuore stellare si restringe ne deriva una maggior densità ed una maggior temperatura, il che porta a collisioni più frequenti tra i nuclei di idrogeno e a un tasso più elevato di combustione. La maggior pressione dovuta alle più frequenti reazioni nucleari comporta una espansione degli strati più esterni e, visto che la luminosità di una stella dipende dalla superficie della stessa, anche la luminosità stessa sarà maggiore. Sempre con riferimento al Sole, gli astronomi hanno calcolato come la sua luminosità, nell'arco dei quasi 5 miliardi di anni di vita, sia aumentata del 40%, il suo raggio del 6% e la sua temperatura di 300 K.
L'incremento di energia riscalda anche gli strati più esterni al cuore stellare, il che comporta una combustione idrogeno-elio anche nelle zone adiacenti al nucleo stellare stesso.

Come detto, è la massa che influisce sulla durata di una stella. Ne risulta che stelle di classe spettrale O oppure B durano meno di stelle di classe M, meno massicce e meno brillanti. I rapporti tra le categorie di stelle possono andare da milioni di anni di vita per le stelle di classe O a centinaia di miliardi di anni di vita per le stelle di classe M.

La tabella che segue mette in evidenza le relazioni tra la massa di una stella , la temperatura  e la classe spettrale .

Massa stellare e sequenza principale
Masse solari Vita attesa (milioni di anni) Classe spettrale Luminosità solari Tmperatura K
0.5 56.000 M 0.03 4.000
0.75 20.000 K 0.5 5.000
1 10.000 G 1 6.000
1.5 3.600 F 5 7.000
3 640 A 60 11.000
15 11 B 10.000 30.000
25 3 O 80.000 35.000

Per calcolare la durata in sequenza principale di una stella, data la sua massa, si può utilizzare la seguente equazione. 

t = 1 / M2.5 = 1 / (M2sqr(M))

Indicando con Ms la massa solare e mantenendo la vita della nostra stella stimata in 10 miliardi di anni, otterremmo per una stella come Sirio, la cui massa è 2.12 masse solari:

1 / 2.122.5 = 1 / 2.122 sqr(2.12) = 1 / 6.54 = 0.1529

il che corrisponde a 0.1529 * 10.000.000.000 = 1.529.000.000 di anni per Sirio. Una stella la cui massa è pari a 0.5 masse solari ha una vita stimata in 56 miliardi di anni. 

Elementi chimici particolari

L'evoluzione stellare crea elementi chimici via via più pesanti ma ne esistono alcuni che rappresentano una fonte fondamentale o un mistero e tra questi ci sono carbonio, azoto, ossigeno, zolfo e fosforo che rivestono una particolare importanza visto che sono alla base della vita come la conosciamo. In particolare, la [V]Via Lattea [/V] ma anche lo stesso Sistema Solare presenta abbondanze di fosforo difficilmente spiegabili con i modelli evolutivi stellari a oggi condivisi, con il fosforo a rivestire un ruolo importante formando molecole di DNA e RNA. Nel 2020 è stata rinvenuta una intera popolazione di stelle, nel catalogo della Sloan Digital Sky Survey (SDSS), ricche di fosforo, il che offre una ottima opportunità di studio sebbene ancora i processi non siano chiari. Le stesse stelle presentano peculiarità per magnesio, silicio, ossigeno, alluminio e elementi più pesanti come il cerio. Abbondanze non previste da alcun modello e che danno vita a una nuova categoria di stelle (Phosphorus-rich stars with unusual abundances are challenging theoretical predictionsNature Communications - 2020).

 

 

 

Convezione, rotazione e attività stellare

Interno del Sole e di una stella evoluta a confronto. Credito: MPS / Università di Aalto / hormesdesign.de
Interno del Sole e di una stella evoluta a confronto. Credito: MPS / Università di Aalto / hormesdesign.de

Il trasporto di energia all'interno delle stelle varia in base all'evoluzione delle stesse. In stelle come il Sole il primo trasporto di energia avviene per irraggiamento per lasciare poi spazio alla convezione . L'attività stellare è legata sia alla convezione sia alla rotazione della stella , visto che i processi verticali della prima e quelli orizzontali della seconda apportano attorcigliamenti che danno origine ai complessi campi magnetici osservati. Conoscere precisamente il processo e quali siano i fattori più importanti in gioco non è semplice, ma prevalgono due paradigmi in particolare: uno dà più peso alla rotazione; l'altro assegna un ruolo maggiore alla convezione turbolenta, fatta di una risalita vigorosa con burst di piccola scala. Uno studio del 2020 ha analizzato 224 stelle, molto diverse tra di loro anche come stadio evolutivo, per osservare gli effetti: le stelle evolute evidenziano una convezione più spessa e che spesso va a sostituire la zona radiativa unitamente a un rallentamento della rotazione. Alcune delle stelle osservate mostrano periodi di rotazione di diverse centinaia di giorni ma un livello di attività magnetica ancora notevole, simile a quello di stelle come il Sole. Il livello di attività stellare, quindi, non dipende soltanto dalla rotazione, mentre se si guarda alla sola convezione il comportamento delle stelle di sequenza principale e di quelle evolute può essere unificato (Common dynamo scaling in slowly rotating young and evolved starsNature Astronomy - 2020).

Ultimo aggiornamento del: 05/08/2020 15:18:46

Il Diagramma di Hertzsprung-Russell (Diagramma HR)

La classificazione più utilizzata per le stelle è quella elaborata da Ejnar Hertzsprung e Henry Russell, il Diagramma HR, in grado di disporre stelle in base a luminosità e temperatura.

Con l'aumentare dei database relativi agli spettri stellari, padre Angelo Secchi (1818-1878) iniziò a catalogare le stelle in cinque tipi, scegliendo una sequenza che si rivelerà vincente. Il passaggio, infatti, dal colore bianco-azzurro al rosso-scuro scelto da Secchi indica la diminuzione di temperatura , parametro basilare per la determinazione e l'analisi dello spettro stellare. C'era bisogno, tuttavia, di altre conoscenze che non tardarono ad arrivare: Johan Balmer mostrò come la regolarità alla base delle lunghezze d'onda delle righe dell'idrogeno fosse riassumibile in una semplice formula matematica; Pieter Zeeman mostrò come le righe spettrali fossero influenzate dal campo gravitazionale del corpo celeste , il che consentì di determinare il campo magnetico stellare; Mendeleev elaborò la tavola degli elementi chimici; Maxwell elaborò la teoria dell'elettromagnetismo; Becquerel scoprì la radioattività; Max Planck determinò la costante universale studiando il corpo nero ; Einstein spiegò l'effetto fotoelettrico; Bohr elaborò il modello quantistico dell'atomo; Einstein, di nuovo, legò massa ed energia nella sua Relatività

Il clima, come si vede dai numerosi esempi, era molto fertile dal punto di vista scientifico e portò alla classificazione stellare ancora molto valida ai giorni nostri: nel 1911 Ejnar Hertzsprung (1873-1967) costruisce uno dei grafici più importanti nella storia dell'astrofisica, mettendo in relazione il colore (misura della temperatura ) con la magnitudine assoluta (misura della luminosità) delle stelle, notando il legame tra i due parametri. Nel 1913, Henry Russel (1877-1957) utilizza la classe spettrale al posto del colore e trova la stessa distribuzione. Unendo i due lavori nasce il diagramma di Hertzsprung-Russell, in grado di spiegare come il colore (temperatura) e lo spettro siano legati e come al tipo spettrale sia legata la luminosità delle stelle. Visto che la luminosità dipende anche dalle dimensioni della superficie che la emette, anche le dimensioni stellari possono essere tratte dal diagramma.

In pratica, tutte le caratteristiche stellari fino ad allora note, e cioè massa, raggio, tipo spettrale e temperatura, venivano ad essere riassunte in una unica sequenza di evoluzione stellare.

Il Diagramma di Hertzsprung-Russell stabilisce una classificazione delle stelle secondo il loro tipo spettrale e la loro luminosità.

In un piano cartesiano:

  • sull'asse delle ascisse (orizzontale) viene riportato lo spettro stellare oppure l'indice di colore (differenza tra magnitudini della stessa stella a due diverse lunghezza d'onda) oppure ancora la temperatura, in sequenza decrescente
  • sull'asse delle ordinate (verticale) si riporta la magnitudine assoluta (quindi bisogna considerare stelle di cui si conosce magnitudine visuale e distanza) in ordine crescente, oppure la luminosità rispetto al Sole.

La temperatura (asse X) si incrementa da sinistra verso destra, perché originariamente Hertzsprung e Russell basarono il loro diagramma sulla sequenza spettrale OBAFGKM, dove sappiamo che con O si intendono le stelle più calde e con M quelle più fredde.

La luminosità (asse Y) copre un range davvero molto vasto così il diagramma fa uso di una scala logaritmica dove ogni tacca rappresenta una luminosità dieci volte maggiore rispetto alla precedente.
Ogni punto sul diagramma rappresenta il tipo spettrale e la luminosità di una singola stella. Ad esempio, il punto dato dal Sole rappresenta una classe spettrale G2 con luminosità 1.

Diagramma HR
Il diagramma di Hertzsprung - Russell (Diagramma HR)

Dal momento che la temperatura aumenta da destra verso sinistra e che la luminosità aumenta dal basso verso l'alto, si nota essenzialmente come:

  • le stelle poste nell'angolo in alto a sinistra sono calde e luminose;
  • le stelle poste in alto a destra sono fredde e luminose;
  • le stelle poste in basso a destra sono fredde e poco luminose;
  • le stelle poste in basso a sinistra sono calde e poco luminose.

La prima cosa che balza agli occhi è come le stelle sembrino decisamente raggruppate in poche aree del diagramma e come il diagramma stesso sia tagliato in due da una linea che scorre dall'angolo in alto a sinistra all'angolo in basso a destra.
L'utilità fondamentale di questo diagramma sta proprio nella capacità di individuare queste aree di stelle con caratteristiche simili, studiarne le caratteristiche stesse e fornire tipologie stellari in base ai parametri analizzati. Principalmente il diagramma HR va analizzato in riferimento a raggio stellare, luminosità e massa. 

Diagramma HR e raggio stellare

Le prime indicazioni importanti che fornisce il diagramma HR riguardano il raggio delle stelle visto che la luminosità di una stella dipende sia dalla temperatura superficiale sia dalla superficie della stella stessa, e quindi dal suo raggio. La temperatura superficiale determina l'ammontare di energia emessa dalla stella per unità di area, con una temperatura più alta che quindi implica una energia maggiore per unità di area. Così, se due stelle hanno la stessa temperatura, la stella più grande deve essere per forza più luminosa dell'altra: brilla di più poiché emette attraverso una superficie maggiore. I raggi stellari devono quindi aumentare quando ci si sposta dall'angolo in basso a destra verso l'angolo in basso a sinistra fino alle alte luminosità in alto a sinistra.

Le stelle non sono posizionate a caso ma sembrano cadere all'interno di aree ben precise, ad indicare un legame tra temperatura superficiale (e quindi spettro) e luminosità stellare. I gruppi che si formano possono essere riassunti come segue.

Classificazione stellare del diagramma HR
Sequenza principale

Sono le stelle che percorrono diagonalmente il diagramma e rappresentano circa il 90% delle stelle della Galassia e, probabilmente, dell'universo. Vanno dalle stelle calde e luminose alle stelle fredde e deboli, il tutto dipendendo dalla massa. Il Sole è una stella di sequenza principale. Relativamente allo stadio di vita di una stella, gli astri presenti in sequenza principale sono in uno stato tranquillo, dove continuano a bruciare idrogeno creando elio. Il numero di stelle presenti in questa fascia è così elevato perché questa fase di fusione di idrogeno dura circa il 90% della vita di una stella. Si tratta di una fascia molto lunga ma stretta, a testimonianza del fatto che l'equilibrio tra gravità e forza esplosiva delle fusioni è molto delicato, ed un disequilibrio farebbe spostare subito la stella verso un'altra fascia. Le nane rosse in particolare sono la tipologia di stella più comune nell'universo e la loro conoscenza è di fondamentale importanza soprattutto per la ricerca di mondi abitabili. La Data Release 1 di LAMOST (Large Sky Area Multi-Object Fiber Spectroscopic Telescope) - rilasciata nel 2015 - offre dati su 30 mila nane rosse di classe spettrale M (in realtà gli oggetti studiati sono 121.000 ma non sono presenti dati caratterizzanti per la differenza. A oggi LAMOST è giunto alla sesta release con 11,27 milioni di spettri - compresi 9,91 a bassa risoluzione - nonché parametri stellari per 6,13 milioni di stelle)

Stelle giganti Le stelle poste nel riquadro in alto a destra sono fredde e luminose. Dalla legge di Stefan-Boltzmann sappiamo che una stella fredda irraggia meno energia per unità di superficie rispetto ad una stella calda di pari dimensione, quindi per apparire tanto luminose le stelle fredde devono per forza essere giganti, con dimensioni che vanno dalle 10 alle 100 dimensioni solari, come mostra il ricadere delle Giganti all'interno della fascia obliqua che si estende proprio tra questi valori di raggio, al quale corrispondono luminosità tra le 100 e le 1000 luminosità solari e temperature che vanno dai 3000 ai 6000 Kelvin. Le stelle che hanno temperature comprese tra i 3000 ed i 4000°K sono dette giganti rosse.
Stelle supergiganti Nella zona più estrema dell'angolo in alto a destra ci sono poche stelle di dimensioni ancora maggiori rispetto alle giganti, e per questo sono state battezzate supergiganti. I raggi di queste stelle si spingono fino ai 1000 raggi solari.
Nane bianche Le stelle poste in basso nel diagramma sono molto più piccole ed appaiono di colore bianco. Si tratta, come appare dal diagramma, di stelle calde ma con una bassa luminosità, quindi il motivo per il quale non brillano molto è legato alla ridotta dimensione superficiale. Proprio da questo deriva il nome di nana. Approssimativamente hanno una dimensione simile a quella terrestre e non presentano più fusioni nucleari interne rappresentando il resto di una stella gigante. Le nane bianche rappresentano circa il 9% delle stelle del cielo.

 

Le regioni del diagramma HR furono formalizzate da Morgan, Keenan e Kellman nel sistema MKK, assegnando numeri romani da I a V. Prima delle supergiganti, i tre astronomi introdussero anche la classe delle ipergiganti, indicate con 0 (esempio, S Doradus oppure Eta Carinae). Il sistema è noto anche come Sistema di Yeerkes.

Tipologie stellari
Tipologia di stella Identificativo MKK o sistema di Yeerkes
Ipergiganti Ia - 0
Supergiganti Ia - Ib
Giganti brillanti  IIa - IIb
Giganti IIIa - IIIb
Subgiganti ICa - IVb
Nane di sequenza principale Va - Vb
Sottonane VI

Diagramma e luminosità stellare

La temperatura di una stella determina le righe spettrali che domineranno il suo spettro di luce, quindi classificare una stella in base al suo spettro è essenziale esattamente come lo è farlo in base alla temperatura. 

Il diagramma rivela stelle che presentano la stessa temperatura ma differenze nette in termini di luminosità. Ad esempio, una nana bianca può avere una temperatura di 7000 K, così come una stella di sequenza principale, una gigante ed una supergigante. La differenza è data dalla luminosità. 

Esaminando lo spettro di una stella, ad una data temperatura, si può determinare la categoria di appartenenza dell'astro visto che le differenti righe presenti nello spettro sono l'evidenza di differenti componenti atmosferiche presenti sulle stelle. Basandoci sulla riga dell'idrogeno, se pressione e densità sono alte gli atomi di idrogeno collidono molto frequentemente ed interagiscono con gli altri atomi del gas dell'atmosfera stellare. Le collisioni causano spostamenti dei livelli energetici dell'idrogeno facendo risultare righe non molto evidenti. Inizialmente "fredda", le stelle hanno raggiunto il picco più alto in pochi decenni prima che l'atmosfera abbia iniziato a essere instabile a causa di pulsazioni amplificate. Il tutto ha portato a una eruzione atmosferica e a un nuovo raffreddamento in appena due anni. Il ciclo è poi ricominciato (A.M. van Genderen et al. - 2019, Pulsations, eruptions and evolution of four yellow hypergiants. Accepted for publication in Astronomy & Astrophysics). 

In una stella gigante l'atmosfera ha una bassa pressione ed una altrettanto bassa densità visto che la massa si disperde in un volume immenso. Gli atomi sono quindi abbastanza distanziati e le collisioni sono meno frequenti, producendo quindi larghe righe di idrogeno. Uno studio basato su quattro stelle supergiganti ha evidenziato oscillazioni cicliche della temperatura, tra 4000°C e 8000°C. Si tratta di ipergiganti gialle tra 15 e 20 volte più pesanti del Sole, 50 mila volte più luminose della nostra stella e in grado di occupare uno spazio fino all'orbita di Giove.

In una stella di sequenza principale, l'atmosfera è più densa rispetto ad una stella gigante, quindi ci sono più collisioni ed una riga dell'idrogeno intermedia tra quella delle nane e quella delle giganti.
Conoscere spettro e luminosità di una stella aiuta un astronomo a capire subito di che tipo di stella si tratti. Una stella G2V indica una stella di sequenza principale con luminosità pari a quella solare e temperatura superficiale di circa 5700K, mentre una stella di spettro K5 III è una gigante rossa con luminosità di 375 luminosità solari e temperatura superficiale di 4000 K.

Diagramma HR e massa stellare

La caratteristica principale di una stella di sequenza principale come il Sole è quella di bruciare idrogeno in elio attraverso le fusioni nucleari interne. Molte stelle passano gran parte della propria vita in questa fase, ed è per questo che la maggior parte delle stelle appartiene alla fascia di sequenza principale.
Perché esistono questi enormi range di luminosità e temperatura? Gli astronomi hanno determinato le masse delle stelle usando sistemi binari, e scoprendo come la massa stellare aumenti man mano che si procede lungo la sequenza principale, risalendola.
Le stelle di tipo O, calde e luminose, possono avere masse che arrivano a 100 masse solari, mentre le stelle presenti nel lato opposto della sequenza giungono ad avere masse pari a 0,1 masse solari. Questo ci fa capire come la massa abbia un ruolo fondamentale nel processo di fusione dell'idrogeno. La massa ha un effetto diretto sulla luminosità stellare perché il peso degli strati esterni della stella determina la velocità delle reazioni nucleari che portano dall'idrogeno all'elio. Una stella di 10 masse solari di sequenza principale sarà 1000 volte più luminosa del Sole.
In ogni caso, la relazione tra massa e temperatura superficiale è solo un sottocapitolo di quanto detto finora. Generalmente, le stelle molto luminose sono molto grandi o hanno elevate temperature, oppure presentano tutti e due i fattori in diversa combinazione. Le stelle nel lato sinistro in alto del diagramma hanno luminosità migliaia di volte superiori a quella del Sole ma sono soltanto 10 volte più grandi della nostra stella. Significa che la loro temperatura superficiale è nettamente più alta di quella del Sole.
Una volta fatti nostri questi concetti, ci è facile capire che una stella di sequenza principale più massiccia del Sole deve avere una temperatura più alta.

Proprio le stelle più caldi sembrano presentare macchie gigantesche unitamente a brillamenti superluminosi, esplosioni energetiche più potenti di quanto avvenga sul Sole in misura che raggiunge i milioni di volte. Lo studio ha riguardato essenzialmente stelle azzurre di ramo orizzontale, dotate in genere di una massa pari alla metà della massa solare ma di una temperatura cinque volte superiore e che - si presume - siano destinate a saltare una fase finale morendo prematuramente. In genere stelle simili nella nostra Galassia presentano una compagna ma all'interno di oggetti compatti come un ammasso globulare queste stelle appaiono solitarie. Le macchie osservate non sono assimilabili a quelle solari: sono più luminose e calde della superficie circostante e sono anche molto più grandi, giungendo a coprire anche un quarto della superficie stellare. Anche la durata è estremamente lunga, protraendosi fino a decenni e proprio la loro presenza determina variazioni nella luminosità stellare. I brillamenti osservati, invece, sono simili come processo ai flare solari ma sono milioni di volte più energetici (A plague of magnetic spots among the hot stars of globular clusters - Nature Astronomy).

Ultimo aggiornamento del: 16/10/2020 17:28:17

La fase di gigante rossa

Terminata la scorta di idrogeno nel nucleo, una stella non riesce più ad alimentare fusioni nucleari e la gravità torna a vincere, determinando una nuova compressione stellare. E un nuovo innalzamento della temperatura interna che porta a una gigante

Sebbene la scorta di idrogeno nel cuore stellare sia enorme non è infinita e così è destinata a terminare. Tutto l'idrogeno nel cuore stellare si è trasformato in elio quindi le reazioni nucleari interne hanno dapprima incontrato un rallentamento e poi un esaurimento, determinando il venir meno della forza in grado di contrastare il collasso gravitazionale dovuto alla massa.

Una estensione alla vita di una stella viene dalla velocità di rotazione sul proprio asse, come testimonia uno studio del 2018 sull'ammasso aperto M 11. Più la stella ruota velocemente, infatti, e più l'idrogeno viene mescolato al suo interno il che rende disponibile una quantità aggiuntiva per le fusioni nucleari. Sempre legato alla rotazione è un mistero ancora aperto, visto che nel momento in cui le stelle invecchiano continuano a ruotare più velocemente di quanto previsto, pur diminuendo per il classico processo di "frenata magnetica" (Weakened magnetic braking supported by asteroseismic rotation rates of Kepler dwarfsNature Astronomy - 2021).

Il cuore stellare inizia a freddarsi con conseguente diminuzione della pressione e sopravvento degli strati esterni della stella, i quali iniziano a far sentire il proprio peso comprimendo il nucleo stesso. Proprio questa compressione induce la temperatura interna a salire di nuovo ma stavolta l'innalzamento della temperatura non è dovuto alle reazioni nucleari interne, ancora assenti, ma alla conversione dell'energia gravitazionale in energia termica, quindi alla compressione stessa.

Shell Hydrogen-Burning e gigante rossa

In tempi astronomicamente brevi, le regioni intorno al cuore stellare diventano calde abbastanza da innescare la fusione dell'idrogeno in elio (nel cuore non c'è più idrogeno ma negli strati più esterni al cuore si) in un processo noto come shell hydrogen-burning.

Il cuore della stella è ora pieno di elio mentre gli strati esterni sono ricchi di idrogeno e, tra questi, gli strati più a ridosso del nucleo sono compressi abbastanza da raggiungere i 10 milioni di gradi e iniziare la fusione in elio. La fascia in cui si produce energia bruciando idrogeno in elio è molto sottile rispetto al resto della stella. Per una stella come il Sole, questa fase ha inizio quasi immediatamente in seguito all'esaurimento della scorta di idrogeno nel nucleo stellare facendo sì che l'energia sia sempre più o meno costante. Per stelle più massicce, invece, può esserci un intervallo di centinaia di anni o di pochi milioni di anni tra la fine delle fusioni nucleari e l'inizio della fase di shell hydrogen-burning. La nuova fornitura di energia ed il rinnovato calore hanno l'effetto di causare un innalzamento nel tasso di shell hydrogen burning. L'elio prodotto in questa sottile striscia di stella cade nel centro della stella dove si riscalda insieme all'elio già presente. Il cuore stellare continua ad aumentare la propria massa ed a comprimersi sempre di più. In questo caso, per stelle come il Sole, il cuore sarà compresso a circa 1/3 rispetto alle dimensioni originarie ed il risultato è un innalzamento della temperatura che può andare dai 15 milioni K ai 100 milioni K.

La maggior parte degli effetti sono interni alla stella e sono quasi invisibili agli occhi di un osservatore esterno, tuttavia ci sono effetti drastici sulla struttura stellare che vanno a ricadere anche sull'aspetto esterno della stella. Gli strati esterni si espandono sotto la spinta del calore interno sviluppato dalla striscia di fusioni e la stella aumenta la propria luminosità in maniera molto decisa (a causa del raggio maggiore della stella), mentre il cuore stellare continua a comprimersi. La pressione interna spinge il raggio della stella a dimensioni molto maggiori rispetto a quelle originarie. Gli strati esterni diventano più freddi a dispetto di un nucleo stellare sempre più caldo: il motivo sta nel fatto che gli strati esterni sono più distanti dal nucleo stellare, visto l'aumentare delle dimensioni stellari. Gli strati più esterni possono raggiungere temperature di 3500 K che donano una tinta rossastra all'astro, come spiegato dalla Legge di Wien. La stella è ora grande e rossa e la fase va da sé: gigante rossa.

Le giganti rosse sono quindi stelle che sono uscite dalla fase di sequenza principale per evolvere in un altro stadio della loro vita.

Durante questa fase può esserci una enorme perdita di massa: i gas fuggono dalla superficie della gigante rossa e questo può essere osservato facilmente nello spettro della stella, relativamente alle righe di assorbimento presenti. Una tipica gigante rossa perde qualcosa come 10-7 masse solari ogni anno, contro le 10-17 masse solari perse dal Sole ogni alto, di gran lunga una misura inferiore. Uno studio di Agosto 2017 pubblicato su Nature a firma del Max Planck Institut fur Radioastronomie mette in dubbio l'efficienza della sola convezione  nella generazione della quantità di materia espulsa dalla superficie di Antares, estendendo il discorso alle giganti rosse in generale. Secondo il team di ricerca deve esistere una forza finora non calcolata che pensa a proiettare parte della materia stellare nello spazio, poiché la convezione da sola non è in grado di spiegare la mole di materia spazzata via. Dalle dinamiche del gas in movimento intorno alla stella , nonché dalla direzione del gas stesso, è stato osservato come la densità del materiale mosso e l'estensione siano troppo alte, incompatibili con i processi finora tirati in ballo nei modelli. C'è altro, ma non si sa cosa, anche se a inizio 2019 l'analisi di due giganti rosse ha mostrato come l'enorme quantità di materia fosse indotta, in realtà, dalla presenza di una stella compagna e fino ad allora sconosciuta: proprio la presenza di questa seconda stella crea una fonte di attrazione in più per il materiale che quindi si allontana in quantità maggiore. L'aumento di dimensione della stella e la perdita di massa incidono sui pianeti in orbita intorno alla stella stessa, cosa che un domani distante cinque miliardi di anni riguarderà da vicino anche la nostra Terra. Il fato di un pianeta non è tuttavia segnato, visto che testimone di una forte resistenza è il pianeta che orbita intorno alla gigante rossa HD 203949 osservato da TESS (Transiting Exoplanets Satellite Survey): il pianeta si trova proprio a ridosso della stella, laddove il tumulto di gas avrebbe dovuto inglobarlo. A salvarlo, forse, una migrazione verso l'interno abbastanza recente (TESS Asteroseismology of the known red-giant host stars HD 212771 and HD 203949Astrophysical Journal - 2019): il pianeta potrebbe aver occupato una orbita più ampia per poi avvicinarsi una volta che la stella si è ritirata. Non si tratta dell'unico caso, anzi ce ne sono di più estremi come pianeti che orbitano intorno a una nana bianca (e quindi a uno stadio ancora successivo). Un esempio è un pianeta gioviano che chiude un'orbita intorno alla nana bianca  WD 1856 in appena 34 ore (Mercurio, ad esempio, impiega 90 giorni per chiudere un giro intorno al Sole). Il sistema si trova a 80 anni luce dalla Terra ed è stato osservato di nuovo nei dati di TESS con conferma di Spitzer. Come abbia fatto il pianeta a resistere alla morte stellare è ancora un mistero, ma una potenziale soluzione risiede in una possibile variazione di orbita del corpo celeste a favore di una maggiore ellitticità diminuita poi dallo scorrere dei miliardi di anni (l'età della stella è di 6 miliardi di anni circa) (Nature - “A giant planet candidate transiting a white dwarf” - Andrew Vanderburg et al.). Tra l'altro la scoperta pone questioni anche sulla eventuale sopravvivenza di forme di vita su eventuali pianeti rocciosi orbitanti: una domanda alla quale potrà probabilmente rispondere il James Webb Telescope con un paio di giorni di osservazione, quanto basta alla detection di eventuali biomarcatori (Lisa Kaltenegger et al. The White Dwarf Opportunity: Robust Detections of Molecules in Earth-like Exoplanet Atmospheres with the James Webb Space TelescopeThe Astrophysical Journal Letters, Volume 901, Number 1).

Ciò che il materiale espulso rende molto difficoltoso è il calcolo della temperatura superficiale di queste stelle: un articolo del 2021 prende in esame la line-depth radio (LDR) ma non effettua la misura delle intensità delle righe di più specie chimica bensì sulle sole righe di assorbimento del ferro nel vicino infrarosso , limitando quindi - o annullando - l'effetto della gravità superficiale e delle complesse atmosfere superiori. Il test è stato effettuato su stelle come Betelgeuse, ben nota (arXiv.org - “Effective temperatures of red supergiants estimated from line-depth ratios of iron lines in the YJ bands, 0.97-1.32 micron” - Daisuke Taniguchi et al).

A fine 2019 un affievolimento di luminosità della stella Betelgeuse è stato - dopo un lungo studio - associato al transito di una grande macchia sulla superficie stellare (in realtà il discorso non è chiuso, come si può leggere nella scheda della stella). Tali macchie sembrano più comuni di quanto ipotizzato su stelle di tipo gigante rossa, tanto che si stima come l'8% di tali stelle esponga macchie di dimensioni notevoli come espressione dei campi magnetici in superficie, creati nelle profondità dell'astro e esposti a convezione e rapida rotazione stellare. In genere le giganti rosse sono viste come stelle a lenta rotaziona ma la sincronia con un'altra stella vicina oppure divorare una stella o un pianeta aiutano l'eccelerazione. Per trovare conferma sono state analizzate 4500 giganti rosse riprese da Kepler dal 2009 al 2013, alla ricerca di variazioni di luminosità. Il 15% del campione appartiene a sistemi binari vicini, con conseguente sincronizzazione delle rotazioni. Le altre stelle, l'85%, appare come stella singola e in tal caso la rotazione veloce deriva da fusione con altre stelle oppure dall'aver inglobato un pianeta ma le stelle con 2 o 3 masse solari potrebbero in realtà non aver mai rallentato il proprio giro durante la fase di espansione (Patrick Gaulme et al. Active red giants: close binaries versus single rapid rotators, Astronomy & Astrophysics, Volume 639, A63 (July 2020). Dopo Betelgeuse è stata la volta di VY Canis Majoris, una ipergigante rossa decisamente più massiva della stella di Orione e distante da noi 3900 anni luce, con una luminosità pari a 300 mila volte quella del Sole. Un tempo molto brillante, oggi può essere osservata solo con i telescopi e proprio il telescopio spaziale Hubble ha immortalato una enorme nube di materiale emesso dalla stella, con un diametro di oltre 1500 miliardi di chilometri e filamenti in ogni direzione. Gli archi sono il risultato di gigantesche eruzioni della stella (The Astronomical Journal - “The Mass-Loss History of the Red Hypergiant VY CMa” - Roberta M. Humphreys et al)

Le immagini di Hubble e una rappresentazione di VY Canis Minoris. . Crediti: Nasa, Esa e R. Humphreys (University of Minnesota), e J. Olmsted (Stsci)
Le immagini di Hubble e una rappresentazione di VY Canis Majoris. Crediti: Nasa, Esa e R. Humphreys e J. Olmsted

Dipendentemente dalla massa della stella, si può tracciare un percorso evolutivo dalla sequenza principale alla fase di gigante rossa. Una stella di circa 15 masse solari lascia la sequenza principale circa 100 volte prima rispetto ad una stella di 1,5 masse solari. Il nostro Sole raggiungerà la fase di gigante rossa dopo circa 7 miliardi di anni dalla sua nascita ed allora avrà un raggio cento volte maggiore di quello attuale. La Terra avrà una temperatura superiore ai 2.000°C. Per la razza umana sarà la fine, a meno di non iniziare a popolare altri mondi. Oppure a meno che la razza umana si sia già distrutta da sola.  

Molte delle stelle con massa pari o superiore a quella solare diventeranno giganti rosse, ma il modo di produzione di energia in seguito al raggiungimento della fase di gigante rossa dipende dalla massa della stella, ancora una volta. Una categoria insolita è rappresentata da giganti rosse in possesso di una grande quantità di ferro.

L'universo è un luogo abbastanza grande per non presentare casi particolari e così la fase di gigante rossa di HD 101584 è stata alterata dalla presenza di una compagna di massa limitata, inglobata dalla stella maggiore. Le osservazioni di ALMA mostrano la nube di gas residua del processo consentendo di spiegarlo: la stella minore non è stata distrutta ma soltanto inglobata negli strati esterni della principale, con il risultato che ha iniziato a spiraleggiare verso il nucleo senza mai raggiungerlo a causa dell'esplosione indotta nella stella gigante, della quale è rimasto soltanto il nucleo circondato dal pattern di gas generato dagli strati esterni persi e dal percorso a spirale della compagna.

La forma della struttura intorno a HD 101584. Crediti: Alma (Eso/Naoj/Nrao), Olofsson et al. Ringraziamenti: Robert Cumming
La forma della struttura intorno a HD 101584.
Crediti: Alma (Eso/Naoj/Nrao), Olofsson et al. Ringraziamenti: Robert Cumming

Helium-Burning

L'elio è l'output della fusione dell'idrogeno avvenuta durante la fase di sequenza principale ma al tempo stesso è utilizzato come input per un'altra reazione nucleare. Quando l'elio inizia ad essere utilizzato per la reazione nucleare al posto dell'idrogeno si parla di fase di helium-burning.
Quando una stella diventa gigante rossa, la sua temperatura interna è ancora troppo bassa per riuscire ad innescare la reazione nucleare che brucia l'elio ma tutto intorno al nucleo di elio ci sono le reazioni di idrogeno degli strati più esterni, già visti e noti come hydrogen-burning shell. Queste reazioni che avvengono appena al di fuori del nucleo di elio fanno in modo che il nucleo stesso si contragga più velocemente facendone aumentare densità e temperatura.

All'aumentare della temperatura, gli elettroni nel gas diventano degeneri e riescono a resistere a qualsiasi ulteriore contrazione del nucleo facendo si che la temperatura interna del nucleo stesso non risenta più della pressione interna.

Con la prosecuzione della hydrogen-burning shell la temperatura del cuore degenere diventa caldissima e, al raggiungimento dei 100 milioni di K e con una massa pari a circa 0,6 masse solari, inizia la fase di fusione dell'elio con produzione di carbonio e energia. Il raggio della stella a questo punto può arrivare a raggiungere 1 UA, con una luminosità pari a 1000 volte la luminosità del nostro Sole. Ora la stella ha di nuovo una sua fonte interna di energia ed è la prima volta da quando ha lasciato la sequenza principale.

La fusione dell'elio nel cuore fonde 3 nuclei di elio a formare un nucleo di carbonio ed è nota come processo alfa triplo (il nucleo di elio è anche chiamato particella alfa). Questo processo ha luogo in due passaggi.
Nel primo step, due nuclei di elio si combinano a formare un isotopo del berillio:

4He + 4He  --> 8Be

Si tratta di un isotopo molto instabile che si spezza facilmente in due nuclei di elio, ma nelle estreme condizioni che si riscontrano nel cuore stellare un altro nucleo di elio può colpire il nucleo di berillio prima che questo possa provare a rompersi. Se ciò accade, si forma un isotopo del carbonio più stabile e l'energia viene rilasciata sottoforma di fotone a raggi gamma (p).

8Be + 4He  --> 12C + p

Il nucleo di carbonio che si è formato in questo processo può fondersi con un altro nucleo di elio producendo un isotopo stabile dell'ossigeno e fornendo energia addizionale:

12C + 4He  --> 16O + p

Il risultato della fusione dell'elio è quindi carbonio ed ossigeno e proprio questi isotopi sono quelli più presenti in natura nonché nel nostro corpo.

La velocità della reazione che genera ossigeno è decisamente ardua da definire ma una stima potrebbe dire molto - ad esempio - sul rapporto attuale carbonio/ossigeno nell'universo o se il futuro della stella sarà segnato da una stella di neutroni o da un buco nero. Parlando di "velocità di reazione di cattura radiativa"  si fa riferimento alla reazione tra carbonio ed elio internamente a una stella, reazione che dà vita - come detto - al carbonio 16 il quale decade poi in ossigeno stabile come quello della nostra atmosfera. Le probabilità che questa reazione avvenga all'interno di una stella, però, sono decisamente basse visto che le particelle che partecipano sono cariche positivamente e tendono a respingersi. L'energia in gioco dovrebbe quindi battere la forza di Coulomb, il che è un evento raro. Gli esperimenti negli acceleratori di particelle non sono validi test visto che avvengono a energie superiori a quanto presente nelle stelle. Un modo per ottenere una stima dell'efficienza del processo potrebbe essere quello di "reazione inversa", partendo da un atomo di ossigeno per ottenere particelle di elio e carbonio in un processo che dovrebbe essere più semplice da realizzare (Massachusetts Institute of Technology).

La produzione di energia a partire dall'elio consente di ristabilire l'equilibrio termico nel cuore della stella, prevenendo ulteriori contrazioni dovute alla gravità. La durata della fase di gigante rossa è circa il 20% della durata della fase di sequenza principale. Il Sole, ad esempio, attraverserà una fase di fusione dell'elio che durerà circa 2 miliardi di anni.

Helium Flash

Nelle stelle con massa pari a 2-3 masse solari la fusione dell'elio avviene gradualmente, con l'avvicinarsi della temperatura nucleare ai 100 milioni Kelvin . Il processo è iniziato, ma è prima necessario che gli elettroni diventino degeneri.
Nelle stelle di massa inferiore alle due masse solari, invece, la fusione può iniziare immediatamente attraverso un processo noto come helium flash. L'energia prodotta dalla fusione dell'elio riscalda il cuore della stella ed aumenta la temperatura. Ora, in normali circostanze, questo dovrebbe portare ad una maggior pressione e ad una espansione e raffreddamento della stella, tuttavia occorre ricordare che la materia al centro della stella non è più normale. C'è un gas di elettroni degeneri il che vuol dire che qualsiasi aumento di temperatura indotto dalla fusione dell'elio non produce un incremento nella pressione interna, ma aumenta soltanto il tasso di fusione dell'elio. Un raddoppio della temperatura incrementa il tasso di fusione di circa un miliardo di volte. L'energia prodotta dal processo di fusione riscalda il nucleo e la sua temperatura sale notevolmente. L'aumento può arrivare anche a 300 milioni di Kelvin producendo un rapidissimo consumo di elio che va con il nome di helium flash. Nei primi due milioni di anni la stella può subire numerosi lampi di elio, prima di stabilizzarsi. L'helium flash è stato previsto nei modelli per cinquanta anni ma non è mai stato osservato finora, anche se qualcosa potrebbe presto cambiare grazie a strumenti come CoRoT e TESS. Oggi pensiamo che il flash si verifichi all'improvviso e che faccia vibrare la stella come una campana, con una debole variazione della luminosità complessiva che potrebbe entrare a far parte del campo dell'astrosismologia (M. M. Miller Bertolami et al. Asteroseismic signatures of the helium core flashNature Astronomy - 2019).
Nel momento di massimo del flash il cuore della stella ha una energia che si attesta tra le 1011 e le 1014 volte la luminosità solare e la conversione avviene ad un tasso tale che l'energia ottenuta risulta circa 100 volte maggiore rispetto a quella dell'intera Via Lattea. 
A volte la temperatura sale al punto che gli elettroni non possono rimanere degeneri e tornano a comportarsi normalmente nel cuore stellare, con il risultato che il nucleo stellare si espande determinando la fine dell'helium flash. Questi eventi accadono molto velocemente: dopo l'helium flash la combustione dell'elio dura circa cento milioni di anni.

La fase di helium-flash sembra essere in grado di produrre una quantità di polvere stellare tale da colmare il gap tra la quantità osservata e quella prevista come risultato delle esplosioni di nova o supernova. Uno studio del 2018 ha rinvenuto infatti isotopi pesanti nella nebulosa planetaria K4-47, isotopi che si credevano prodotti soltanto da eventi catastrofici (link di approfondimento). Attraverso una simulazione definita Stardust Machine è stata analizzata l'attività intorno a una gigante rossa proprio per scoprire come si formi la polvere, alla base della futura formazione planetaria. A oggi in questa polvere sono state rinvenute più di duecento specie molecolari, ma le osservazioni sono complicate dall'ambiente ostile per le indagini. La simulazione Stardust ha mostrato la formazione di polvere carbonacea ma anche l'assenza di formazione di specie aromatiche e fullereni, smentendo le teorie vigenti al momento della simulazione (Lidia Martínez et al. Prevalence of non-aromatic carbonaceous molecules in the inner regions of circumstellar envelopesNature Astronomy - 2019).

Indipendentemente dall'helium flash l'inizio della fusione dell'elio riduce la luminosità della stella: il cuore stellare, ormai caldissimo, si espande e questa espansione spinge la fascia di fusione dell'idrogeno verso l'esterno, diminuendone la temperatura ed il tasso di fusione. Nonostante nella stella ci siano due fusioni (elio all'interno ed idrogeno all'esterno), il totale di energia prodotto cala durante la fase di gigante rossa, diminuendo anche la luminosità.

Il litio e le "red-clumps"

Dalla survey LAMOST e della survey australiana GALAH è stato possibile costruire un database di spettro di dieci milioni di stelle, dal quale è stata evidenziata una produzione tardiva di litio coincidente proprio con la fase di gigante rossa (o quasi, come vedremo a breve), cosa non prevista dai modelli teorici (Yerra Bharat Kumar et al, Scoperta della produzione ubiquitaria di litio nelle stelle a bassa massaNature Astronomy - 2020). Il litio è un componente molto antico dell'universo e circa l'1% delle stelle evolute di massa medio-piccola note presenta una abbondanza fino a mille volte superiore a quella delle stelle "normali". Uno studio del 2020 ha unito spettroscopia - per valutare l'abbondanza di litio - e astrosismologia - per monitorare le pulsazioni della stella - giungendo ad assegnare la sovrabbondanza a una fase leggermente diversa da quella di gigante rossa e battezzata "red-clump". Si tratta di una fase difficilmente distinguibile da quella di gigante rossa ma caratterizzata da pulsazioni differenti e quindi da una struttura interna diversa. Non solo litio: le stelle che evidenziano una pulsazione differente rispetto alle giganti rosse - e quindi le red-clumps - evidenziano anche altre righe differenti e proprio queste righe ora servono a distinguere le due classi di stelle (Most lithium-rich low-mass evolved stars revealed as red clump stars by asteroseismology and spectroscopyNature Astronomy - 2020). 

La lieve distinzione tra red-giants e red-clumps. Credit: Wako Aoki, National Astronomical Observatory of Japan
La lieve distinzione tra red-giants e red-clumps. Credit: Wako Aoki, National Astronomical Observatory of Japan

Spostamenti nel Diagramma HR

Abbiamo visto che, per le stelle con massa iniziale inferiore a circa 4-5 masse solari, l'esaurimento della scorta di idrogeno comporta un restringimento del nucleo stellare che porta l'astro nella fase di gigante rossa: la temperatura cala mentre la luminosità aumenta (per le maggiori dimensioni della stella) e l'astro si sposta verso l'alto e verso destra nel diagramma HR, il ramo delle giganti rosse (Red Giant Branch - RGB).
Se la stella ha, a questo punto, una massa superiore alle 2-3 masse solari ha lentamente inizio la fusione dell'elio mentre se la massa stellare è inferiore avviene il cosiddetto helium-flash. In tutti e due i casi, però, la stella vede diminuire la propria luminosità a causa del raffreddamento del nucleo stellare. Gli strati esterni si contraggono creando un nuovo riscaldamento e spostando ancora la stella verso sinistra nel diagramma HR. La luminosità resta più o meno costante, così il percorso nel diagramma è pressoché orizzontale, a disegnare quel che viene chiamato Horizontal Branch.
Le stelle che si trovano lungo l'horizontal branch sono stelle che stanno bruciando elio nel nucleo circondato da fusioni di idrogeno. Molte di queste stelle si trovano negli ammassi globulari.

Neanche l'elio è infinito e anche la sua fusione è destinata a terminare. Il ruolo principale lo svolgerà di nuovo la massa, ma in ogni caso la stella si appresta a terminare la propria vita.

Ultimo aggiornamento del: 22/04/2021 20:19:26