La scoperta della Fascia e la Legge di Titius-Bode
La scoperta della Fascia degli Asteroidi non avviene per caso: in base a una particolare legge empirica è proprio in questa zona orbitale che gli astronomi andavano a cercare un nuovo pianeta. Alla prima scoperta, però, ne seguirono tantissime altre
La Fascia Principale degli Asteroidi è la regione di spazio compresa tra Marte e Giove all'interno della quale esiste la più alta concentrazione di asteroidi in orbita intorno al Sole .
Seconda metà del XVIII secolo: la Legge di Titius-Bode prevede l'esistenza di un pianeta tra Marte e Giove e scatta la caccia alla sua scoperta. Nel 1801 Padre Giuseppe Piazzi scopre invece un asteroide proprio nella fascia indicata, Cerere. Fu soltanto il primo di tutta una serie di pianetini trovati in quella zona: sembra proprio che il pianeta in quella fascia non sia riuscito a formarsi per fusione di questi oggetti minori e che le sue componenti rocciose siano rimaste a metà tra l'attrazione gioviana e quella solare: è questa la Fascia Principale degli Asteroidi.
La Legge di Titius-Bode
Johann Daniel Titius nasce a Konitz, in Germania, il 2 gennaio del 1729. Astronomo tedesco e professore a Wittenberg, nella quale morì il giorno 11 dicembre 1796. La sua opera massima è proprio la Legge di Titius, che inserì nel 1766 nella traduzione tedesca del libro di Charles Bonnet Contemplation de la Nature. In suo onore sono stati battezzati l'asteroide 1998 Titius ed il cratere lunare Titius.
Johann Elert Bode nasce ad Amburgo il 19 gennaio del 1747. Astronomo con seri problemi di vista, visto che una malattia giovanile lo danneggiò irreparabilmente ad un occhio. Il suo nome è legato all'astronomia per tre differenti motivi. Innanzitutto, Bode pubblicò nel 1772 il suo lavoro più famoso, noto come Anleitung zur Kentniss des Gestirnten Himmels, nel quale annunciò la Legge di posizionamento dei pianeti intorno al Sole, senza peraltro operare nessuna attribuzione a Titius. Inoltre, Bode contribuiì in maniera decisiva alla determinazione dell'orbita di Urano , suggerendo anche il nome da attribuire al pianeta . Infine, Bode è anche indicato come lo scopritore della galassia M81, nota anche - guarda caso - con il nome di Galassia di Bode. Scrisse, nel 1801, Uranographia, un atlante in grado di indicare una mappa dettagliata del cielo ed una interpretazione artistica delle costellazioni. Bode morì a Berlino, il 23 novembre del 1826.
In realtà molti riconducono la Legge di Titius-Bode a Christian Wolf, che l'avrebbe elaborata nel 1724, ma nonostante questo le prime apparizioni sono la formulazione di Titius nel 1766 e la pubblicazione ufficiale da parte di Bode nel 1772. La Legge di Titius-Bode è oggi considerata una formula empirica in grado di descrivere, con approssimazione sorprendentemente ottima, il valore dei semiassi maggiori (e quindi le distanze) delle orbite dei pianeti presenti nel Sistema Solare .
La formulazione originaria è data dalla formula:
a = (n+4) / 10
con n = 0, 3, 6, 12, 24, 48, ... ed a espresso in UA .
Sganciamoci per un attimo dai corpi del Sistema Solare ed ipotizziamo un sistema astratto. Quindi, partendo dal primo corpo celeste in ordine di distanza dalla stella centrale, si ha un risultato di (n+4) / 10 Unità Astronomiche dal centro, con n=0. Facendo i semplici conti, il primo corpo celeste si trova a 4 / 10 UA, quindi a 0,4 UA dalla stella. Il secondo si trova, con n = 3, quindi a 0,7 UA dalla stella. Il terzo, con n = 6, si trova a 1 UA dalla stella e così via.
La formulazione più moderna della Legge di Titius-Bode è la seguente:
a = (0,4 + 0,3 * k) UA
con k = 0, 1, 2, 4, 8, 16, 32, 64, ...
Rifacendo i conti con il primo corpo celeste, abbiamo (0,4 + 0) = 0,4 UA, con il secondo si ha (0,4 + 0,3) = 0,7 UA, per il terzo di nuovo (0,4 + 0,6) = 1 UA e via dicendo. In pratica la nuova formulazione è identica alla precedente, ma ha normalizzato soltanto i valori della variabile impedendo che partisse, quasi arbitrariamente, da 3.
Il corpo più vicino alla stella centrale ha coefficiente k=0, il secondo ha k=1, il terzo k=2 e via dicendo. Riassumiamo i risultati in una tabella:
Distanze in base alla Legge di Titius-Bode
Corpo Celeste |
k |
UA |
Primo |
0 |
0.4 |
Secondo |
1 |
0.7 |
Terzo |
2 |
1 |
Quarto |
4 |
1.6 |
Quindo |
8 |
2.8 |
Sesto |
16 |
5.2 |
Settimo |
32 |
10 |
Ottavo |
64 |
19.6 |
Nono |
128 |
38.8 |
Decimo |
256 |
77.2 |
Undicesimo |
512 |
154 |
Questi sono i risultati della Legge di Titius-Bode. Proviamo a confrontarli con i dati del nostro Sistema Solare mettendo a confronto le distanze dei pianeti del Sistema Solare con quelle indicate dalla Legge in una tabella dedicata:
Distanze dei pianeti e confronto con la Legge di Titius-Bode
Pianeta |
Distanza reale (UA) |
Distanza Titius-Bode (UA) |
Mercurio |
0.39 |
0.4 |
Venere |
0.72 |
0.7 |
Terra |
1 |
1 |
Marte |
1.52 |
1.6 |
- |
|
2.8 |
Giove |
5.2 |
5.2 |
Saturno |
9.54 |
10 |
Urano |
19.2 |
19.6 |
Nettuno |
30.1 |
38.8 |
Come si nota esiste un valore, tra Marte e Giove, previsto dalla Legge di Titius Bode ma privo di alcun pianeta solare. Secondo la Legge, quindi, deve esistere un altro pianeta in questa fascia orbitale.
In realtà, quando la Legge fu formulata e pubblicata, il successo non fu poi così eclatante. All'epoca i pianeti noti si fermavano a Saturno . Urano e Nettuno non si conoscevano, ed in più mancava proprio il pianeta tra Marte e Giove. Alcuni dati calzavano a pennello, ma si pensò ad una fortuita coincidenza. Nel 1781, invece, ci fu la svolta: Urano fu scoperto da Sir William Herschel proprio nella posizione predetta dalla Legge. Questa scoperta indusse gli astronomi a cercare, tra Marte e Giove, il famoso pianeta mancante e venti anni dopo fu trovato Cerere, attualmente classificato tra i pianeti nani (1801 ad opera di Piazzi, come detto inizialmente). Con la scoperta degli altri pianetini è venuta alla luce la Fascia degli Asteroidi la quale, estendendosi tra le 2,2 e le 3,2 UA, ha il suo centro proprio alle previste 2,8 UA.
Proprio quando la legge sembrava trovare la sua definitiva consacrazione, la scoperta di Nettuno prima e di Plutone poi segnarono un duro colpo per la sua validità. Nettuno, infatti, fu scoperto ad orbitare ben 8 UA più vicino di quanto previsto, mentre Plutone fu scovato a 39,5 UA dal Sole. In realtà, è Plutone che approssima meglio il valore della Legge di Titius-Bode. Plutone non è un pianeta , e ormai è noto. A parte la terminologia usata per indicarlo, infatti, i suoi parametri orbitali lo fanno somigliare di più ad un nucleo cometario: molto inclinato sull'eclittica , con orbita molto eccentrica. Insomma, niente a che spartire con gli altri pianeti. Nettuno invece ha un'orbita molto simile agli altri pianeti, sebbene non rispecchi molto la definizione di "pianeta" stabilita dalla UAI. Nettuno non ha liberato la propria orbita da altri corpi simili, tanto è vero che Plutone interseca allegramente l'orbita di Nettuno risultando a volte più vicino al Sole ed a volte più lontano rispetto al suo compagno di orbita.
Oggi la Legge di Titius-Bode è relegata al ruolo di simpatica coincidenza ma secoli fa, quando fu pubblicata, iniziò ad apparire pian piano come una sorta di chiave di decifratura del Sistema Solare intero. Non ci sono conferme scientifiche alla validità della Legge. Una possibile spiegazione risiede nella risonanze orbitali indotta dai pianeti esterni, che potrebbe creare delle regioni intorno al Sole prive di orbite stabili a lungo termine. Alcune simulazioni al computer sembrano spingere verso l'ipotesi che la legge derivi da meccanismi di formazione planetaria, in via diretta. Se invece del Sole prendiamo a riferimento un pianeta e facciamo gli stessi calcoli con i satelliti in orbita, scopriamo che la Legge non vale proprio. I quattro principali satelliti di Giove più Amantea, ad esempio, seguono una progressione regolare ma non secondo la Legge. Stessa cosa per i satelliti di Urano. C'è da chiedersi, tuttavia, se conosciamo tutti i satelliti di questi pianeti.
Come punto di partenza di qualcosa che sembra a portata di mano ma che ancora sfugge, la Legge di Titius-Bode ha aperto la strada ad altre formulazioni matematiche:
- Gaussin: a = (1/214,45)*1,7226n;
- Belot: a = 0,28 + (1/214,45)*1,883n;
- Giuseppe Armellini: a = 1,53n;
- Stauch: Mercurio = 5,2*(1/7)k, Venere = 5,2*(1/4)k, Terra = 5,2*(1/3)k, Marte = 5,2*(1/2)k, Giove = 5,2, Saturno = 5,2 * k, Urano = 5,2 * 2k, Nettuno = 5,2 * 3k, Plutone = 5,2 * 4k;
- Mohorovicic: a = 3,363+3,363 * 0,88638n;
- Nicolini: a = (1,672)n*0,2315 con n = 1, 2, ...10 per i vari pianeti.
Distanze previste da altre leggi
Pianeta |
Distanza |
Gaussin |
Belot |
Armellini |
Stauch |
Mohorovicic |
Nicolini |
Mercurio |
0.39 |
0.362 (n=8) |
0.39 (n=5) |
0.427 (n=-2) |
0.41 |
0.382 (n=1) |
0.387 (m=1) |
Venere |
0.72 |
0.623 (n=9) |
0.671 (n=7) |
0.654 (n=-1) |
0.718 |
0.721 (n=2) |
0.647 (n=2) |
Terra |
1 |
1.07 (n=10) |
1.02 (n=8) |
1 (n=0) |
0.96 |
1.02 (n=3) |
1.08 (n=3) |
Marte |
1.52 |
1.85 (n=11) |
1.67 (n=9) |
1.53 (n=1) |
1.44 |
1.52 (n=5) |
1.81 (n=4) |
Cerere |
2.77 |
3.18 (n=12) |
2.89 (n=10) |
2.34 (n=2) |
- |
- |
3.03 (n=5) |
Giove |
5.2 |
5.48 (n=13) |
5.2 (n=11) |
5.48 (n=4) |
5.2 |
5.2 (n=5) |
5.06 (n=6) |
Saturno |
9.54 |
9.45 (n=14) |
9.55 (n=12) |
8.38 (n=5) |
9.41 |
9.51 (n=-5) |
8.46 (n=7) |
Urano |
19.2 |
16.3 (n=15) |
17.7 (n=13) |
19.6 (n=7) |
18.8 |
19.5 (n=-13) |
14.1 (n=8) |
Nettuno |
30.1 |
28 (n=16) |
33.1 (n=14) |
30 (n=8) |
28.2 |
29.5 (n=-17) |
23.6 (n=9) |
La Legge di Titius-Bode e la mancanza di un pianeta tra Marte e Giove aprì, quindi, la caccia e portò a scoprire che, tra le 2.17 e le 3.3 UA dal Sole, c'è una fascia piena di asteroidi, detta Fascia Principale degli Asteroidi, posta proprio tra l'ultimo pianeta terrestre (Marte ) ed il primo gassoso (Giove ). Questi corpi minori dovrebbero essere i corpi che non si sono mai aggregati a formare il pianeta previsto dalla legge, attratti da un lato da Giove e dall'altro dal Sole. Oppure sono il residuo di un pianeta che esisteva ma che si è frantumato per cause sconosciute, o magari riconducibili sempre alla presenza dei due giganti ai lati opposti. I corpi sarebbero rimasti o tornati, quindi, allo stato di pianetino.
A fine 2017, invece, una teoria (teoria, non verità assoluta quindi tutta da dimostrare) ha totalmente girato il discorso: secondo un team della Université de Bordeaux guidato da Sean Raymond la Fascia degli asteroidi sarebbe nata totalmente vuota e sarebbero stati poi i pianeti a spedire nella zona il materiale "avanzato" dalla formazione planetaria . A testimonianza di questa soluzione è la composizione degli asteroidi: quelli rivolti verso i pianeti interni sono di tipo S, a prevalenza di silicio, molto simili ai pianeti rocciosi; quelli più esterni sono a prevalenza di carbonio (tipo C) e molto più simili per composizione ai pianeti gassosi. A maggior conferma ci sarebbero anche le simulazioni fatte girare a partire da una Fascia degli asteroidi totalmente vuota: alla lunga il materiale è andato a confluire dall'interno e dall'esterno. Il tutto, ovviamente, andrà provato in futuro.
Tra le centinaia di migliaia di corpi minori scoperte nella Fascia degli Asteroidi, come detto, il primo è stato Cerere al quale seguirono, tra i più importanti, Pallade, Giunone, Vesta ed Astrea. Proprio la scoperta di oggetti simili a Cerere indusse Heinrich Olbers a domandarsi se non ci si trovasse di fronte a frammenti di un pianeta andato distrutto, o comunque a frammenti del pianeta che si stava cercando.
Composizione e evoluzione
Nonostante a oggi conosciamo centinaia di migliaia di asteroidi, il volume occupato è talmente grande che la densità risulta davvero bassa. Circa duecento tra questi corpi raggiungono un diametro in grado di superare i cento chilometri, mentre a superare il chilometro di diametro dovrebbe essere presente una popolazione di quasi due milioni di elementi. In tutto, la massa totale dei corpi presenti non raggiunge il 5% della massa lunare, con i quattro elementi più grandi a rappresentarne quasi un terzo.
Il 75% degli asteroidi della Fascia Principale è rappresentato da corpi di tipo C, e quindi basati sul carbonio, a dominare la regione esterna, quella che affaccia sui giganti gassosi. Risultano scuri a causa della bassa albedo e possono rappresentare, negli strati sub-superficiali, la composizione del Sistema Solare primordiale. Non è un caso se esistono missioni spaziali mirate proprio a questa tipologia di asteroide e finalizzate allo studio delle origini dei pianeti, quali ad esempio Hayabusa-2 e OSIRIS-REx. Gli strati superficiali hanno visto la perdita degli elementi più leggeri a causa della radiazione solare incidente.
Spostandosi verso la regione esterna della Fascia, la dominanza spetta invece agli asteroidi di tipo S, ricchi di silicati, a testimonianza di fenomeni di fusione che nel tempo hanno alterato le condizioni di partenza. L'albedo di questa categoria di oggetti - che rappresenta il 17% dell'intera popolazione - è superiore a quella del gruppo precedente.
La restante popolazione è costituita da asteroidi di tipo M, ricchi di ferro e nickel, forse il resto di nuclei metallici creati dalla differenziazione di corpi maggiori andati distrutti.
Categoria a parte è rappresentata da alcune comete che vivono nella Fascia Principale. Esistono asteroidi che evidenziano una attività simile alle comete le cui code, tuttavia, derivano da collisioni e sono quindi rappresentate da detriti rocciosi. Esistono anche, però, oggetti le cui code sono a tutti gli effetti rappresentate da ghiaccio sublimato: le orbite non sembrano essere spiegabili da una cattura gravitazionale da parte della Fascia Principale quindi dovrebbe trattarsi di oggetti ghiacciati, coperti da uno strato polveroso, che a volte vedono esporre gli strati sottostanti alimentando una temporanea coda cometaria. Proprio questi oggetti potrebbero essere stati tra i principali artefici del trasporto di acqua sulla Terra, soprattutto in virtù del fatto che il rapporto deuterio/idrogeno appare più conforme a quello degli oceani del nostro pianeta .
Le lacune di Kirkwood
Questa non è l'unica caratteristica di questa zona: al suo interno, infatti, sono presenti zone in cui l'addensamento di asteroidi viene clamorosamente a mancare creando dei veri e propri buchi orbitali. Questi buchi sono localizzati alle Unità Astronomiche 2.5, 2.82, 2.96, 3.28. Qualunque corpo celeste posto in queste orbite impiegherebbe per la sua rivoluzione un tempo pari, rispettivamente, ad 1/3, 2/5, 3/7 e 1/2 del tempo impiegato da Giove a compiere la propria. Sono fasce orbitali, quindi, in risonanza con la fascia orbitale di Giove e questo fattore ha fatto si che l'influenza gravitazionale del gigante gassoso abbia liberato le aree da tutti i corpi presenti. Le zone sgombre di asteroidi all'interno della fascia principale sono dette Lacune di Kirkwood, dal nome dell'astronomo che le scoprì nel 1866.
Rappresentazione delle Lacune di Kirkwood in termini di distanza orbitale e di risonanza.
Crediti: A. Chamberlin (JPL/Caltech)
Ultimo aggiornamento del: 04/04/2020 15:48:48
Famiglie di asteroidi
Alcuni asteroidi sono simili per composizione chimica e parametri orbitali, il che fa pensare a una origine comune rintracciabile in una passata collisione di un corpo maggiore, distrutto totalmente o parzialmente
Per famiglia di asteroidi si intende un raggruppamento di corpi celesti di tipo asteroidale accomunati da parametri orbitali e chimica simili.
Messo in questi termini, il concetto lascia pensare a una origine comune per tutti gli asteroidi appartenenti alla stessa famiglia, origine data dall'esistenza passata di un corpo più grande la cui disintegrazione, parziale o totale, avrebbe dato vita in seguito a un insieme di detriti che rappresentano - appunto - gli asteroidi attuali. Questo riesce a spiegare la stessa composizione chimica e parametri orbitali assimilabili, come semiasse maggiore, eccentricità, inclinazione, longitudine del nodo ascendente o longitudine del perielio. L'allineamento dei parametri orbitali, con il tempo (si stima un miliardo di anni), viene perduto a causa delle influenze gravitazionali esterne e proprio per questo le famiglie scoperte tendono a essere di recente formazione, riuscendo a tornare indietro nel tempo fino a un certo limite.
Qualora la chimica sia differente ma i parametri orbitali siano simili si parla di gruppo di asteroidi, eliminando in tal caso l'idea di una origine comune. E' anche vero, del resto, che la chimica potrebbe essere differente nel caso di distruzione di un planetoide già diversificato: in tal caso i frammenti provenienti dalla crosta sarebbero chimicamente diversi da quelli del nucleo e del mantello.
La numerosità di una famiglia asteroidale può andare da poche unità fino a centinaia di corpi celesti, mentre si stima che circa il 33% degli asteroidi noti appartenga a una famiglia ma si tratta di numeri costantemente in divenire: ad esempio, nella seconda metà del 2018 sono state individuate quattro nuove famiglie di asteroidi attraverso simulazioni numeriche in grado di scoprire categorie molto giovani, quindi non è un caso se tutte e quattro le nuove famiglie risultino avere una età inferiore ai 7 milioni di anni (V. Carruba et al. "The quest for young asteroid families: new families, new results" - MNRAS, 2018)
Le famiglie a oggi sono circa 120, con diverse dozzine di gruppi e le prime furono classificate da un astronomo giapponese di nome Kiyotsugu Hirayama, nel 1918.
Famiglie di asteroidi principali
Famiglia |
Capostipite |
Semiasse Maggiore UA |
Eccentricità |
Inclinazione ° |
Numerosità |
Altri nomi |
Eos |
221 Eos |
2.99 - 3.03 |
0.01-0.13 |
8-12° |
480 |
|
Eunomia |
15 Eunomia |
2.53 - 2.72 |
0.08 - 0.22 |
11.1 - 15..8 |
370 |
|
Flora |
8 Flora |
2.15 - 2.35 |
0.03 - 0.23 |
4 - 5 |
590 |
Famiglia di Ariadne |
Igea |
10 Hygiea |
3.06 - 3.24 |
0.09 - 0.19 |
3.5 - 6.8 |
105 |
|
Coronide |
158 Koronis |
2.83 - 2.91 |
0.00 - 0.11 |
0.0 - 3.5 |
310 |
|
Maria |
170 Maria |
2.5 - 2.706 |
|
12 - 17 |
80 |
|
Nisa |
44 Nysa |
2.41 - 2.5 |
0.12 - 0.21 |
1.5 - 4.3 |
340 |
Famiglia di Herta |
Temi |
24 Themis |
3.08 - 3.24 |
0.09 - 0.22 |
0 - 3 |
530 |
|
Vesta |
4 Vesta |
2.26 - 2.48 |
0.03 - 0.16 |
5 - 8.3 |
240 |
|
Gefion |
1272 Gefion |
2.74 - 2.85 |
0.08 - 0.18 |
7.4 - 10.5 |
89 |
Famiglia di Cerere,
Famiglia di Minerva
|
Massalia |
20 Massalia |
2.37 - 2.45 |
0.12 - 0.21 |
0.4 - 2.4 |
47 |
|
Lo strano caso delle dimensioni e una possibile diversa formazione
Una domanda aperta riguarda le dimensioni degli asteroidi primordiali che, durante la loro storia, sono scampati a collisioni significative: questi asteroidi presentano tutti più o meno le stesse dimensioni. All'interno delle famiglie di asteroidi, si ritiene che i membri più piccoli si siano formati, probabilmente, dalla collisione dei corpi maggiori in seguito a collisioni tra grandi asteroidi il che consente di scrivere l'albero genealogico della famiglia. Eppure uno studio del 2017 ha scoperto la presenza di diciassette asteroidi senza familiarità alcuna, con una storia priva di collisioni passate, il che li pone ancora oggi in uno stadio primordiale. Questi asteroidi tendono ad avere la stessa dimensione, all'incirca sui cento chilometri di diametro il che è strano visto che questi corpi nascono per accrescimento successivo di materia e non vi è apparente motivo per il quale raggiunta una certa soglia questo processo debba terminare. Anzi: più aumenta la massa e più sarebbe facile attrarre ulteriore materia. La risposta potrebbe risiedere nella turbolenza, cioè nel moto caotico che regola il fluire dei corpi, aeroplani in volo o fumo di sigarette che siano, oltre che acqua sulle rocce. Nel Sistema Solare primordiale questa turbolenza si sarebbe fatta sentire intrappolando polvere e frammenti maggiori in una piccola regione, donando alla materia il tempo di collassare per attrazione gravitazionale. Una formazione di questo tipo, contrapposta alla nascita degli asteroidi in seguito a semplici collisioni, potrebbe spiegare l'esistenza di questa tipologia di asteroidi (Hubert Klahr et al. Turbulence Sets the Length Scale for Planetesimal Formation: Local 2D Simulations of Streaming Instability and Planetesimal Formation, The Astrophysical Journal - 2020).
Il ruolo della turbolenza nella formazione degli asteroidi.
Credit: MPIA/MPIA, Judith Neidel
Anche la Fascia degli Asteroidi è stata oggetto di migrazione durante il tempo e la conferma sembra provenire da due asteroidi dallo spiccato colore rosso, tipico degli oggetti formatisi oltre l'orbita di Urano e Nettuno. Si tratta degli asteroidi (203) Pompeja e (269) Justitia, rispettivamente di 111 e 54 chilometri di diametro, e la loro caratteristica è salita alla ribalta nel 2009, ricondotta fin da subito alla presenza di toline. Come ci sono arrivati? Il discorso è ancora aperto così come quello dell'origine della Fascia Principale, strattonata tra una formazione in loco e un arricchimento successivo. Questi due corpi sembrano proprio essere arrivati in zona a partire da un luogo ben più remoto del Sistema Solare (The Astrophysical Journal Letters - “Discovery of two TNO-like bodies in the asteroid belt” - Sunao Hasegawa et al)
Ultimo aggiornamento del: 08/08/2021 10:18:04
NEOs - Near Earth Objects
Alcuni asteroidi sono suscettibili di intersecare l'orbita della Terra, rappresentando un pericolo potenziale per il nostro pianeta. Si tratta di oggetti, asteroidi e comete, in orbita vicina che a volte assumono il ruolo di potenzialmente pericolosi
Un Near Earth Object (NEO) è un oggetto del Sistema Solare la cui orbita può intersecare l'orbita terrestre.
In particolare, il perielio di questi oggetti non supera le 1.3 UA di distanza dal Sole . Sebbene la definizione possa essere estesa a manufatti umani come le sonde e a meteoroidi, solitamente si è soliti distinguere tra NEAs (Near Earth Asteroids) e NECs (Near Earth Comets)
L'interesse verso questi oggetti sta nel fatto che - avvicinandosi alla Terra - possono rappresentare un rischio per il nostro pianeta dal momento che l'orbita, anche se a rischio di collisione nullo, potrebbe venire nel futuro alterata dal passaggio ravvicinato al nostro pianeta modificandola al punto da aumentare il rischio stesso. Proprio per tale motivo ESA e NASA portano avanti costantemente delle politiche e dei programmi di monitoraggio del cielo finalizzati a tenere sotto costante controllo le stime delle orbite future.
Quanti sono i NEO di dimensioni simili a quello che nel 2013 fece tremare Chelyabinsk rilasciando, sebbene di "soli" 17 metri di diametro, l'energia di dieci bombe atomiche? A dirlo è la Dark Energy Camera (DECam) installata al Telescopio Blanco a Cerro Tololo, secondo i dati della quale esistono circa 3.5 milioni di NEO più grandi di 10 metri, una popolazione dieci volte inferiore rispetto a quella stimata in precedenza. Circa il 90% di questi sarebbero delle dimensioni della meteorite di Chelyabinsk. I risultati, oltre a riconciliare i numeri di impatti verificatisi con gli oggetti celesti, non vanno a modificare le modalità di protezione dal cielo ma possono dire molto riguardo le origini e la natura dei NEO di questo tipo. La probabilità media di impatto con un NEO delle dimensioni di un edificio sono dieci volte maggiori rispetto alle probabilità di impatto con NEO di grandi dimensioni. Rispetto a questi ultimi, i NEO di dimensioni minori devono essere più concentrati in punti con maggior probabilità di colpire la Terra, punti che possono essere stati creati dalla frammentazione di oggetti maggiori.
Per quanto riguarda i NEC, invece, il numero è molto inferiore non raggiungendo le cento unità. Non si registrano, peraltro, impatti della Terra con oggetti di questo tipo, la cui origine dovrebbe risalire alla Fascia di Edgeworth-Kuiper.
La Tesla Roadster inviata da Elon Musk
Una Tesla Roadster, spedita nello spazio come simbolo di potere e adottata dal mondo come emblema della propria spavalderia cosmica, andrà a collidere con la Terra o con Venere in un futuro molto lontano, secondo uno studio della University of Toronto. Il rischio che ciò accada nel prossimo milione di anni è molto basso. La Tesla è classificata oggi come NEO, non ha a bordo nulla di scientificamente utile se non uno spavaldo manichino con il gomito fuori dal finestrino ed è tracciata dal JPL come oggetto potenzialmente in grado di intersecare l'orbita terrestre nel momento sbagliato. Oltre il milione di anni, la Tesla ha il 6% di probabilità di impattare la Terra e il 2.5% di probabilità di impattare Venere. Nel 2091 l'automobile passerà a poche centinaia di migliaia di chilometri dal nostro pianeta. Dal momento che stime accurate sono possibili soltanto per un limitato numero di anni, per il resto sono state fatte girare delle simulazioni che tengono conto degli effetti gravitazionali dei grandi pianeti e del cosidetto "random walk", fluttuazioni prevedibili come trend sotto determinate ipotesi. Gran parte della Tesla brucerà in atmosfera e forse, a quel tempo, resterà molto poco di questa campagna pubblicitaria.
I Potentially Hazardous Objects (PHOs)
Alcuni NEO rientrano nella categoria degli oggetti potenzialmente pericolosi (PHO - Potentially Hazardous Objects). Affinché un oggetto appartenga a questa classe vengono controllati due parametri:
- MOID (intersezione minima all'orbita terrestre) inferiore o uguale a 0.05 UA ;
- magnitudine assoluta minore o uguale a 22, valore che sottende una dimensione minima oltre la quale l'oggetto potrebbe provocare seri danni al pianeta e alle persone che lo abitano, in genere pari a 150 metri. Alcuni raggiungono in effetti dimensioni ragguardevoli, come ad esempio (1036) Ganymede, ma il numero va via via crescendo con una popolazione di diametro superiore al chilometro stimata in numero da 500 a 1000 elementi.
La loro origine sta nell'effetto gravitazionale esercitato da Giove sulla Fascia Principale. Oggetti di questo tipo, come detto, risentono notevolmente delle interferenze gravitazionali con i pianeti maggiori e per questo la durata della loro vita è soggetta a scadenza di più o meno qualche milione di anni. Decadimenti orbitali, collisioni e espulsioni dal Sistema Solare determinano l'interruzione della vita o dello status di NEO.
Tra gli eventi più noti c'è ovviamente quello che determinò l'estinzione dei dinosauri, anche se ci sono diversi punti aperti in merito visto che ancora non è chiaro se possa essersi trattato di un asteroide o di una cometa. Secondo uno studio del 2021, infatti, i rischi di impatti con frammenti di comete di lungo periodo sarebbero decisamente più alti - di un fattore dieci - rispetto a quanto stimato. La "colpa" sarebbe delle comete che diventono "sungrazers", ossia che passano troppo a ridosso del Sole disintegrandosi e generando sciami di detriti che possono andare a intersecare la traiettoria terrestre. Le analisi al cratere Chicxulub, resto di quanto si ritiene possa aver estinto i dinosauri, hanno evidenzato una composizione di condriti carbonacee, il che è raro per un asteroide di fascia principale ma che trova maggior corrispondenza nella Nube di Oort, generatrice appunto di comete di lungo periodo. Altri crateri evidenziano composizioni simili (es. Vredefort in Sud Africa e Zhamanshin in Kazakhistan) e anche questo potrebbe essere in linea con le nuove stime di probabilità di eventi simili (Scientific Reports - 2021). Problema risolto? Tutt'altro: pochi giorni dopo l'uscita di questo articolo ne è uscito un secondo di idee totalmente differenti. Il colpevole, secondo questo lavoro, sarebbe di nuovo un asteroide e la prova risiederebbe nella presenza di un picco di concentrazione di iridio corrispondente agli strati risalenti all'epoca dei dinosauri. Uno strato uniforme di iridio di origine extraterrestre in grado di fornire una chiara idea di quanto grande possa essere stato l'impatto, con conseguente influenza sull'atmosfera e il riscaldamento planetario. Questo strato è emerso durante trivellazioni sul fondale oceanico (Science Advances - “Globally distributed iridium layer preserved within the Chicxulub impact structure” - Steven Goderis et al.)
Uno dei più grandi eventi catastrofici legati a corpi celesti è senz'altro quello che il 30 giugno 1908 spazzò via alberi e non solo nella zona di Tunguska, parte nord della Siberia: una colonna di luce attraversò il cielo seguita da una tremenda esplosione in grado di abbattere alberi nel giro di duemila chilometri quadrati. A oggi non ci sono evidenze di crateri lasciati dall'evento, creando il mistero che dura ancora oggi e che viene chiamato "Evento Tunguska". Furono pochi i testimoni, fortunatamente, trattandosi di una regione a bassa densità di popolazione e le prime indagini scientifiche iniziarono negli anni Venti. Una esplosione simil-nucleare che la libearto una energia di 5 megatoni causata dall'esplosione del corpo celeste in atmosfera, un corpo la cui dimensione dovrebbe aggirarsi sui 70 metri. La mancanza di frammenti è stata spiegata in diversi modi nel tempo, fino all'ipotesi di una mancata disintegrazione e deflessione da parte dell'atmosfera. Non sarebbe la prima volta, visto che anche il Great Daylight Fireball del 1972 venne deviato dall'alta atmosfera e osservato come meteora nei cieli di Utha e Wyoming. Il fenomeno è stato simulato con corpi tra 50 e 200 metri e con composizioni differenti e i risultati hanno evidenziato come lo scenario più probabile sia quello di un asteroide di 200 metri. A circa 10 chilometri di distanza dalla superficie, il corpo celeste potrebbe aver subito un rimbalzo tornando nello spazio in orbita prossima al Sole (Daniil E Khrennikov et al. On the possibility of through passage of asteroid bodies across the Earth's atmosphere, Monthly Notices of the Royal Astronomical Society - 2020).
Strage di alberi a Tunguska. Credit: Leonid Kulik expedition
Famiglie di NEA
A oggi è possibile fare riferimento alle seguenti categorie di gruppi di NEA (dati da Minor Planet Center):
- Amor - orbita che non interseca quella terrestre, pur sfiorandola. Il corpo principale è l'asteroide Amor mentre parte del gruppo è Eros. In base alla distanza dal Sole si distingue tra:
- Amor I - Il semiasse maggiore è compreso tra 1 e 1.523 UA. In genere l'eccentricità è ridotta. Rappresentano meno di un quinto del gruppo Amor;
- Amor II - Il semiasse maggiore è compreso tra 1.523 e 2.12 UA e rappresentano un terzo del gruppo Amor, capostipite compreso.
- Amor III - Il semiasse maggiore è compreso tra 2,12 e 3.57 UA con perielio prossimo all'orbita terrestre a causa della elevata eccentricità orbitale. Rappresentano il 50% del gruppo Amor.
- Amor IV - Il semiasse maggiore supera le 3.57 UA, con orbita che interseca quella di Giove. Alta eccentricità orbitale, sono oggetti molto rari.
- Apollo - orbita con semiasse maggiore superiore a 1 UA e perielio inferiore all'afelio terrestre (1.017 UA). Il capostipite è l'asteroide Apollo;
- Aten - orbita con semiasse maggiore inferiore a 1 UA, afelio solitamente superiore al perielio terrestre. Se l'orbita è totalmente compresa dentro quella terrestre si parla di asteroidi Apohele. Il capostipite è l'asteroide Aten.
Rappresentazione delle orbite medie dei gruppi di NEO. Crediti ESA
Monitoraggio
Sono tanti i programmi che scandagliano il cielo alla ricerca di nuovi NEO o mirati a migliorare le previsioni orbitali di quelli già noti.
Spaceguard indica grossolanamente tutti i progetti destinati allo studio sistematico dei NEO, con un nome che deriva dal romanzo Incontro con Rama di Arthur C. Clarke a indicare un sistema di allerta messo in piedi dopo un impatto catastrofico sulla Pianura Padana. Nel 1992 il Congresso degli Stati Uniti elaborò un documento, chiamato Spaceguard Survey Report, fornendo mandato alla NASA per la scoperta del 90% degli asteroidi di tipo NEO in un tempo limite di dieci anni (Spaceguard Goal). Tutti i progetti messi in piedi per giungere all'obiettivo appartengono quindi al "progetto" Spaceguard.
Le principali survey si riassumono nella lista che segue.
- LINEAR (Lincoln Near-Earth Asteroid Research) - Gestito dal Lincoln Laboratory del MIT in collaborazione con USAF e NASA, si basa sutelescopi robotici per individuare nuovi NEO. Opera dal 1996 tramite il telescopio da un metro GEODESS (Ground-based Electro-Optical Deep Space Surveillance) che raggiunge magnitudine 20.5 e un altro posto al complesso militare di White Sands Missile Range e chiamata Space Surveillance Telescope (SST), trasferito poi in Australia;
- SpaceWatch - Progetto della University of Arizona che studia i planetoidi, fondato nel 1980 da Tom Gehrels e Robert McMillan. Utilizza due telescopi da 90 e 180 centrimetri posti all'Osservatorio di Kitt Peak;
- ATLAS (Asteroid Terrestrial Impact Last Alert System) - Sistema di allarme preventivo della University of Hawaii, finanziato dalla NASA e consistente di due telescopi distanti tra loro cento miglia che automaticamente scandagliano il cielo ogni notte in cerca di oggetti in movimento.
- NEAT (Near Earth Asteroid Tracking) - Programma di NASA e Jet Propulsion Laboratory (JPL) dedicato alla scoperta di NEO a partire dal 1995. Utilizza il telescopio GEODSS (Ground Electro-Optical Deep Space Surveillance) alle Hawaii per collaborazione con la U.S. Air Force, sul quale monta una camera CCD da 4096x4096 pixel. A questo, dal 2001 si aggiunge il telescopio Samuel Oschin, uno Schmidt da 1.2 metri al Palomar Observatory. NEAT ha consentito di scoprire Quaoar nel 2002, di Sedna nel 2003 e di Eris nel 2005.
- LONEOS (Lowell Observatory Near-Earth-Object Search) - Programma della NASA iniziato all'Osservatorio Lowell, con scopo primario la ricerca di oggetti prossimi alla Terra. Avviato nel 1993 e concluso a febbraio 2008, ha utilizzato uno Schmidt da 0.6 metri e sensore CCD da 16 Mpx consentendo riprese fino a magnitudine 19.8.
- CSS (Catalina Sky Survey) - Progetto di ricerca del Lunar and Planetary Laboratory della University of Arizona mirato alla scoperta di NEO con dimensioni superiori al chilometro. Avviato nel 1998, si affida a un telescopio da 1.5 metri a Mount Lemmon, a uno da 68 centimetri a Monte Bigelow e a uno da mezzo metro al Siding Spring Observatory in Australia. Raggiunge magnitudini di 21.5.
- ADAS (Asiago-DLR Asteroid Survey) - Progetto particolarmente dedicato ai NEO in collaborazione tra Università di Pavia e Deutsches Zentrum fur Luft-und Raumfahrt. Si basa su un telescopio Schmidt posto all'Osservatorio astrofisico di Asiago. Coordinato con UDAS (Uppsala-DLR Asteroid Survey)
- INAS (International Near-Earth Asteroid Survey) - Progetto di ricerca di NEO, parte del Planet-Crossing Asteroid Survey (PCAS) al quale fornisce occhi sul cielo di tutto il mondo.
- ODAS (OCA-DLR Asteroid Survey) - Progetto europeo dedicato a asteroidi e comete, collaborazione tra Osservatorio della Costa Azzurra (OCA) e DLR tedesca. Avviato nel 1996 e terminato nel 1999, operava 15 notti al mese con uno Schmidt da 90 centimetri a Nizza.
- PCAS (Planet-Crossing Asteroid Survey) - Programma di ricerca operativo per 25 anni, fino al 1995, sostituito poi da NEAT. Fondato da Eleanor F. Helin e Eugene M. Shoemaker nel 1973.
- UESAC (Uppsala-ESO Survey of Asteroids and Comets) - Programma di ricerca attivo dal 1992 al 1993, ha rilevato la posizione di quindicimila asteroidi calcolando l'orbita di tantissimi oggetti e scoprendone più di mille.
- CINEOS (Campo Imperatore Near Earth Object Survey) - Programma avviato nel 2001 e finalizzato ai NEO, soprattutto di tipo Aten e Apohele. Condotto alla stazione di Campo Imperatore dell'Osservatorio Astronomico di Abruzzo, prossimo alla sommità del Gran Sasso.
- NEOSSat - Micro-satellite del CSA Canada che mira alla scoperta di NEO dallo spazio
- WISE (Wide-Field Infrared Survey Explorer) - Telescopio spaziale della NASA, lanciato nel 2009, opera nel vicino e medio infrarosso allo scopo di coprire il 99% del cielo. L'estensione della missione è stata battezzata NEOWISE ed è stata dedicata alla ricerca dei NEO in infrarosso.
Andamento temporale del numero di NEO scoperti in base alle survey operative. Crediti JPL
Il video che segue, elaborato dal Jet Propulsion Laboratory (JPL), mostra l'incremento nel numero di NEO scoperti nel tempo.
Stima del rischio
I modelli maggiormente utilizzati per la stima del rischio di impatto sono due, Scala Torino e Scala Palermo
Scala Torino
Ideata da Richard P. Binzel del Dipartimento di Scienze Planetarie, Terrestri e dell'Atmosfera del MIT e presentata per la prima volta nel 1995 per subire una revisione a Torino nel 1999, si tratta del sistema di valutazione più semplice, che tiene in considerazione due fattori come il rischio di impatto con la Terra e l'energia cinetica dell'oggetto, fondamentale per comprendere i danni nel caso di impatto. In entrambi i casi vengono assegnati valori da 0 a 10, con lo zero a rappresentare il numero minore e 10 a rappresentare quello maggiore, sia per il rischio di impatto sia per l'energia liberata. In questo modo, se un asteroide colpirà certamente la Terra ma la sua energia cinetica è molto piccola, il rischio sarà zero poiché evidentemente l'asteroide è troppo piccolo ed è destinato a bruciare in atmosfera.
Incrociando i due valori assegnati si ottiene un punto sulla scala Torino al quale è assegnato un valore e un colore.
Scala Torino
In particolare:
- Area Bianca: rischio nullo e categoria 0, sia per probabilità di collisione sia per energia rilasciata. L'asteroide, quindi, non colpisce la Terra oppure è troppo piccolo per provocare danni;
- Area Verde: categoria 1, accoglie oggetti la cui probabilità di impatto è scarsa mentre l'energia cinetica non è molto alta. Si tratta comunque di oggetti da controllare al fine di affinare il calcolo delle effemeridi;
- Area Gialla: probabilità di impatto e energia cinetica sono misurati a livello non banale, con differenze evidenziate dalle categorie 3 (basso livello energetico), 4 (medio) e 2 (alto livello energetico ma bassa probabilità di impatto). Gli asteroidi classificati in zona gialla sono osservati speciali poiché possono dar vita a collisioni particolarmente dannose, che sulla Terra si sperimentano ogni pochi decenni;
- Area Arancione: asteroidi in fascia arancione sono caratterizzati da alta probabilità di impatto e alta energia cinetica, tali da dar vita a impatti che statisticamente si verificano una volta ogni secolo. Distinzioni di livelli ci sono tra le categorie 5, 6 e 7;
- Area Rossa: probabilità di impatto certo con alto potenziale energetico corrispondenti a un impatto in grado di creare una catastrofe di livello mondiale, con sfumature date dalle categorie 8, 9 e 10 in termini di livello energetico.
Ogni asteroide può variare la propria posizione nella Scala Torino visto che periodicamente vengono migliorate le stime orbitali: un asteroide che parte a livello 2, quindi, può essere ridimensionato fino a zero una volta migliorate le valutazioni dei parametri orbitali, così come può salire la classifica nel caso in cui la conferma porti a probabilità maggiori di impatto.
Scala Palermo
La Palermo Technical Impact Hazard Scale è decisamente più complessa e rivolta ai professionisti, operando una distinzione più granulare rispetto alla Scala Torino appena vista. La Scala Palermo tiene in considerazione il background risk, il rischio che tra il tempo zero e il tempo dell'impatto di un dato evento esista un oggetto di uguali dimensioni che possa colpire il nostro pianeta, utilizzando una scala logaritmica. Il background risk, quindi, indica il rischio medio che corre la Terra ogni anno di subire un evento come quello in esame: se il rischio dell'evento è pari al rischio medio non siamo di fronte a qualcosa di particolarmente pericoloso mentre se il rischio dell'evento supera il background risk vuol dire che l'evento può essere fuori dal comune.
Il valore di rischio di un evento è dato dalla formula:
V = log10 (Pi / (fb * DT))
dove:
- Pi : probabilità dell'impatto;
- DT : tempo in anni dall'impatto
- fb : frequenza di background risk, cioè probabilità che nell'anno si verifichi un evento impattante con energia E equivalente a quella dell'evento considerato, dove: fb = 0.03 * E -4/5
Ultimo aggiornamento del: 01/03/2021 16:37:22