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Le principali lune di Saturno

Le lune di Saturno sono tra le più interessanti dell'intero Sistema Solare: dal gigantesco Titano, in possesso di un ambiente del tutto simile alla Terra se non fosse per la sostituzione degli elementi di base a favore degli idrocarburi, fino allo spugnoso Hyperion e all'oceano sotterraneo, forse "abitato", di Encelado. Un sistema di satelliti studiato in dettaglio dalla missione Cassini che vede anche satelliti minori, i pastori, forgiare la struttura degli anelli

Generalità sulle lune di Saturno

Alcuni sono interessanti per la forma e le dinamiche orbitali, altri sono fondamentali per i risvolti biologici. Un numero di satelliti in costante aumento per Saturno, pianeta gigante che non fatica ad acquisire nuove lune.

Il numero di satelliti di Saturno è imprecisato poiché anche i frammenti di ghiaccio che compongono gli anelli potrebbero essere classificati come satelliti. Le sonde che si sono avvicinate a Saturno hanno scoperto, in ogni occasione, numerosi nuovi satelliti e Cassini - la missione che ha speso anni intorno al sistema Saturno - non ha fatto eccezione. Ufficialmente a oggi si contano 82 satelliti, con l'ultimo aggiornamento firmato a ottobre 2019 da un team del Carnegie guidato da Scott Sheppard, in grado di rilasciare un update di ben venti lune in una volta sola. Di queste nuove venti lune, ad esempio, tutte hanno lasciato misurare un diametro minimo di cinque chilometri mentre ben diciassette hanno evidenziato una orbita retrograda, sintomo di probabile acquisizione tramite cattura gravitazionale. Le nuove lune retrograde hanno peraltro una inclinazione  simile a quella delle altre già note, a indicare una frammentazione di un altro corpo andato distrutto (Saturn Surpasses Jupiter After The Discovery Of 20 New Moons And You Can Help Name Them!). 

Si possono ipotizzare alcuni gruppi di satelliti, per ora.

I satelliti pastore Pandora e Prometeo e la loro influenza sull'anello F. Crediti Voyager2/NASA
I satelliti pastore Pandora e Prometeo e la loro influenza sull'anello F.
Crediti Voyager2/NASA

I satelliti pastori sono lune orbitanti all'interno oppure nelle zone appena periferiche del sistema di anelli, ed hanno il compito di modellarli, evitando sfumature e quindi dotando gli anelli stessi dei bordi netti che possiamo osservare. Alcuni esempi di questi satelliti sono Pan, Atlante, Prometeo, Pandora, Epimeteo e Giano. Il fatto che alcuni satelliti costringano le particelle che compongono gli anelli a seguire certe orbite sollevò anche qualche ilarità, perché adattare la teoria del cane pastore e delle pecore agli anelli di Saturno sembrava un po' azzardato, tuttavia le cose stanno proprio così, come dimostrò una immagine del Voyager 2 che ritraeva proprio Pandora e Prometeo a far da guardia al piccolo anello F di Saturno. 
Prometeo è più interno rispetto ai corpi dell'anello F e quindi ha una velocità maggiore (Terza Legge di Keplero). Quando passa vicino ai corpi dell'anello, esercita una attrazione gravitazionale su di essi trascinandoseli dietro e facendo aumentare la loro velocità. Aumentando la velocità, i corpi aumentano la propria orbita e tendono a spostarsi verso l'esterno ma è qui che incontrano Pandora, più esterna e più lenta, che ne riduce di nuovo la velocità riportandoli ad un'orbita più bassa, quella di prima. E' in questo modo che i pastori tengono a bada i corpi che compongono gli anelli evitandone la dispersione, anche se a dire il vero è stata la sonda Cassini a ridimensionare in seguito il ruolo di Pandora in questo "gioco": i dati della sonda mostrano che la gravità delle due lune insieme riesce a generare gap e addensamenti già visti altrove ma i recenti modelli, avallati dai dati di Cassini, mostrano come sia Prometeo, da solo, a confinare il materiale nel bordo dell'anello F, aiutato dalle particolari caratteristiche della propria orbita. A Dicembre 2008, la sonda Cassini ha mostrato anche dei frame nei quali si nota chiaramente come Prometeo strappi anche materiale all'anello F nel punto di apoasse (punto di maggior lontananza da Saturno e di maggior vicinanza ai corpi dell'anello) creando dei ponti di materia tra l'anello stesso ed il piccolo satellite.

I grandi satelliti interni sono quelli più vicini a Saturno, che orbitano all'interno dell'anello E: Mimante, Encelado, Teti e Dione. Ci sono molti altri satelliti oltre a questi quattro maggiori, che coprono le stesse orbite. Le lune coorbitanti sono satelliti di tipo troiano, che condividono la stessa orbita intorno a Saturno con un'altra luna occupando i punti lagrangiani, il che garantisce una distanza tale da evitare collisioni ora e per sempre. Ad esempio, Teti condivide l'orbita con Telesto e Calipso, mentre Dione la divide con Elena e Polideuce.

Le grandi lune esterne orbitano oltre l'anello E e sono Rea, Iperione, Titano e Giapeto.

Alle lune dotate di oceani subsuperficiali, come Encelado e Titano per Saturno (ma anche Europa per Giove e Plutone stesso) sembra affiancarsi Mimas in base a uno studio di inizio 2022: da sempre considerato un corpo inerte e privo di acqua con appena 39 chilometri di diametro che dovrebbe impedire una fonte di riscaldamento interna, in realtà le misurazioni di librazione effettuate dalla sonda Cassini sembrano avallare l'idea di un oceano globale di acqua liquida sotto il guscio di ghiaccio. A riscaldare il corpo in modo sufficiente dovrebbero essere le forze mareali, forti tanto da mantenere l'acqua liquida ma non tanto da liquefare anche la superficie. L'oceano dovrebbe estendersi per uno spessore tra i 24 e i 31 chilometri sotto la superficie (Icarus - “The case for an ocean-bearing Mimas from tidal heating analysis” - Alyssa Rose Rhoden et al.)

Ultimo aggiornamento del: 29/01/2022 18:42:47

Il satellite Titano

Titano è un satellite molto grande, l'unico del Sistema Solare dotato di atmosfera paragonabile a quella terrestre e quindi di grandissimo interesse per gli astronomi. Oltre a questo, un ciclo completo di evaporazione e piogge di idrocarburi

I numeri di Titano
La luna di Saturno, Titano. Crediti ESA/NASA
La luna di Saturno, Titano. Crediti ESA/NASA

 

DATI FISICI
Diametro 5150 km
Rotazione 15.95 giorni
Massa 1.345x1023 kg
Densità media 1.88x103 kg/m3
Velocità di fuga 2630 m/s2
Albedo 0.22
Magnitudine apparente 8.4
Temperatura superficiale 94 K
Pressione 146700 Pa
DATI ORBITALI
Semiasse maggiore 1.221.830
Eccentricità 0.0292
Inclinazione su eclittica
Inclinazione su pianeta 0.35°

I satelliti di Saturno offrono proprio l'idea di un mini-Sistema Solare in piena regola, e molti di essi sono interessanti anche dal punto di vista biologico. Titano è un satellite molto grande, l'unico del Sistema Solare dotato di atmosfera e quindi di grandissimo interesse per gli astronomi.

Titano rappresenta il satellite più grande di Saturno e il secondo più massivo di tutto il Sistema Solare (dopo Ganimede), risultando più grande di Mercurio e con una massa pari a un quarantaquattresimo della massa terrestre. La sua scoperta è dovuta a Christiaan Huygens, astronomo olandese che il 25 marzo 1655 scoprì con un telescopio rifrattore da 57 millimetri quella che all'epoca era la prima luna di Saturno e la quinta del Sistema Solare dopo i satelliti medicei. Si capì in seguito come già Hevelius e Christopher Wren avessero osservato Titano, confondendolo - però - con le stelle fisse. Inizialmente battezzato da Huygens come "satellite di Saturno" (Luna Saturni), assunse il nome Saturno VI dopo la scoperta di ulteriori satelliti, i quali portarono a una denominazione basata sulla distanza da Saturno. John Herschel, infine, suggerì il nome Titano aprendo la strada alla mitologia greca per i satelliti di Saturno.

Una rivoluzione di Titano su Saturno impiega 15 giorni e 22 ore e la rotazione è sincrona. 

Distante per osservazioni di dettaglio, fino alle missioni spaziali di Titano si seppe ben poco: a inizio del Novecento si ipotizzò la presenza di una atmosfera per poi rintracciare il metano grazie alla spettroscopia operata da Gerard Kuiper. La prima visita fu della Pioneer 11 nel 1979, con le prime immagini ravvicinate alle quali seguirono quelle delle Voyager nel 1980 e 1981. Proprio la Voyager 1 fu deviata per effettuare un passaggio ravvicinato su Titano ma ogni osservazione venne bloccata da una inattesa densa atmosfera. Soltanto elaborazioni successive con filtri arancioni consentirono di estrarre dettagli, come ad esempio la regione dell'altopiano Xanadu e della pianura Shangri-La. 

Il salto di qualità nella conoscenza di Titano si deve alla missione Cassini e in particolare al modulo di discesa Huygens, dedicato proprio a Titano. La sonda Cassini ha raggiunto Titano il 1 luglio 2004 iniziando una mappatura radar della luna fino al primo fly-by del 26 ottobre 2004, da soli 1200 chilometri di distanza dall'alta atmosfera. Il lander Hyugens, invece, è sceso nell'atmosfera della luna fino a toccarne il suolo il 14 gennaio 2005. Proprio a questo evento sono legate le nozioni principali: Huygens atterrò su un suolo sabbioso e umido rivelando la presenza di un territorio del tutto simile a quello terrestre. La luna Titano risultò coperta di fiumi e laghi di idrocarburi, con zone asciutte che ospitavano rocce e sassi di acqua ghiacciata. Proprio queste caratteristiche spingono verso future missioni dedicate a Titano e ai suoi laghi: una prima missione, la Titan Mare Explorer, è stata sacrificata in favore di InSight su Marte, mentre ad oggi si studiano missioni in grado di trasportare un drone per il sorvolo ravvicinato. A oggi, la missione più prossima è Dragonfly, approvata nel 2019 e con partenza prevista per il 2026 con arrivo nel 2034. Proprio questa missione trasporterà un drone alimentato a radioisotopi al plutonio 238.

La composizione e la superficie

L'interno di Titano

La composizione di Titano riguarda essenzialmente roccia e acqua ghiacciata, come anticipato. La densità lascia ipotizzare una composizione data da metà ghiaccio e metà roccia. Titano dovrebbe presentare un nucleo roccioso di circa 3400 chilometri circondato da ghiaccio cristallino in varie forme. La zona più interna potrebbe essere ancora calda e questo potrebbe supportare la presenza di un oceano liquido sub-superficiale di acqua, ammoniaca, zolfo, sodio e potassio idea surrogata da varie misurazioni ottenute dalla sonda Cassini. Tra queste misurazioni, la più forte sembra uno shift superficiale di 30 chilometri tra il 2005 e il 2007, slittamento dovuto ai venti atmosferici che farebbero muovere il leggero strato superficiale in galleggiamento su un oceano globale simile ai più salati laghi terrestri. 

Di recente è stata avanzata l'ipotesi di una faglia simile a quella di Sant'Andrea in California anche su Titano, per un movimento tettonico che potrebbe ancora essere attivo con conseguente deformazione della superficie ghiacciata. A favorire la presenza di una faglia di questo tipo sarebbe la presenza concomitante di sollecitazioni mareali diurne e di pressione dei fluidi interstiziali tali da favorire la rottura a faglie proco profonde. Questo processo potrebbe benissimo consentire ai liquidi sotterranei di uscire in superficie (Liliane M.L. Burkhard et al, Strike-slip faulting on Titan: Modeling tidal stresses and shear failure conditions due to pore fluid interactionsIcarus - 2021). 

La superficie di Titano

La mappa di Titano, perennemente avvolto da una densa atmosfera, non è facile da ottenere ma immagini infrarosse ottenute dallo strumento VIMS a bordo della sonda Cassini hanno consentito di ottenere un elaborato della superficie della luna di Saturno con dettagli senza precedenti, combinando le immagini ottenute da diverse angolazioni e con diverse condizioni di luce.  Il set di immagini rilasciato a Luglio 2018 rappresenta quanto di più preciso sia mai stato presentato alla data. La luce visibile non è favorita dato lo spessore dell'atmosfera e la presenza di aerosol negli strati superiori della stessa, ma lo scattering è molto minore a lunghezze infrarosse. I flyby che hanno consentito di ottenere le immagini sono stati portati a termine da diverse distanze, con diverse traiettorie e con diverse luci, quindi il lavoro di ricomposizione è stato particolarmente pesante. 

A fronte di una formazione che risale alla formazione del Sistema Solare , la superficie di Titano appare molto giovane e complessa, con una età che va da 100 milioni a un miliardo di anni. Osservazioni di dettaglio vengono complicate dalla presenza di una atmosfera doppia rispetto a quella terrestre ma gli strumenti in infrarosso e radar di Cassini hanno consentito di mappare alcune zone rivelando una geologia molto diversificata, che offre pianure così come regioni criovulcaniche e desertiche. Sono pochi i crateri da impatto e tutti risultano riempiti da piogge di idrocarburi o da vulcani, con variazioni di altezza nell'ordine dei 150 metri e picchi massimi di circa un chilometro. Titano si caratterizza quindi per una struttura superficiale molto particolare, composta da vallate, fiumi e laghi di idrocarburi e un oceano di acqua sotterraneo. I due emisferi appaiono differenti e la motivazione potrebbe risiedere in potentissime tempeste di pioggia, sempre di idrocarburi e non di acqua. Si tratta di fenomeni che erano già noti ma si pensava potessero verificarsi una volta ogni millennio e non - come probabile - con frequenza annuale (un anno di Titano, quasi trenta anni terrestri), un po' come i monsoni terrestri. Le tempeste più intense producono un piede di pioggia al giorno, come i più potenti uragani terrestri (Harvey nell'estate 2017 a Houston, ad esempio), e proprio queste tempeste forgiano maggiormente la superficie della luna di Saturno.

Le dune - Vaste dune di sabbia dominano nelle basse latitudini della luna mentre le zone a maggiori latitudini sono dominate da laghi e mari: gli scienziati hanno scoperto che i principali alluvioni si verificano tra 50 e 80° di latitudine , quindi molto più vicini al polo nord  e al polo sud di quanto non lo siano rispetto all'equatore . Queste variazioni nella superficie portano a pensare a motivazioni climatiche, il che sembra avvalorato da simulazioni al computer. Mentre la pioggia tende ad accumularsi nei pressi dei poli, le tempeste più forti si verificano intorno ai 60° di latitudine. A sviluppare queste tempeste sono le differenze tra il clima più prossimo ai poli, umido e freddo, con quello delle basse latitudini, più caldo. (Nature Geoscience, UCLA, 9 Ottobre 2017). Le zone equatoriali sono quindi ricoperte da gigantesche distese di dune longitudinali, con altezze che raggiungono i cento metri e una estensione di diverse decine di chilometri. La loro disposizione, apparentemente opposta alla direzione del vento, è probabilmente spiegata con le tempeste periodiche che ogni quindici anni (a ogni equinozio ) spazzano la superficie di Titano. Il vento "normale", infatti, inferiore a un metro al secondo di velocità (contro i dieci metri al secondo delle tempeste) sarebbe troppo leggero per trasportare i grani di sabbia delle dune. Questi grani di sabbia potrebbero risalire al metano liquido piovuto in modo pesante, tanto pesante da disgregare e erodere lo strato di rocce. Alternativa a questa teoria vede la sabbia provenire da toline: secondo uno studio di Aprile 2018 la formazione di queste strutture potrebbe derivare infatti anche da processi geologici simili a quelli terrestri. La pioggia e lo scorrere degli idrocarburi darebbe vita a canyon e canali come sulla Terra innescando un processo che inizia sulla cima delle montagne e termina nelle pianure e nelle tempeste di sabbia. Le dune coprono oggi un'area molto maggiore del previsto, estendendosi per tre milioni di chilometri quadrati (equivalente a tre volte il deserto della Namibia) mentre il ghiaccio esposto potrebbe essere davvero molto abbondante anche se ottenere le prove è estremamente complesso e richiede uno studio multifrequenza e uno studio di riflettività. I dati di Cassini raccontano una storia che parte dalle cima delle montagne equatoriali di Titano, dove l'atmosfera spessa depone continuamente strati di materiale organico. Proprio dalla firma spettrale di queste toline è stato ripercorso il processo geologico per la produzione di dune su Titano: le piogge di metano erodono le cime creando canali nel terreno; l'erosione pulisce le toline e le fa "franare" fino ai bacini in pianura dove si depositano. I venti soffiano via i granelli più piccoli e questi vanno ad accumularsi in dune. 

Tempeste di sabbia potrebbero essere state osservate dalla sonda Cassini anche sulla luna Titano, che andrebbe quindi ad aggiungersi a Terra e Marte per la presenza di questa tipologia di fenomeno e che vedrebbe il proprio ruolo ancora più interessante all'interno del sistema Solare. Durante i cicli stagionali di Titano, soprattutto in prossimità dell'equinozio, vengono a crearsi dense nubi nelle regioni tropicali con conseguenti tempeste di metano e proprio fenomeni simili sono stati osservati dalla sonda NASA. In prossimità dell'equinozio 2009 sono apparse tre zone con un grado di brillantezza superiore alla norma, tre strutture che non potevano essere simili alle altre e che sono rimaste presenti per un periodo compreso tra 11 ore e cinque settimane. Si trattava di strutture atmosferiche ma prossime alla superficie di Titano, una sorta di strato di particelle organiche posto al di sopra delle dune equatoriali. L'unica spiegazione possibile è data da nubi organiche sollevate dalle dune, generate dall'interazione tra luce solare e metano: una scoperta ma non del tutto inattesa visto che - nel suo piccolo - anche il lander Huygens nel 2005, atterrando su Titano, dovrebbe aver sollevato una versione in miniatura di polvere organica. Per sollevare una quantità di sabbia simile a quella osservata stavolta, la velocità dei venti dovrebbe essere cinque volte superiore rispetto a quella media calcolata da Huygens stessa. Se tutto questo è vero, allora le dune di Titano sono ancora attive e in movimento mentre il vento sarebbe in grado di trasportare materiale organico a grandi distanze alimentando il ciclo globale della sabbia organica ("Observational evidence for active dust storms on Titan at equinox" - S. Rodriguez et al. - Nature Geoscience, 2018).

I laghi - Il primo lago venne scoperto a giugno 2005 al Polo Sud della luna: si trattava di un'area molto buia oggi nota come Ontario Lacus la cui origine è probabilmente legata alle precipitazioni di metano. La conferma definitiva di una serie di laghi venne nel gennaio 2007 a opera di Cassini: per la prima volta distese di liquidi stabili venivano scoperti oltre la Terra. Non solo: esistevano indizi di precipitazioni, il che spezzava una lancia a favore di un ciclo idrogeologico completo. Il secondo lago a essere ufficializzato è Kraken Mare, con una estensione di 400 mila chilometri risultata da osservazioni a infrarossi. A questo segue Ligeia Mare, il secondo lago più grande, nonché una evidenza di fiumi di idrocarburi. Osservazioni radar hanno consentito alla sonda Cassini di ottenere una precisa batimetria dei laghi di Titano. Il Kraker Mare, ad esempio, sembra profondo circa 300 metri nella zona centrale, una profondità che suggerisce la possibilità di future missioni con sottomarino robotico. La batimetria del Kraken era l'unica, o quasi, che finora mancava: una grave lacuna visto che possiede circa l'80% dei liquidi superficiali di Titano. 

I laghi di metano, etano e azoto sperimentano delle stratificazioni di densità dando vita a differenti layers sovrapposti: anche sulla Terra un fenomeno simile accade in risposta alla temperatura, ma su Titano questa stratificazione sembra dovuta alle interazioni chimiche molto particolari tra la superficie liquida e l'atmosfera. Diverse parti di un lago, quindi, hanno diverse densità con lo strato meno denso che galleggia su quelli più densi sottostanti e, sebbene sia possibile che anche su Titano vi sia una relazione con la temperatura, la causa maggiore risiede nella quantità di azoto atmosferico che la superficie liquida riesce a dissolvere. Il metano liquido è meno denso dell'etano liquido e questo dovrebbe farlo galleggiare, ma quando si tiene in considerazione anche l'affinità con l'azoto atmosferico le cose cambiano e il metano può sciogliere azoto a sufficienza per divenire più denso dell'etano a basse temperature. Questo comporta un processo di stratificazione anche a basse temperature, contrariamente a quanto avviene sulla Terra (Jordan K. Steckloff et al. Stratification Dynamics of Titan's Lakes via Methane EvaporationThe Planetary Science Journal - 2020). 

I tre mari di Titano condividono il proprio livello, come gli oceani sulla Terra, e comunicano l'un con gli altri attraverso canali sub-superficiali. 

L'atmosfera

Come accennato, Titano è l'unico satellite naturale con una atmosfera consistente, tanto da essere interpretato come un laboratorio ideale per lo studio della chimica prebiotica e delle condizioni di potenziale abitabilità. La sua composizione vede azoto al 95%, metano al 5% e tracce di altri gas quali propilene (scoperto nel 2013), alchene e propano, cianuro di vinile (questo scoperto da ALMA). La stratosfera vede azoto al 98.4% con metano all'1.4%. In tutto la pressione al suolo è superiore rispetto a quella terrestre in misura del 50%, ma al tempo stesso l'atmosfera arriva a maggiori distanze dal corpo celeste a causa della minor gravità espressa.  Si giunge così fino a 600 chilometri di altezza, con molecole complesse e ioni rinvenuti anche a 950 chilometri. Le nubi sono più veloci nella rotazione di quanto non lo sia il corpo solido, con velocità che raggiunge i 34 metri al secondo. 

La radiazione solare incidente è appena l'1% di quella che colpisce la Terra e la temperatura media di Titano si aggira sui -179,2°C nonostante l'effetto serra alimentato dal metano atmosferico, senza il quale la temperatura calerebbe fino a -200°C circa. Titano è però schermato da unan sorta di foschia ad alta quota in grado di riflettere la radiazione solare, riducendo la temperatura di 9 gradi.  Dalle nubi ci metano e etano si sviluppano delle piogge periodiche, sebbene la copertura nuvolosa sia compresa in genere tra 1 e 8% della superficie. Già nel 2015 la sonda Cassini immortalò nell'infrarosso su Titano una nube ghiacciata composta da elementi tossici nei pressi del polo sud. La nube è stata poi analizzata ed è risultata una miscela di acido cianidrico e benzene, condensatisi a formare particelle di ghiaccio con una natura che, fino ad allora, non era mai stata osservata su Titano. Si tratta di un elemento prebiotico essenziale per la vita sulla Terra visto che simili molecole interagiscono a formare polimeri tra i quali la poli-imina, in grado di resistere anche alle temperature del satellite di Saturno. 

Contrariamente a quanto indicano i modelli e a quanto osservato in altri pianeti terrestri, Titano ha sperimentato un significativo e inatteso raffreddamento atmosferico polare. Mentre in genere l'atmosfera polare invernale in un pianeta è temperata dalla compressione dell'aria, che tende a scaldarla, l'atmosfera polare di Titano sembra essere estremamente fredda e la sonda Cassini ha potuto ottenere dati per un lungo periodo di tempo tramite lo strumento Composite Infrared Spectrometer (CIRS). L'atteso hot spot ha iniziato a formarsi all'inizio dell'inverno di Titano, nel 2009, ma ben presto si è tramutato in un cold spot, già nel 2012, con una temperatura di 120 K registrata nel 2015. L'hot spot è tornato tra il 2016 e il 2017 (University of Bristol, Novembre 2017, Nature Communications). Su pianeti come la Terra, Venere e Marte, il meccanismo di raffreddamento è la radiazione infrarossa emessa dal gas CO2 e dal momento che questo gas ha una vita atmosferica lunga viene ben miscelato a tutti i livelli atmosferici, con la conseguenza che risulta difficilmente alterabile dalla circolazione atmosferica. Su Titano le reazioni fotochimiche nell'atmosfera producono idrocarburi come etano e acetilene che, insieme a cianoacetilene, sono il motore del raffreddamento. Sono elementi che si producono nell'alta atmosfera e le cui abbondanze vengono modificate molto dalla circolazione atmosferica verticale, anche se modesta. 

L'atmosfera di Titano è stata ricreata in laboratorio nel 2021, rivelandone proprietà fondamentali di molecole organiche come l'acetonitrile (ACN) e il propionitrile (PCN), che alle temperature del satellite saturniano sono presenti in forma di cristalli solidi di minerali ghiacciati all'interno della foschia giallognola del corpo celeste (comunque si tratta, a oggi, di una supposizione). Questi elementi si depositano poi sulla superficie come minerali (Acs Pubblications - “Titan in a Test Tube: Organic Co-crystals and Implications for Titan Mineralogy” - Morgan L. Cable et al.)

Ultimo aggiornamento del: 17/10/2021 12:40:25