Il contesto storico
Il Modello Cosmologico Standard si afferma come teoria generalmente accettata dopo aver fornito teorie e previsioni dimostrabili e precise. Dalla radiazione di fondo alla nucleosintesi, lo scontro con l'universo stazionario si è risolto presto
"Modello del Big Bang", "Modello Cosmologico Standard", "Modello Lambda-Cold Dark Matter" sono espressioni con le quali in genere si fa riferimento alla stessa teoria. Finora abbiamo parlato dei principi di base (principio cosmologico ) e delle osservazioni fondamentali alle quali attenersi per poi passare alla formulazione di un modello di metrica in grado di portare a descrivere l'universo per come lo vediamo oggi e di poter fare predizioni su quel che sarà l'universo nel futuro e su come sia apparso nel passato. Per questo abbiamo dovuto affrontare i temi relativi alle metriche, alle equazioni di campo e ai buchi neri con singolarità.
Sappiamo che i modelli di universo elaborati, intesi come soluzioni delle equazioni di campo di Einstein, portano tutte a una singolarità al tempo zero, inteso come inizio dell'universo nel quale viviamo: se invertiamo il senso del tempo, quindi, possiamo vedere come l'espansione accelerata di oggi divenga una contrazione verso un punto unico di partenza, di densità e temperatura infinite, inversione la cui prima versione è riconducibile a Lemeitre. Una singolarità ad oggi non spiegabile dalla scienza, ancora alle prese con il passaggio da Relatività a Quantistica.
Il Modello Cosmologico Standard affonda quindi le radici in equazioni che trovano sempre più conferme di validità e su osservazioni fondamentali come quella dell'espansione accelerata dell'universo, espansione che come visto viene indicata con la lettera greca "lambda" Λ. Vedremo come il modello, per funzionare, deve implicare forzatamente l'esistenza di una materia ancora sconosciuta, definita materia oscura ("dark matter") e come tra le possibili materie oscure ipotizzabili venga preferita quella lenta, fredda ("cold"). Da questo risulta semplice comprendere come il Modello Cosmologico Standard venga chiamato anche "Modello Lambda-Cold Dark Matter".
I sostenitori di questo modello, oggi la stragrande maggioranza degli scienziati, si sono scontrati inizialmente con i fautori di un universo stazionario, i quali trovavano il proprio leader in Fred Hoyle. Fu proprio Fred Hoyle, durante una diretta radiofonica della BBC a marzo 1949, a parlare della nuova teoria espansionistica in termini sarcastici, definendola una teoria del "Grande Scoppio", del "Big Bang". Paradossalmente Hoyle fornì ai rivali un termine diretto, semplice e di impatto per avere ancora più successo e mediaticità.
La vera vittoria del Modello Cosmologico Standard sta nel fatto di essere andato ben oltre quanto il Grande Dibattito degli Anni Venti cercava: non si tratta di un modello che si limita a capire quanto grande sia la Via Lattea rispetto a un universo ancora in dubbio, ma arriva a fornire previsioni anche sulle abbondanze chimiche presenti nell'universo stesso, creando un tappeto di reazioni chimiche che vanno da una frazione di secondo appena dopo l'inizio del tutto e che arrivano a spiegare molto precisamente, con rare eccezioni, le quantità di elementi chimici che vediamo oggi. Un modello di nucleositesi estremamente preciso.
"Tutto è nato da una esplosione": questo è ciò che ci si sente generalmente rispondere nel momento in cui si chiede in quale modo possa esser nato l'Universo. Tesi generalmente accettata ma in realtà non si tratta di una esplosione. Il Big Bang non è una esplosione, ma è il processo che è seguito ad un inizio ignoto. Una esplosione è definita come un evento che accade in un determinato luogo in un determinato tempo, ma prima dell'universo a noi noto non esistevano né spazio né tempo. Si tratta di concetti nati insieme all'universo. Ciò che esisteva prima - e il motivo per il quale tutto è iniziato - non ci è noto, del resto "se riusciremo a trovare la risposta a questa domanda, decreteremo il trionfo definitivo della razionalità umana: giacché allora conosceremmo la mente di Dio" (Stephen Hawking). Ora, volendo sorvolare sul lato spirituale della cosa, possiamo fare un viaggio indietro nel tempo e nello spazio per cercare di vedere cosa sia accaduto secondo la teoria che più di tutte trova continue conferme nelle osservazioni: il Modello Cosmologico Standard.
Ultimo aggiornamento del: 05/09/2019 22:55:23
Nucleosintesi nel Modello Cosmologico Standard
Il Modello Lambda-Cold Dark Matter parte da un istante infinitesimo dopo l'inizio di tutto, suddividendo il tempo in ere ciascuna delle quali segnata da eventi fondamentali per giungere all'universo che oggi si presenta ai nostri occhi
Era di Planck
Dell'inizio, come detto, non si sa nulla. Tutto parte dal momento 10-43 secondi (si tratta di un decimilionesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo) dopo l'inizio di tutto, quindi pochissime frazioni di un istante dopo ciò che c'è stato. Questo lasso di tempo, che va da t=0 a t=10-43 secondi, è detto Tempo di Planck oppure Era di Planck, e rappresenta lo scoglio più duro per i fisici: per capirlo, occorre pensare ad un posto in cui sia possibile far comunicare le quattro forze dell'universo (elettromagnetismo, gravità e interazioni elettrodebole e forte) ed in cui Relativita ' e meccanica quantistica siano una legge unica. Non sono presenti particelle mentre tenperatura e densità tendono a infinito, descrivendo una singolarità einsteniana. Ciò che è successo durante il tempo di Planck non è noto, quindi anche la Chiesa accetta la Teoria del Big Bang dal momento che laddove regna incertezza è possibile ancora inserire l'opera di Dio senza andare in contrasto con la scienza.
L'universo era di dimensioni infinitesimali, con un diametro pari ad un milione di miliardi più piccolo rispetto al diametro di un atomo di idrogeno. Un osservatore posto in un punto qualsiasi dell'universo al tempo di Planck avrebbe avuto una visuale di non oltre 3x10-35 metri (un terzo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di metro), dal momento che l'informazione non può viaggiare più velocemente della luce (3x108, da cui 10-43 + 108 = 10-35). L'universo si presentava come un corpo estremamente caldo e denso, con una struttura spugnosa, simile ad una schiuma. Al suo interno le quattro forze che lo regolano erano unificate, dando luogo a buchi neri che nascevano spontaneamente per poi sparire e formarsi di nuovo. In un simile ambiente, i fenomeni descritti dalla Teoria della Relatività e quelli della meccanica quantistica erano indistinguibili.
Al termine dell'era di Planck, la gravità si separò dalle altre forze ed iniziò a vivere secondo le leggi che attualmente conosciamo. Da questo momento, quindi, la Relatività riesce a spiegare l'evoluzione dell'universo.
Tra 10-43 e 10-6 secondi
Al momento 10-35 secondi anche interazione elettrodebole e interazione nucleare forte ottennero l'indipendenza, e poco più tardi (10-9 secondi) la prima si scisse in elettromagnetica e nucleare debole, dando vita alle attuali quattro forze e quindi ad un universo noto in piena regola. Si formarono i quark , i leptoni (elettroni, neutrini) e le loro antiparticelle, ovvero tutta quella serie di elementi che sono noti come brodo primordiale o zuppa di quark.
La temperatura scende a 10-28 Kelvin e man mano che l'espansione raffredda l'universo la produzione dei nuclei atomici diventa stabile.
Con queste particelle si è giunti fino al momento 10-6 secondi (era leptonica). L'universo ha una temperatura di 1032 Kelvin . In tali circostanze, i leptoni persero il loro equilibrio e l'universo iniziò ad essere governato dai fotoni (era radiativa). Con temperature tanto elevate i fotoni potevano convertire la propria energia in coppie particella-antiparticella in grado di annichilarsi a vicenda, restituendo l'energia di nuovo sottoforma di fotoni. Non sappiamo perché, ma forse fu proprio in questo preciso momento che successe qualcosa di importantissimo, poiché venne a crearsi una asimmetria tra materia e antimateria ed è proprio per questo che oggi esistono le strutture cosmiche che vediamo. Se materia ed antimateria fossero andate di pari passo, ci sarebbe stato un processo di annichilamento completo con la conseguenza che tutta la materia sarebbe scomparsa insieme all'antimateria creando un universo di soli fotoni. Ovviamente, all'epoca, l'asimmetria era minuscola, pari a circa una parte su un miliardo. La vittoria della materia sull'antimateria deve aver chiamato in causa una transizione di fase di particelle elettricamente neutre visto che una particella positiva non può trasformarsi in una negativa né viceversa. I neutrini sono così i maggiori indiziati: una loro transizione di fase (legata al raggiungimento di alcune temperature critiche) avvenuta quando l'universo era milioni di miliardi di volte più caldo potrebbe aver generato l'asimmetria di una parte su un miliardo, sufficiente a creare l'universo che vediamo oggi. Se questo è vero, secondo alcuni teorici si sarebbe creata una sorta di rete di stringhe cosmiche in grado di produrre onde gravitazionali differenti da quelle di origine astrofisica ma rilevabili dai futuri interferometri come eLISA. Si tratta di una possibilità, un tentativo che riesce ancora a tenere a galla la teoria delle stringhe, sempre più relegata a un ruolo di secondo ordine (Physical Review Letters l’articolo “Testing Seesaw and Leptogenesis with Gravitational Waves” di Jeff A. Dror et al.). Sta di fatto che una violazione della simmetria CP, e quindi proprio una prevalenza di materia su antimateria, è stata registrata proprio nelle oscillazioni dei neutrini durante la tratta che lega Tokyo al Kamioka Observatory: qui - in un progetto decennale che ha visto i risultati su Nature nel 2020 - sono state osservate 90 oscillazioni per i neutrini e 15 per gli antineutrini, fornendo una prova tangibile della violazione della simmetria tra materia e antimateria. Si tratta di dati la cui confidenzialità è 3 Sigma, ovvero del 99.7% e quindi ancora lontana dal 5 Sigma richiesto il che significa che è ancora tutto da dimostrare Nature - “Constraint on the matter–antimatter symmetry-violating phase in neutrino oscillations” - T2K Collaboration).
Al tempo t = 10-6 la temperatura scese sotto i mille miliardi di gradi Kelvin con conseguente impossibilità di cuocere i quark i quali, quindi, riuscirono a trovarsi un compagno per dar vita a particelle più pesanti chiamate adroni (era adronica). Le asimmetrie esistenti passarono quindi a particelle più grandi con grandi conseguenze: la temperatura più bassa implicava impossibilità di dar vita alla creazione spontanea di particelle-antiparticelle, che quindi andò sempre più diminuendo. I fotoni, in pratica, non avevano più energia a sufficienza per creare coppie di quark-antiquark (secondo la legge E=mc2) e i fotoni che nascevano dalle annichilazioni perdevano energia a causa dell'espansione, quindi anche la creazione delle coppie adrone-antiadrone andò scemando. Ogni miliardo di annichilazioni lasciava un miliardo di fotoni ed un solo adrone (eccesso di materia su antimateria), una asimmetria che un giorno darà luogo alle galassie che vediamo.
L'universo con l'età di 1 secondo
Al tempo t=1 secondi, la temperatura era scesa a 10 miliardi di gradi: a questo istante l'universo doveva contenere soprattutto fotoni, elettroni e neutrini e le loro antiparticelle, insieme a pochi neutroni e protoni.
Con l'espansione e la diminuzione di temperatura, il ritmo con cui venivano prodotte le coppie elettrone-antielettrone nelle collisioni scese al di sotto del ritmo con cui le coppie stesse venivano distrutte per annichilazione . La maggior parte di elettroni e positoni si devono essere annichilati tra loro per produrre altri fotoni, lasciando un esiguo numero di elettroni residui. Sopravvive un elettrone su un miliardo. Neutrini ed antineutrini, invece, interagiscono pochissimo con la materia ed esistono ancora oggi: non diedero vita a nessun processo di annichilazione, o quasi. Nel cosmo resta un elettrone per ogni protone. Protoni e neutroni inizino a combinarsi per formare alcune specie di nuclei atomici dando l'avvio alla nucleosintesi.
Da questo momento in poi la tipologia ed il numero dei nuclei atomici che vengono prodotti è il risultato di una gara tra le varie reazioni nucleari da un lato ed il raffreddamento inevitabile che accompagna l'espansione dell'universo dall'altro.
L'universo al tempo t = 180 secondi
Dopo tre minuti, la temperatura è di 1 miliardo di gradi Kelvin, che corrisponde alla temperatura vigente all'interno delle stelle più calde: protoni e neutroni iniziano a combinarsi per dar vita a nuclei di deuterio, contenenti un protone ed un neutrone (nucleosintesi primordiale). I nuclei di deuterio si combinarono con altri protoni a formare nuclei di elio, litio e berillio. Il primo nucleo ad essere prodotto, quindi, è quello del deuterio, isotopo dell'idrogeno: i protoni e neutroni si combinano per formare nuclei di deuterio (D, contenente un protone e un neutrone) e la combinazione è accompagnata da emissione di fotoni ad altissima energia (raggi gamma , indicati come γ). Ogni nucleo di deuterio che si forma viene però distrutto immediatamente perché la temperatura è ancora troppo alta per creare nuclei di deuterio stabili. Quando la temperatura scende ancora ed i nuclei di deuterio diventano stabili iniziano a fondersi tra di loro: dalla fusione di due nuclei di deuterio viene prodotto un nucleo di elio-3 (con due protoni e un neutrone) ed un neutrone “libero”. Il passo immediatamente successivo è la produzione di Elio-4.
Dopo tre minuti la temperatura e la densità scendono sotto i livelli necessari affinché altri processi di fusione nucleare possano avvenire ed è proprio la breve durata del processo di nucleosintesi a fare in modo che gli elementi leggeri siano sopravvissuti e che elementi più pesanti del Berillio non siano stati prodotti.
Al termine della nucleosintesi la materia è allo stato di plasma , l'universo è ancora troppo energetico per legare gli elettroni ai nuclei atomici appena formati. Nel brodo primordiale abbiamo il 25% di nuclei di Elio, il 74% di protoni liberi (che altro non sono che nuclei di idrogeno) e tracce di elementi più leggeri, come Litio e Berillio. Ci sono sempre gli elettroni, i neutrini ed i fotoni. Gli elettroni, come abbiamo visto, non riescono ancora ad ancorarsi ai nuclei presenti ed interagiscono con i fotoni, che dovranno aspettare 380.000 anni per propagarsi liberamente e prendere la loro strada finalmente indipendenti dalla materia.
Cento ottanta secondi dopo l'inizio, quindi, l'Universo ha prodotto il 99% della materia che utilizzerà nei successivi 13 miliardi e settecento milioni di anni, composta essenzialmente da Idrogeno ed Elio. Dopo poche ore, la produzione di elio e degli altri elementi si arrestò e tutto continuò ad espandersi.
Si presume che dopo centomila anni dal Big Bang l'universo fosse freddo abbastanza da lasciar emergere la prima molecola possibile, l'idruro di elio (HeH+), nata dalla combinazione di idrogeno ed elio. La molecola è stata riprodotta in laboratorio già alla fine degli anni Venti del secolo scorso ma la prima detection osservativa è datata soltanto Aprile 2019 nella nebulosa planetaria NGC 7027.
Dopo 380.000 anni
Dopo centinaia di migliaia di anni, per la precisione dopo 380.000 anni, la temperatura notevolmente più bassa (3300° C più o meno) consentì ai nuclei atomici di catturare gli elettroni divenuti più lenti a causa della temperatura più bassa, formando i primi atomi di idrogeno, elio e litio. Con questo raggruppamento,(ricombinazione) l'universo divenne trasparente alla luce (era stellare) e i fotoni sono quindi liberi di espandersi senza la costrizione del legame con la materia. Fino ad allora, cercando di guardare l'universo avremmo soltanto visto una sorta di nebbia luminosa perché ogni fotone diretto ai nostri occhi avrebbe sbattuto su un elettrone cambiando di conseguenza direzione. A 3000 K, i fotoni non avevano più energia per rompere gli atomi appena creati e questo determinò la persistenza degli atomi stessi. Diminuirono gli elettroni liberi, quindi i fotoni trovarono meno oggetti sui quali andare a sbattere e furono in grado di affacciarsi allo spazio. I fasci di fotoni in uscita crearono una sorta di guscio intorno all'universo in espansione, definito superficie dell'ultimo scattering. Quella temperatura si dovrebbe presentare ancora oggi, dopo l'espansione dell'universo, come una radiazione isotropa a a 3 Kelvin, corrispondente proprio alla Radiazione Cosmica di Fondo .
A questo punto l'universo è una nuvola cosmica trasparente di idrogeno e elio di 84 milioni di anni luce di diametro.
Quale colore aveva il primo universo trasparente? La temperatura era quasi uniforme e la sua luce aveva una distribuzione di lunghezze d'onda note come corpo nero . Molti oggetti ottengono il proprio colore dal tipo di materia che li compone ma il colore di un corpo nero dipende solo dalla sua temperatura: un corpo nero a 3.000 Kelvin avrebbe un bagliore bianco-arancio brillante. Con il passare dei milioni di anni, il bagliore arancione svanì, arrossandosi fino a sfumare nel nero. Dopo 400 milioni di anni le prime stelle bianco-blu apparvero, donando un nuovo colore. Oggi il colore stimato è una sorta di abbronzatura pallida, simile a un cappuccino.
(Ivan K. Baldry et al. The 2dF Galaxy Redshift Survey: Constraints on Cosmic Star Formation History from the Cosmic Spectrum, The Astrophysical Journal - 2002)
Con la formazione degli atomi, l'universo perde il proprio stato ionizzato e diventa neutro. Oggi lo ritroviamo invece quasi totalmente ionizzato ma il processo alla base di questa reionizzazione è ancora da comprendere pienamente.
La Dark Age, le prime strutture e la reionizzazione
Il tempo che va sotto il nome di Dark Age Cosmologica è il periodo compreso tra l'emissione della radiazione cosmica di fondo e il tempo in cui l'evoluzione dell'universo ha portato ai primi oggetti nati dal collasso gravitazionale, cioè alle prime stelle. Un universo quindi del tutto spento poiché privo delle sorgenti in grado di emettere luce. Gli unici fotoni esistenti derivano dal processo di ricombinazione che aveva formato idrogeno neutro e che possiamo vedere oggi nella Radiazione Cosmica di Fondo e quelli occasionalmente rilasciati dagli atomi di idrogeno neutro (riga a 21 centimetri dell'idrogeno neutro, visibile nel range delle microonde). La temperatura durante la Dark Age scema da 4.000 K a circa 60 K. A parte questi fotoni, l'universo era totalmente oscuro.
A Ottobre 2010 la scoperta della galassia UDFy-38135539 segna la prima struttura esistente (scoperta) risalente proprio alla reionizzazione. A questa sono poi seguite le galassie UDFj-39546284, persino più antica e risalente a un universo di appena 480 milioni di anni. In seguito, GN-z11 è stata catalogata in un universo con età compresa tra 380 e 550 milioni di anni dopo il Big Bang, a 13.4 miliardi di anni luce. Ultima in ordine di scoperta è la galassia A370p_z1, risalente a un universo di appena 800 milioni di anni ("Double-Peaked Lyman-Alpha Emission at z = 6.803: A Reionisation-Era Galaxy Self-Ionising Its Local H II Bubble." The paper has been submitted to Monthly Notices of the Royal Astronomical Society). Le strutture cosmologiche dovrebbero aver ricevuto lo start alla formazione in un periodo pari a circa 150 milioni di anni dopo il Big bang, con galassie e stelle risalenti a un periodo tra 400 e 800 milioni di anni. Questo dovrebbe aver gradatamente determinato la fine della Dark Age, in un processo terminato circa 1 miliardo di anni dopo il Big Bang, quando l'universo dovrebbe aver preso le attuali sembianze.
Il periodo della reionizzazione è iniziato proprio con una radiazione altamente energetica, e quindi ionizzante, proveniente dalle prime stelle ed è terminato quando tutti gli atomi del mezzo intergalattico sono risultati ionizzati. Fissare l'inizio della reionizzazione è quindi equivalente a determinare la fine della Dark Age.
Proprio la radiazione delle primissime stelle dovrebbe quindi aver contribuito in maniera decisiva alla reionizzazione dell'universo e abbiamo visto come oltre ai fotoni della Radiazione Cosmica ci siano quelli della riga a 21 centimetri a poter dare una indicazione dell'epoca della Dark Age. In realtà la quantità di fotoni ultravioletti ionizzanti dalle prime stelle non è mai sembrata congrua e sufficiente a ionizzare l'intero universo ma nell'estate del 2019 uno studio della Università di Ginevra sembra aver puntato il dito verso le galassie "verde pisello" (scoperte una decina di anni prima ed estremamente compatte), in grado di emettere fotoni ionizzanti in quantità notevole. La convinzione nasce dai raggi emessi dagli atomi di idrogeno in queste galassie (Lyman-alpha): se queste galassie fossero simili a quelle primordiali, allora i conti potrebbero tornare (A. Verhamme et al. "Lyman-αspectral properties of five newly discovered Lyman continuum emitters", Astronomy & Astrophysics - 2016). A febbraio 2019 un articolo apparso su Nature a opera di Alan Rogers del Mit Haystack Observatory e di Judd Bowman dell'Arizona State University riporta i risultati di dieci anni di ricerca tramite le antenne radio di EDGES (Experiment to Detect Global EoR Signature). Il problema, come per le onde gravitazionali, è stato isolare il segnale radio dal rumore di fondo decisamente molto elevato ma riducendo e calibrando questi dati ottenuti nella zona di silenzio radio dell'Australia Occidentale (Murchison Radioastronomy Observatory - CSIRO) si è riusciti a ottenere la riga di assorbimento a 21 centimetri dell'idrogeno ionizzato stirata dalla notevole distanza fino ai 78 MHz. La riga è apparsa quindi nello spettro della radiazione cosmica di fondo a microonde con una profondità doppia rispetto a quella attesa: si tratta dell'assorbimento sulla luce ultravioletta delle prime stelle che quindi possono essere inserite in un universo di 180 milioni di anni. Il fatto che la profondità sia doppia, invece, può significare che l'universo fosse due volte più freddo di quanto previsto dai modelli, con temperatura di circa 3 Kelvin (-270°C). Se si è riusciti a "vedere" la firma dell'idrogeno, quindi, è grazie alla radiazione ultravioletta delle prime stelle le quali, per deduzione, iniziarono a formarsi proprio al tempo osservato. C'è da dire che il segnale appare molto tenue in mezzo a tantissimo rumore e che l'informazione ottenuta risulta molto diversa da quella attesa, il che rende necessari ulteriori sviluppi prima di dare una conferma di quanto pubblicato anche se tentativi di giustificare la differenza di temperatura sono stati avanzati: a Maggio 2018 viene avanzata l'ipotesi di una interazione tra idrogeno e materia oscura . Nel momento in cui la radiazione cosmica di fondo è stata assorbita, gli elettroni liberi associati alla materia ordinaria potrebbero essersi mossi alla più bassa velocità possibile, in quel range in cui lo scattering è più efficiente. In una condizioni simile, ogni interazione tra materia barionica e materia oscura sarebbe stata più forte laddove le particelle di materia oscura fossero state cariche elettricamente. L'interazione avrebbe causato il raffreddamento dell'idrogeno a causa della bassa temperatura della materia oscura. La materia oscura dovrebbe quindi essere in grado di trasportare energia elettrica in misura pari a un milionesimo di quanto non faccia un elettrone, qualcosa che ad oggi è impossibile osservare. Questo dovrebbe valere soltanto per una piccola parte di materia oscura visto che se gran parte di essa fosse carica allora le particelle sarebbero state deflesse dalle regioni prossime al disco galattico. La materia oscura potrebbe aver agito come elettroni e protoni nell'universo primordiale, che si sono uniti a formare atomi neutri tranne una piccola parte rimasta carica. In base a questo i risultati di EDGES potrebbero aver misurato queste poche particelle oscure rimaste libere e cariche.
A fine 2019 le osservazioni del Kitt Peak National Observatory sembrerebbe aver identificato diverse bolle sovrapposte di gas di idrogeno ionizzato provenire dalle stelle presenti in galassie di un'epoca in cui l'universo aveva appena 680 milioni di anni, spostando ancora più indietro il primo segno di reionizzazione. Per la prima volta è stata ottenuta una immagine di un gruppo di galassie battezzato EGS77 (EGS - Extended Groth Strip) contenente le prime stelle dell'universo. EGS è una regione dell'universo immortalata da Hubble nel 2005 e corrisponde a una sottile striscia di cielo ampia come un dito visto a braccio teso. In questa zona sono presenti circa 50 mila galassie e il gruppo immortalato è il primo che mostra la tendenza a diradare la foschia cosmica.
Le prime strutture
La materia nell'universo si compone per la maggior parte di materia oscura fredda e proprio questa materia oscura avrebbe poi iniziato a concentrarsi in enormi filamenti sotto la spinta della gravità. Queste concentrazioni di materia oscura spingono la materia normale a riunirsi più velocemente di quanto non sarebbe accaduto in sua assenza. Oltre ai tempi più rapidi, anche la densità viene alterata dalla presenza di oscillazioni acustiche incorporate nella distribuzione della materia in seguito al disaccoppiamento dei fotoni. Laddove la materia oscura è più densa, la materia ordinaria si raggruppa più velocemente fino a collassare più velocemente. Proprio da queste nubi dense di idrogeno gassoso hanno quindi origine le prime stelle e le prime galassie. In presenza di maggior materia oscura si formano gli ammassi galattici separati da vuoti, che esprimo a tutti gli effetti le zone in cui la materia oscura era meno presente.
Il Modello Cosmologico Standard è un modello gerarchico nel quale le strutture minori si formano prima di quelle più grandi e così le prime strutture sono le prime stelle (Popolazione Stellare III), seguite dalle galassie nane e dai quasar . Le prime stelle avviano anche la trasformazione di elementi leggeri in elementi via via più pesanti che verranno poi utilizzati dalla formazione stellare di seconda generazione.
Con la formazione di queste strutture, la radiazione via via crescente ha prodotto ciò che abbiamo chiamato reionizzazione dell'universo trasformando l'idrogeno neutro in plasma di elettroni liberi e protoni. Una nuova ionizzazione dopo che la prima era stata interrotta dalla fase di ricombinazione e dalla formazione degli atomi. La reionizzazione è evidente nei quasar: gli elettroni nell'idrogeno neutro hanno uno specifico pattern di assorbimento chiamato Serie di Lyman. L'idrogeno ionizzato non ha elettroni in grado di produrre questa riga quindi la luce che viaggia attraverso l'idrogeno ionizzato mostra righe di assorbimento diverse da quelle prodotte dall'idrogeno neutro. Inoltre, la luce che viaggia per miliardi di anni può essere assorbita da idrogeno neutro posto a diverse distanze e in tal caso il redshift delle varie righe porta informazione riguardo distanze ed epoche, consentendo uno studio dello stato di ionizzazione in diverse ere cosmologiche. Tutto questo mostra come la reionizzazione sia iniziata come bolle di idrogeno ionizzato che si sono espanse nel tempo, unitamente a un assorbimento dovuto allo stato generale del mezzo intergalattico e non al passaggio in determinate aree di maggior densità.
La reionizzazione dovrebbe aver avuto origine 250 milioni di anni dopo il Big Bang (z = 16) per completarsi intorno ai 500 milioni di anni (z = 9-10). L'epoca della reionizzazione si intende in genere terminata dopo un miliardo di anni (z = 5-6) con la fine delle stelle di Popolazione III.
Si tratta di congetture visto che ancora non c'è certezza su quali siano le sorgenti di fotoni che abbiano portato alla completa reionizzazione dell'universo. Per ionizzare l'idrogeno neutro occorre una energia maggiore di 13.6 eV, corrispondente a fotoni ultravioletti con lunghezza d'onda massima di 91.2 nm. Questo implica sorgenti molto energetiche e costanti, il che limita molto le possibilità. Sotto queste ipotesi, i principali candidati sono i quasar, le stelle di prima generazione (ad oggi le più probabili) e le galassie, con particolare riguardo alle galassie nane. Una possibile evidenza può essere rinvenuta, se confermata, in una emissione di fotoni altamente energetici visti uscire dalla galassia Psz1 distante 11 miliardi di anni luce e osservata esclusivamente grazie a un potente effetto di lente gravitazionale (link all'approfondimento). Proprio da questa galassia sono stati osservati quindi fotoni fuoriuscire dal gas neutro, un fenomeno che potrebbe essere l'indizio del processo alla base della reionizzazione. La radiazione così energetica da risultare ionizzante sembra emessa da un ammasso stellare, il più lontano a oggi scoperto con certezza. La certezza deriva proprio dal dettaglio ottenuto tramite la fortissima lente gravitazionale: qualche milione di stelle giovani e massive legate gravitazionalmente in ammasso aperto di circa 60 anni luce di diametro. La radiazione emessa da questo ammasso, la cui energia supera il Limite di Lyman , è quindi riuscita a scavarsi un canale nella galassia fino a mergere nel mezzo intergalattico, ionizzandone l'idrogeno. Non stiamo assistendo alla "reionizzazione" visto che la distanza dell'ammasso, seppur enorme, è ben posteriore alla fase di reionizzazione, ma stiamo comunque osservando uno dei processi (da soli non sembrano sufficienti a ionizzare tutto l'universo) che potrebbero aver concorso alla reionizzazione vera e propria (Monthly Notices of the Royal Astronomical Society - “Ionising the Intergalactic Medium by Star Clusters: The first empirical evidence” - E. Vanzella et al.).
I segreti delle primissime stelle dell'universo passano per segnali in grado di attraversare 12 miliardi di anni di universo e il Murchison Widefield Array (WMA) fornisce una gran mole di dati che, oggi, sono stati migliorati da un team della University of Melbourne. Il Murchison ha iniziato a operare dal 2013 allo scopo di rintracciare radiazione elettromagnetica da idrogeno neutro, un gas risalente all'universo bambino, al periodo in cui la zuppa di protoni e neutroni iniziava a raffreddarsi. Questo idrogeno ha iniziato poi a creare addensamenti che avrebbero portato alle prime stelle dell'universo e, di conseguenza, al periodo di reionizzazione (EoR - Epoch of Reionization). L'idrogeno neutro che ha dominato lo spazio e il tempo nel primissimo universo emetteva a 21 centimetri di lunghezza di onda, che a oggi corrispondono - dopo l'espansione dell'universo - a qualcosa più di due metri. Non è semplice trovare questo segnale, ovviamente, visto che risulta debolissimo e che durante il viaggio attraversa moltissime galassie.
Ventuno ore di dati grezzi rielaborati con una particolare tecnica di analisi hanno consentito di ottenere un segnale più puro da contaminazioni di questo tipo: un livello di precisione che ha ridotto sensibilmente il range di epoche che avrebbe visto iniziare la Reionizzazione. Nessuna risposta ancora, ma l'analisi ha consentito se non altro di eliminare i modelli più estremi che finora resistevano (Improving the EoR Power Spectrum Results from MWA Season 1 Observations). Finora possiamo soltanto procedere indietreggiando nel tempo per scoprire quando le prime stelle possano aver trovato la propria origine e la scoperta di una nube di gas già contaminata di carbonio e distante 13 miliardi di anni luce ci dice che, a quel tempo, le stelle avevano già prodotto questo elemento (The Astrophysical Journal - “A metal-poor damped Ly-alpha system at redshift 6.4” - Eduardo Banados). Il carbonio è stato trovato nelle righe spettrali di un quasar ancora più distante, assorbito proprio dalla nube in oggetto. Un tempo è stato indicato nel 2021 dall'University College London (UCL), fissandolo tra 250 e 350 milioni di anni dopo il Big Bang: la stima proviene dall'analisi di sei galassie risalenti a un'epoca di appena 550 milioni di anni. Calcolando l'età di queste galassie in 200-300 milioni di anni è stato possibile risalire alla stima indicata in precedenza per l'apparizione delle prime stelle. Il marcatore utilizzato è stato l'idrogeno atomico presente nelle atmosfere stellari, marker utile alla determinazione dell'età stellare dal momento che si tratta di una firma che aumenta con l'invecchiamento stellare ma che diminuisce quando la galassia è piùù vecchia di un miliardo di anni. La dipendenza dall'età sorge poiché le stelle più massive, che contribuiscono al segnale, bruciano il proprio combustibile più rapidamente e muoiono per prime (N Laporte et al, Probing cosmic dawn: Ages and star formation histories of candidate z ≥ 9 galaxies, Monthly Notices of the Royal Astronomical Society - 2021).
Ormai è quindi abbastanza certo che la reionizzazione sia un fenomeno legato alla radiazione in ultravioletto uscita dalle prime galassie e riversatasi nel mezzo intergalattico, per un processo altamente efficiente data la radiazione disponibile che riesce a liberarsi delle dense nubi di polvere tipiche delle galassie a intensa formazione stellare. La quantità di radiazione emessa sembra differenziarsi in due gruppi: quella costante per tutta l'epoca della reionizzazione e quella che varia in base al tasso di formazione stellare. Sembra che la quantità di radiazione in fuga dalle galassie necessaria a portare a termine la reionizzazione sia del 20% nel primo universo, circa due volte maggiore di quella ottenuta da stime precedenti. Ciò potrebbe verificarsi perché regioni concentrate di formazione stellare possono creare canali in uscita per la radiazione. Le simulazioni mostrano come in soli trecento milioni di anni il giovane universo passi dal 90% di gas neutro al solo 10%: un simile processo dovrebbe essere alimentato da un enorme numero di galassie, tanto grande che avrebbe dovuto già essere stato osservato. Proprio per accompagnare questa radiazione, ritenuta insufficiente, sono stati tirati in ballo oggetti come deboli quasar, sistemi binari a raggi X e decadimento/annichilazione di particelle. Si tratta di elementi, tuttavia, ancora più elusivi rispetto alla radiazione ultravioletta (Rohan P. Naidu et al. Rapid Reionization by the Oligarchs: The Case for Massive, UV-bright, Star-forming Galaxies with High Escape Fractions, The Astrophysical Journal - 2020).
Ultimo aggiornamento del: 29/06/2021 12:36:20
L'inflazione cosmica
Per rendere l'universo così omogeneo in ogni regione, così come ci appare oggi, l'informazione deve aver viaggiato alla velocità della luce ma questo va in contraddizione con le equazioni di campo di Einstein. Serve un aggiustamento al modello.
Il modello finora esposto non riesce a spiegare tutte le osservazioni sotto alcuni punti di vista.
Innanzitutto, per avere un universo totalmente omogeneo come quello che vediamo oggi, l'informazione avrebbe dovuto viaggiare a una velocità superiore a quella della luce nel vuoto, il che è una evidente contraddizione. Nel dettaglio, quel che definiamo universo osservabile ha un diametro superiore ai 90 miliardi di anni luce ed è circondato da uno sfondo a microonde, residuo della radiazione esistente quando l'universo aveva 380.000 anni appena. La radiazione che proviene dalle zone più remote del cosmo ci è inaccessibile, e diverse sezioni di questa radiazione di sfondo sono tra di loro inaccessibili. Si dice che le regioni dello sfondo cosmico a microonde non sono collegate casualmente eppure presentano le stesse caratteristiche. Per potersi "mettere d'accordo" sui parametri, uguali, da presentare, queste due regioni avrebbero quindi dovuto comunicare ma la loro impercorribile distanza presumerebbe una velocità di trasmissione delle informazioni ben al di là della velocità della luce.
Una soluzione potrebbe venire da un universo curvo, ma in realtà le misurazioni più dettagliate ci parlano di un universo totalmente piatto su larga scala e perfettamente governato dalla geometria euclidea, con angoli interni dei triangoli che sommano a 180°. La densità media della materia si attesta proprio appena al di sotto del limite per una nuova contrazione, al livello perfetto per mantenere l'universo piatto, privo di alcuna curvatura.
Altro problema riguarda i monopoli magnetici, che secondo la teoria dovrebbero essere stati prodotti in misura molto abbondante nell'universo all'età di 10-35 secondi. Si tratta di particelle dotate di un solo polo magnetico, nord o sud, qualcosa ne nonostante la teorica abbondanza non abbiamo mai osservato.
Alan Guth, fisico dello Stanford Linear Accelerator Center (SLAC), nel 1979, propose il modello dell'inflazione (oggi perfettamente calato all'interno della teoria più generale del Modello Cosmologico Standard), Secondo questa aggiunta, l'universo avrebbe conosciuto, nei primi attimi di vita (da 10-37 a 10-34 secondi dopo l'inizio), una espansione a velocità crescente (1028 volte più rapida), con una espansione di un fattore pari a circa 1050, il che vuol dire che in un miliardesimo di trilionesimo di trilionesimo di secondo l'universo passò da una dimensione cento miliardi di miliardi di volte più piccola di quella di un protone fino a una dimensione di centimetri. Guth vede l'universo come una bolla di 10-40 centimetri di diametro. Al momento 10-37 la temperatura si abbassò a 1028K, il che ruppe la simmetria di evoluzione tra materia ed antimateria: dalla forza elettronucleare si sarebbero scisse l'interazione nucleare e l'interazione elettronica debole, che esercitarono una fortissima pressione sullo spazio circostante: l'universo, spinto da questa pressione, si sarebbe espanso in modo esponenziale fino all'interruzione di questa fase.
Con una simile espansione, il fatto di non aver mai osservato monopoli si giustifica con il fatto che in un universo talmente espanso in un tempo così minimo questi monopoli sono oramai dispersi in un'area larghissima della quale noi vediamo soltanto una piccolissima parte. I monopoli ci sono ma non possiamo vederli proprio per questione di visibilità molto limitata rispetto a un universo gigante. Inoltre, prima dell'inflazione c'è stato abbastanza tempo per far sì che tutte le regioni potessero trasmettersi le stesse informazioni, perdendo i contatti soltanto durante la fase inflattiva a giochi ormai fatti. Anche la piattezza dell'universo trova la stessa soluzione: osserviamo uno spazio talmente piccolo rispetto all'universo totale che la nostra zona appare piatta, così come ci appare piatto un campo di calcio posto su una Terra sferica.
L'inflazione è una costante cosmologica inflativa ricondotta ai primi 10-34 secondi dopo il Big Bang.
Detta così, sembra una patch messa per far combaciare il modello alle osservazioni poiché per essere una teoria valida occorre specificare cosa possa aver determinato questa espansione e occorrono previsioni per il futuro, basate sull'inflazione, da poter testare come validazione.
Cosa ha generato l'inflazione?
Secondo Guth l'inflazione è stata una transizione di fase, riscontrabile anche nella Radiazione Cosmica di Fondo . Le transizioni di fase sono meno rare di quanto induca a pensare l'ambito del nostro discorso. L'acqua bolle a 100°C e ghiaccia a 0°C: sono esempi tramite i quali una materia assume un aspetto del tutto diverso alla fine della fase rispetto all'aspetto iniziale. Durante la prima giovinezza, quindi, l'universo attraversò una transizione di fase che proiettò nell'universo un insieme di fluttuazioni di densità tra una regione dello spazio e l'altra, insieme che servirà in futuro a definire lo schema delle galassie. Il campo di energia sarebbe ricondotto all'inflatone, campo scalare ipotetico e particella che, tramite oscillazioni energetiche, potrebbe aver innescato l'inflazione (ad oggi non c'è assolutamente alcuna indicazione della particella né del range di energie nel quale ricercarla).
Se inflazione c'è stata, allora oltre alle fluttuazioni di densità deve aver generato anche una serie di onde gravitazionali primordiali e proprio queste onde sono state per anni uno dei maggiori campi di sfida della cosmologia vista la loro natura debole e la necessità di utilizzare tecnologie molto spinte.
Alla ricerca della configurazione dell'universo mira anche l'ultimo articolo di Stephen Hawking, già noto prima della morte dello scienziato ma pubblicato ufficialmente soltanto a Maggio 2018. Alcuni modelli sostengono come l'inflazione - sebbene sia un fenomeno di brevissima durata per un "singolo" universo - sia in effetti un processo ancora in corso poiché sospinto da effetti quantistici in grado di propagarsi. L'inflazione sarebbe quindi ancora in corso in diverse zone di universo e in base a questo concetto alcuni modelli vedono l'universo come un infinito frattale composto da bolle che rappresentano singoli universi di un multiverso. Nella nostra bolla l'inflazione è terminata e così è stato possibile assistere alla formazione delle strutture cosmologiche che vediamo oggi. Secondo Hawking questo universo a bolle, in cui ciascuna bolla potrebbe differire anche per "fisica" valida, non sarebbe comunque infinito, andando a eliminare la natura frattale. Ovviamente ad oggi nulla è testabile e ci si ferma al limite della speculazione matematica.
Inflazione oscura?
Al fianco delle già misteriosa inflazione - fatta di inflatoni e aumenti indicibili delle dimensioni dell'universo in una infinitesima frazione di secondo - potrebbe essere stata presente una inflazione oscura, di materia e energia oscure. Un modello del 2018, alternativo a quello tradizionale, vede le componenti oscure dell'universo come traini dell'inflazione. L'inflazione sarebbe guidata da un campo scalare le cui proprietà ne lasciano derivare una temporaneità, per la quale a un certo punto il tasso di espansione dell'universo possa aver iniziato a rallentare. In questo momento si formano nuove particelle relativistiche con comportamenti simili a quelli della radiazione : alcune di queste particelle sono previste dal Modello Standard mentre altre possono essere descritte in altri modelli alternativi. Secondo il nuovo modello, la formazione di particelle deriva dalla gravitazione ed è un processo inefficiente al termine del quale gli inflatoni continuano a dominare. Per avere un universo come quello osservato, gli inflatoni dovrebbero aver perso rapidamente energia e tutto questo sembra poter ripercorrere in maniera precisa la storia termica dell'universo. Se l'inflazione coinvolge anche l'aspetto oscuro dell'universo, allora le onde gravitazionali legate all'inflazione devono essere più forti del previsto e qualcosa potrebbe essere osservabile da qui a dieci anni, grazie alle nuove tecnologie.
Dopo l'inflazione?
L'inflazione è seguita da un periodo chiamato reheating, riscaldamento, una sorta di ponte che determinaun comportamento molto complesso della materia. Per far luce ci si avvale di simulazioni su reticoli e su modelli che non tengono conto al cento percento della Relatività di Einstein al fine di contemplare fenomeni quantistici a condizioni di energia molto elevata. Maggiori sono gli effetti quantistici e maggiore è il riscaldamento, cioè il passaggio dalla materia fredda e omogenea a quella più calda e disomogenea del post-inflazione. Alcuni cosmologi intendono, per Big Bang, proprio il periodo che segue l'inflazione (Physical Review Letters - “Nonlinear Dynamics of Preheating after Multifield Inflation with Nonminimal Couplings” - Rachel Nguyen).
Ultimo aggiornamento del: 30/10/2019 19:52:56